Un mese di emergenza
Oltre un mese è passato dalla proclamazione dello Stato di Emergenza sulla gestione dei flussi di migranti, verso l'Italia. Cosa significa emergenza? A cosa serve? E a chi?
Oltre un mese è passato dalla proclamazione dello Stato di Emergenza sulla gestione dei flussi di migranti, verso l'Italia. Cosa significa emergenza? A cosa serve? E a chi?
L’11 aprile scorso il Governo italiano ha annunciato lo stato di emergenza su tutto il territorio nazionale per fronteggiare l’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti.
Sul sito del Governo si legge che il Consiglio dei Ministri, dopo aver esaminato i dati presentati dal Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, su proposta del Ministro per la Protezione civile e le politiche del mare Nello Musumeci ha deliberato la dichiarazione dello stato di emergenza per sei mesi sull’intero territorio nazionale, in relazione all’eccezionale incremento dei flussi di persone migranti in ingresso sul territorio nazionale attraverso le rotte migratorie del Mediterraneo. Infine per l’attuazione degli interventi maggiormente urgenti, sono stati stanziati 5 milioni di euro.
Con lo stato di emergenza si possono realizzare procedure e azioni più veloci.
Per il Governo il costante arrivo di migranti è un problema per l’ordine pubblico, per il decoro e forse anche un pericolo per qualche non ben precisata purezza etnica del suolo italiano. Una sorta di pandemia tutta nostra, insomma. Pertanto proclamare l’emergenza è un’azione intesa a regolarizzare una situazione pericolosa e mettere tutti i cittadini al sicuro. Proprio come per il Covid-19. Oppure come quando un grande cantiere non rispetta dei parametri a preventivo e viene commissariato allo scopo di velocizzare i lavori di realizzazione e saltare qualche regolamento scomodo, magari riferito all’impatto ambientale, al fine della consegna dell’opera. Emblematico, in questo senso, è quanto sta succedendo per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026).
E infatti il Governo ha nominato un Commissario straordinario, Valerio Valenti, con il compito di gestire la fase dell’emergenza nelle Regioni che hanno siglato l’intesa. Che sono solo 16, poiché Valle d’Aosta, Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Campania si sono rifiutate di collaborare.
Il provvedimento, con l’aiuto di Protezione civile e Croce Rossa, dovrebbe servire a velocizzare le procedure per l’accoglienza dei migranti e per la loro sistemazione sul territorio nazionale. L’obiettivo dichiarato è di decongestionare l’hotspot di Lampedusa, punto di arrivo principale degli arrivi via mare.
Sono previsti collegamenti continuativi di trasporto marittimo e aereo, dagli hotspot ai territori dove saranno individuati i centri e strutture. Il Governo però vuole anche potenziare le strutture finalizzate al rimpatrio dei non aventi diritto alla permanenza in Italia.
Per questo continuerà un pressing su campo europeo, affinché sia la Comunità Europea a gestire gli arrivi dei migranti.
Tutti gli organismi che si occupano di accoglienza ai migranti in Italia, si sono dette preoccupate per la deriva che può prendere l’emergenza.
Gianfranco Schiavone, Presidente del Consorzio italiano di solidarietà e Coordinatore del gruppo asilo dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, Asgi, ha dichiarato a più riprese che l’emergenza è solo un modo di raccontare l’immigrazione in Italia.
Il vero problema nel nostro Paese è che manca da sempre una programmazione dell’accoglienza. Esiste addirittura una legge, la n.142 del 2015 sulle Disposizioni di attuazione della direttiva 2013/33 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013. L’articolo 16 prevede che ogni anno il governo proponga un piano di previsione sul fabbisogno di dei posti da destinare alle finalità dell’accoglienza. Inutile dire che il piano non è mai stato presentato. Più facile è gridare all’emergenza.
Monsignor Giancarlo Perego, Presidente di fondazione Migrantes, da parte sua ha affermato che se un’emergenza esiste, lo è solo riferita a Lampedusa. Nel resto d’Italia gestire l’accoglienza attraverso la rete Sai (il Sistema di accoglienza e integrazione) è a tutti gli effetti più economico che gestire l’emergenza.
Andrebbe quindi potenziata la rete di accoglienza e la promozione sociale sui territori affinché i migranti diventino autonomi.
Una volta ancora viene ribadito che l’immigrazione è un fenomeno strutturale e l’Italia deve dotarsi di un sistema degno di questo nome, un sistema programmato e gestito senza facili quanto dannosi, allarmismi.
Altre voci del mondo del sociale, poco ascoltate forse perché considerate di parte, sono quelle di Save the Children, che mette in guardia sull’aumento dei minori non accompagnati e allo stesso tempo sull’abbassamento delle risorse destinate per occuparsi adeguatamente di loro.
Action Aid senza mezzi termini ha messo in guardia sulla trasformazione dei centri di accoglienza in centri di detenzione, evento che risuulterebbe molto pericoloso e che in passato ha già portato a degli abusi.
Anche l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani, Volker Turk, ha lanciato un appello al nostro governo, affinché lo stato di emergenza rimanga conforme agli obblighi dell’Italia in materia di diritti umani .
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