Gli appuntamenti “I martedì del mondo” sono un’iniziativa di Fondazione Nigrizia, Comboniani Verona, Cestim (Centro Studi Immigrazione), Migrantes e altre realtà associative di Verona, ormai diventati un punto informativo e approfondito sulle tante tematiche proposte.

Primo fra tutti per la qualità e lo spessore dei relatori via via invitati a intervenire. Secondo per il tentativo di connettere la realtà lontana, spesso appartenente a paesi lontani sia geograficamente che culturalmente, con la nostra realtà locale. Perché l’informazione diventi presa di coscienza e poi, eventualmente, anche azione sotto varie forme.

Martedì 8 novembre gli organizzatori hanno provato ad approfondire cosa sta succedendo in Iran.

Locandina dell’evento

Sono stati invitati Farian Sabahi, giornalista e scrittrice italo-iraniana, vincitrice di numerosi riconoscimenti per il suo giornalismo multiculturale. L’ultimo suo saggio pubblicato è “Storia dell’Iran 1890-2020” pubblicato da Il Saggiatore.

Secondo invitato era Giuseppe Acconcia, giornalista professionista e docente di Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova, anche lui autore di numerosi pubblicazioni sul Medio Oriente.

A fare da raccordo tra l’Iran raccontato da esperti e la quotidianità, è stata Shirin, giovane studentessa iraniana che attualmente sta studiando psicologia all’Università di Padova.

Ha moderato l’incontro Mario Mancini, presidente del Progetto Mondo del MLAL di Verona.

Confusione e instabilità a rischio di manipolazione

L’intervento di Farian Sabahi è stato ampio e allo stesso tempo preciso, tipico del suo modo di raccontare l’Iran. Ciò che Sabahi sottolinea spesso, quando descrive l’Iran, è che questo enorme e ricco Paese è tanto complesso quanto frainteso dal mondo esterno.

Foto di Farian Sabahi, scattata durante l’incontro sulla piattaforma online

L’Iran è la più grande comunità sciita del mondo. Inoltre è il quarto Paese più ricco di combustibile fossile, il decimo produttore di petrolio al mondo, il quinto per produzione di gas. Occupa il sedicesimo posto per numero di pubblicazioni scientifiche all’anno.

La rabbia attuale verso l’abuso di potere del governo iraniano si sta esprimendo attraverso le proteste dei movimenti femministi, giovanili e studenteschi.

Purtroppo però, secondo la giornalista, la repubblica islamica non è riformabile. Questo perché non è un regime teocratico tout court, avendo un presidente eletto dal 2021, ossia Ebrahin Raisi, una costituzione, dei codici civili e commerciali, un parlamento con 290 deputati in cui anche le minoranze sono rappresentate.

È un sistema ibrido perché ha anche degli organi di potere non eletti, come la Guida Suprema della Repubblica, ruolo oggi ricoperto dall’inossidabile Alì Khamenei.

Secondo Sabahi il termine più adatto per descrivere il governo iraniano è oligarchia, dove gli oligarchi sono gli ayatollah (maestri e interpreti del Corano) e i pasdaran (guardiani della rivoluzione islamica). Attualmente i membri di questi due gruppi sono la generazione formatasi negli anni Ottanta, dopo la rivoluzione islamica.

Se gli ayatollah sono in difficoltà per non essere riusciti a formare la generazione di ricambio, i pasdaran si sono enormemente arricchiti in questi 40 anni in quanto, grazie alle sanzioni internazionali, è aumentato il contrabbando illegale, gestito proprio dai paramilitari.

Per questo la situazione è molto rischiosa e instabile in questo momento, e i movimenti giovanili e femministi stanno facendo traballare enormemente questo sistema, ricevendo però una risposta violenta ed estrema e non riuscendo ad aprire nessun tipo di confronto.

Le parole di Sabahi sono precise: chi è al potere ha il solo interesse di tenerselo stretto e chiunque abbia provato a riformare il sistema è ora in esilio o in carcere.

Infine la giornalista ha voluto lanciare un allarme anche a chi, in Europa per esempio, sta scendendo nelle piazze per dare appoggio al popolo iraniano.

Lei stessa ha visto, nelle immagini delle manifestazioni, che alle persone sono state distribuite bandiere iraniane con aggiunti i simboli della monarchia. Bisogna prestare molta attenzione ai simboli, specie se non li si conosce.

Quelle bandiere non esistono in Iran, e soprattutto, non c’è nessuno tra la gente iraniana che voglia il ritorno della monarchia. Perché è ancora fresco il ricorso dei suoi abusi tremendi, le vessazioni e la crudeltà della polizia segreta.

Anche a chi vuole appoggiare e sostenere il popolo iraniano e i suoi diritti, Sabahi chiede di informarsi sul significato di ciò che si ha tra le mani, per non rischiare di modificare il messaggio di solidarietà, rendendolo un qualcosa di distorto e incomprensibile per chi lo riceve in Iran.

Tra spinte, ingerenze e manipolazioni

Anche per Giuseppe Acconcia, i movimenti di protesta iraniani non sono esclusivamente di stampo femminista ma si sono allargati a tutta la fascia dei giovani. Persino fino ai licei, e questa è una grande novità.

