Sei mesi di sofferenza potrebbero concludersi questa sera a Milano. Da quella Coppa del Mondo seguita distrattamente dai tifosi gialloblù, che tra le giocate di Mbappé e le vestaglie vedo-non-vedo di Messi avevano in mente solo Torino-Verona. Una partita da dentro o fuori si diceva. Se non fai punti a Torino la retrocessione è sicura già prima del giro di boa. 

Da allora il Verona targato BocchettiZaffaroni, in parte rivitalizzato dalla presenza di Sean Sogliano, si è ricostruito un campionato e ha dato un senso alla stagione, fino ad arrivare all’ultima impossibile giornata: quella in cui ai gialloblù non resta che accendere un lumino sotto la foto di Vittorio De Sica, che soddisfatto dalla vittoria del suo Napoli potrebbe intercedere per un nuovo “Miracolo a Milano”.

In questi tempi di sport trasformato in spettacolo, di “Last Dance” e di “Drive to Survive”, il girone di ritorno del Verona è sembrato una di quelle serie tv in cui non c’è più molto da dire, e gli sceneggiatori la tirano lunga mestando e rimestando la stessa storia, con nuove speranze e nuovi ostacoli di cui nessuno sentiva il bisogno.

Al suo arrivo Sogliano aveva promesso che il Verona se la sarebbe giocata fino all’ultimo. Una promessa che allora sembrava quasi troppo bella per essere mantenuta, ma che col passare delle giornate è diventata una profezia nefasta.

Un altro giro in giostra

Il Verona poteva chiuderla mille volte, e mille volte si è mangiato l’occasione. Come la coda sfiorata con le dita sul calcinculo, senza poterla afferrare e guadagnarsi un altro giro in giostra in questo Luna Park della Serie A, sempre più arrugginito e squallido, ma che quando torna in città non manca mai di accendere la passione. 

Contro l’Empoli l’ultimo tentativo. A spingere dietro il seggiolino dell’Hellas si è messo anche l’arbitro Chiffi, che poteva dare un cartellino rosso e mezzo a Cabal e poteva concedere un rigore ai toscani, e che invece ha mostrato pietà. Ce l’aveva in mano il Verona, e invece…

Gli sceneggiatori del campionato hanno disegnato un finale da fantasmi: il Verona a San Siro, il più inattaccabile dei tabù. Mai una vittoria per i gialloblù tra le mura del Meazza, che fossero agghindate di rossonero o nerazzurro. Più di una volta il Verona c’è andato vicino negli ultimi anni, ma alla fine, in qualche modo, la vittoria è sempre sfumata. Vincere lì e salvarsi sarebbe la più emozionante delle conclusioni, ma il popolo dell’Hellas non sembra ormai propenso a illudersi troppo.

Non è l’ora dei pronostici

La realtà è che in questa volata tra zoppi, basterebbe fare un punticino più di quello che lo Spezia riuscirà a raccogliere all’Olimpico contro una Roma scornata dalla sconfitta europea e con la partita più lunga della storia nelle gambe. 

Impossibile fare calcoli: il Verona potrebbe perdere e avere un’altra chance in uno spareggio che sarebbe forse il più corretto dei finali, potrebbe strappare un sofferto zero a zero e conquistare la salvezza più scarna e striminzita che si ricordi, potrebbe persino vincere per la prima storica volta a San Siro e rimanere con l’amaro in bocca se lo Spezia facesse lo stesso a Roma.

Questa pazza stagione potrebbe finire in qualsiasi modo, e scervellarsi porta solo mal di testa. Completamente inutile sperare anche che i due tecnici seduti sulla panchina gialloblù riescano a trovare in extremis un senso in questa squadra. 

Dopo mille soluzioni tattiche ruotate in un caleidoscopio di mediocrità, dopo la difesa a tre, a quattro, a cinque e a undici che è costata l’autogol di Magnani, dopo il centrocampo muscolare, leggero, alto, basso e a rombo, non ci resta che incrociare le dita, sperare che si peschi l’ultimo incredibile jolly, e che questa stagione disgraziata possa diventare un altro ricordo tragicomico sulla lunga mensola delle “miserie gialloblù.”

Fino ad allora bisogna crederci, spingere e sostenere. Poi, comunque vada, sarà il momento della tabula rasa. 

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