Hiv: un tabu che va annientato
Intervista alla dottoressa Maddalena Cordioli, responsabile del Centro Multidisciplinare Infezioni Sessualmente Trasmesse dell''Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.
Intervista alla dottoressa Maddalena Cordioli, responsabile del Centro Multidisciplinare Infezioni Sessualmente Trasmesse dell''Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.
In occasione dell’appuntamento annuale con la Giornata mondiale per la lotta all’AIDS, abbiamo fatto il punto della situazione in tema di HIV e AIDS con la dottoressa Maddalena Cordioli, responsabile di MISTRA (Centro Multidisciplinare Infezioni Sessualmente Trasmesse) dell’Unità Operativa Complessa di Malattie Infettive dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona.
Al di là di numeri e statistiche, abbiamo provato ad entrare maggiormente in contatto con cosa significhi oggi questa infezione. Risulta complesso parlare di HIV, perché subito si palesano moltissimi stereotipi e soprattutto è possibile toccare con mano lo stigma legato a questo virus.
«Sembra quasi assurdo che nel 2022 molte persone ancora pensino all’HIV in termini di uguaglianza con l’AIDS, con le stesse immagini mentali e rimandi emotivi degli anni Ottanta e Novanta – afferma Cordioli. – Negli ultimi decenni la terapia antiretrovirale ha fatto balzi da gigante permettendo alle persone con HIV con viremia azzerata di avere una quantità e qualità di vita paragonabile a quella delle persone sieronegative e di non trasmettere il virus attraverso i rapporti sessuali.
Nonostante l’avanzamento farmacologico, l’atteggiamento della maggior parte delle persone resta ancorato anacronisticamente all’HIV come condanna a morte e solitudine. Questo, oltre a perpetuare discriminazione nei confronti di chi vive con questa infezione, impedisce di avere una corretta consapevolezza circa le situazioni a rischio di trasmissione di HIV e le allontana inevitabilmente dal test. Si preferisce ancora oggi “non sapere” col rischio che l’infezione progredisca fino all’AIDS conclamato (late presenters).»
Forse il problema sta proprio nei pregiudizi legati alla non conoscenza, che si sono tramandati negli anni creando così rigidi confini impermeabili alla realtà, anche affettiva, come conferma Cordioli: «Al tema dell’HIV sono legati aspetti mortiferi e che riguardano la sessualità, risultando quindi un “tabù nel tabù” della nostra società; inoltre, vige ancora la vecchia considerazione che questo virus appartenga solo a determinati gruppi di persone: omosessuali, transgender, tossicodipendenti, migranti».
Questo atteggiamento rende difficoltoso affrontare, parlare e conoscere la realtà delle cose. Sono davvero ancora molti gli stereotipi che impediscono di prendere consapevolezza del non sapere. Per esempio, ci sono persone che ancora pensano che HIV sia trasmissibile con un bacio o attraverso il sudore, ignorando invece che il contagio avviene solo con rapporti penetrativi senza preservativo con una persona di cui lo stato per HIV non è noto (cioè che non ha fatto recentemente un test).
Sebbene la probabilità di incontrare una persona HIV-positiva che non sappia di avere tale infezione (e quindi, non essendo in terapia, in grado di trasmettere il virus) sia piuttosto bassa nella popolazione italiana, le persone con rapporti sessuali potenzialmente a rischio sono moltissime e nessuno può essere certo/a di non essere incappato/a in tale infezione fino ad un test HIV negativo.
Ignoranza, pregiudizi e tabù portano ad assumere un comportamento “evitante” impedendo così, per esempio, di accedere alle strutture che si occupano di HIV e a una eventuale diagnosi precoce anche solo per paura del giudizio, soprattutto morale di parenti e amici.
«Questo è purtroppo ancora una realtà – racconta ancora Cordioli – Alcune persone che scoprono di essere HIV-positive, perdono gli affetti e le amicizie a causa dello stigma legato a questa infezione che porta a considerarla la diretta conseguenza di un comportamento “sbagliato”. Il sesso viene infatti vissuto come un tabù peccaminoso se legato al solo piacere.»
È tempo di aggiornare le conoscenze e le emozioni circa l’infezione da HIV. Anche i centri di riferimento per la diagnosi e cura di tale infezione si sono trasformati nei decenni: da letti di ospedale per persone moribonde si sono trasformati in ambulatori per persone che vengono alla visita di controllo e poi ritornano alla loro vita. Luoghi dove viene proposto un atteggiamento non colpevolizzante verso se stessi e più aderente alla realtà e dove, oltre al follow-up delle persone con HIV, vengono fornite informazioni sulle altre infezioni a trasmissione sessuale e sui percorsi personalizzati sia di testing sia di riduzione del rischio.
Le maggiori resistenze all’aggiornamento circa l’HIV provengono dagli adulti, genitori e insegnanti, specialmente se appartenenti a quella popolazione che non percepisce se stessa come segmento a rischio. Invece, i giovani, pur essendo spesso completamente digiuni di informazioni, sono interessati all’argomento e, vivendo una sessualità più libera e meno stereotipata, sono disponibili a una discussione aperta circa le dinamiche del rischio. Ciò permette loro di informarsi ulteriormente e accedere ai luoghi di testing. I programmi di educazione, dunque, dovrebbero rivolgersi ai ragazzi ma includere anche gli adulti, per un approccio che sia trans-generazionale di cosa vuol dire HIV nel 2022.
Oggi la ricerca ha fatto enormi passi in avanti, proponendo farmaci con pochissimi effetti collaterali, di facile assunzione e che permettono un’ottima qualità e aspettativa di vita se assunti precocemente e regolarmente. Soprattutto ha aperto numerose possibilità in campo preventivo, di riduzione del rischio e dello stigma grazie, per esempio, alla profilassi pre-esposizione (PrEP) per HIV, un trattamento preventivo che deve essere avviato prima di affrontare un episodio potenzialmente a rischio per l’infezione da HIV. Lo scopo è quello di ridurre la probabilità di contagio in quelle persone HIV-negative che presentano un rischio elevato di acquisizione
«Questo tipo di proposta – conclude Cordioli – ha cambiato l’epidemiologia delle nuove infezioni da HIV ma ha anche un effetto sullo stigma e sul benessere sessuale, inteso non solo come assenza di infezione, ma come stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale in relazione alla sessualità. L’efficacia della terapia antiretrovirale e, con essa, il concetto di U=U[BS1] (U=U: undetectable equals untransmittable[BS2] ) e la diffusione della PrEP-HIV, in associazione alle strategie preventive “classiche”, avvicina le persone poiché riduce il timore dell’altro».
Per saperne di più e per poter contattare il centro MISTRA è possibile consultare il sito: www.centromistra.com
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