Foto di Giuseppe Acconcia, durante l’incontro sulla piattaforma online

È un movimento fresco e determinato, perché giovani e donne sono quelli che non hanno nulla da perdere in questo momento, essendo i loro diritti molti ristretti.

Sono proteste digitali che corrono tra le chat e in quello spazio di internet che i ragazzi riescono a sottrarre dal controllo del governo. Ricordiamo infatti che in Iran i media sono controllati dal governo e spesso viene interdetto l’accesso al web.

Il movimento studentesco è l’unico che è riuscito, fino ad ora, a canalizzare la ribellione generale di un popolo che non sopporta più certi abusi e limitazioni delle libertà personali.

Questi ragazzi rischiano moltissimo, sia nell’immediato che in una marchiatura che rimarrà loro in futuro.

A complicare il tutto c’è una politica internazionale che non è mai stata chiara e unita nei confronti dell’Iran. Si pensi alle sanzioni internazionali che, alla fine, hanno pesato soprattutto sulla popolazione civile e aumentato la chiusura e la diffidenza dell’Iran verso qualsiasi influenza esterna.

Da più parti infine ci sono spinte per coinvolgere l’Iran nel conflitto russo-ucraino. Sia da chi lo vorrebbe alleato della Russia, sia da chi non vede l’ora di avere un pretesto per colpire ancora di più l’Iran proprio perché solidale alla Russia.

I famigerati droni iraniani, usati dall’esercito russo per colpire le città ucraine, hanno quindi un doppio valore negativo sulla scacchiera internazionale.

Acconcia è d’accordo nell’affermare che la monarchia non è la soluzione alla richiesta di cambiamento. I movimenti giovanili iraniani dovranno essere capaci, oltre di organizzarsi, anche di inventare una forma alternativa di governo.

Una democrazia che non dovrà essere importata, copiata o imposta. Dovrà essere qualcosa che lo stesso popolo iraniano sceglierà. Per questo tutte le manipolazioni esterne o i tentativi di infiltrarsi sono molto rischiosi e da evitare.

Essere studenti universitari in Iran

Shirin infine, che in Italia sta studiando per ottenere una laurea in psicologia, ha raccontato cosa significa vivere sulla propria pelle le regole della repubblica islamica.

Foto scattata durante l’incontro. Da sinistra: Mario Mancini, Shirin con il traduttore, don Giuseppe Mirandola.

In Iran aveva già ottenuto due lauree: una in legge e una in psicologia. Proprio studiando il sistema legislativo iraniano si è resa conto di quante discriminazioni affliggessero la popolazione femminile.

L’università dove lei ha studiato aveva due entrate: una per gli studenti e l’altra per le studentesse.

All’ingresso c’erano gli addetti al controllo del vestiario: si pretendevano colori scuri, non le maniche corte per ragazzi, no i vestiti attillati.

Il trucco era vietato. Alle ragazze venivano fatti togliere gli occhiali scuri per controllare se gli occhi erano truccati. Le addette avevano dei kit per rimuovere il trucco eccessivo. C’erano delle guardie donne che entravano nei bagni per evitare che le studentesse si truccassero una volta entrate.

Tutti i giorni, ogni giorno, entrare all’università era stressante. Per le autorità gli studenti erano tutti dei potenziali criminali.

Gli studenti da parte loro vivevano questo controllo con grande tensione. Bastava un vestiario non conforme per essere cacciati e veder interrotta la propria carriera.

E questo stress, questo timore di non essere conforme, entrava in ogni aspetto della propria vita quotidiana.

Dalla legge iraniana poi, Shirin ha imparato questo: le donne iraniane non possono diventare presidente del Parlamento, della Corte, non possono essere giudici.

La testimonianza di una donna vale metà di quella di un uomo. In alcuni casi le donne non possono testimoniare affatto.

Gli uomini ereditano il doppio di una donna. In caso di infortuni e risarcimento, la donna vale metà rispetto ad un uomo.

Le donne hanno bisogno del permesso legale del marito per viaggiare all’estero.

Dopo il divorzio la donna ha la custodia la figlia femmina fino ai sette anni, il figlio maschio fino ai due. Poi passano al padre a meno che non venga dimostrato che lei ha “più competenze” per prendersene cura. Dal canto suo se il padre non vuole passare gli alimenti, semplicemente non lo fa.

Infine, Shirin ha concluso la sua testimonianza affermando che il regime iraniano non parla mai di dissidenza politica ma di atti contro la sicurezza nazionale o contro Dio e l’ambiente. Per questo, anche le pene più pesanti verso gli studenti che protestano sono sempre giustificate.

“Non stiamo lottando per l’hijab, ma per i diritti umani e l’uguaglianza. In questo momento il popolo in Iran è coraggiosamente consapevole che protestando può venire incarcerato o perdere la vita.

Noi iraniani all’estero stiamo cercando di portare consapevolezza di quanto sta succedendo. In questo momento siamo tutti uniti: iraniani dentro e fuori l’Iran. Uniti lottando per le donne, la vita e la libertà.”

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