Cosa significa per uno scrittore emergente affacciarsi su un mercato ormai saturo e in cui il marketing editoriale viene prima della qualità di un libro? Questa è una delle tante domande che abbiamo posto ad Andrea Riccardo Gasparoni, giovane scrittore vicentino, classe ’88, dedito alla stesura di libri fantasy.

Gasparoni, innanzitutto, qual è stato il suo percorso di scrittore?

«È partito tutto un po’ per gioco. Io sono dislessico fin dai tempi della scuola e non ho mai avuto passione per la scrittura, anzi ho sempre trovato la lettura molto complessa. Ho però sempre avuto molta fantasia e cercavo di raccontare le storie che mi inventavo.

Così nel 2017, dopo un percorso scolastico intrapreso in ritardo, ho frequentato le serali di un istituto tecnico. E lì è iniziata la passione per la scrittura, grazie al mio professore di italiano, che tutt’ora ringrazio.

Come ha esordito?

Il primo lavoro è stato Il Risveglio della Fenice. Storia delle Terre Unite (Youcanprint, 2020, riedito nel 2022 con Pav Edizioni, ndr) che corrisponde al primo capitolo di una trilogia.

La copertina de Il Risveglio della Fenice. Storie delle Terre Unite, Paz Edizioni.

È stato un viaggio molto lungo durato quattro anni, dal 2017 al 2021, in cui sono partito da zero come scrittore e autore.

Ho imparato a farmi conoscere e a capire le dinamiche del settore: da questo punto di vista mi sono stati molto utili i gruppi Facebook per scrittori, dove ho trovato risposte su come proseguire la pubblicazione del romanzo e soprattutto a chi affidarmi.

A seguire nel 2021 ho pubblicato il secondo capitolo della trilogia intitolato L’ombra del drago (Pav Edizioni). Mentre il prossimo dicembre uscirà l’ultimo capitolo, che concluderà la vicenda che vede i suoi protagonisti, Seth, Caleb e Ginevra, lottare contro il cattivo Goldfire per riunire le terre dei quattro regni.

Si riescono a scrivere altre storie mentre si è immersi nel racconto di una serie quale è Storie delle Terre Unite?

Per me sì, infatti ho anche iniziato un altro lavoro con una diversa ambientazione, sebbene ancora fantasy, Elio Ricci e il mistero del Tatum (Saga, 2022), che vedrà il suo proseguimento il prossimo maggio. Il libro racconta di un bambino di prima media alle prese con gli scherni di compagni e professori per la sua dislessia e un luogo magico a cui inizierà a prendere parte: Ingenium. Un mondo fantastico in cui gli abitanti hanno la capacità di trasformare in realtà ogni cosa che pensano. Elio vivrà da pendolare fra i due mondi, fino a quando la pace della cittadina verrà messa in crisi da un mistero da risolvere: qualcuno di non autorizzato sta tentando di entrare a Ingenium…»

La sua formazione come scrittore deriva da corsi specifici o dallo studio personale?

«Per il primo romanzo ho studiato da autodidatta, cioè ho letto molto e soprattutto mi sono fatto aiutare. Chi scrive arriva fino a un certo punto perché il testo deve essere rivisto da un professionista che fa il lavoro di editing e di correzione bozze. Mentre durante la stesura del secondo ho seguito un corso di scrittura creativa.»

Il giovane autore fantasy Andrea Gasparoni

Come le è venuta l’idea di scrivere un libro? È stato frutto di un’esigenza personale?

«Ho visto nella scrittura una sfida, per la mia dislessia e per il mio percorso scolastico, che è stato puramente tecnico. Volevo scrivere qualcosa che venisse da dentro.»

Come nasce l’interesse per il genere fantasy?

«Io nasco con La storia infinita di Michael Ende, poi si aggiungono i cartoni animati giapponesi (per esempio Dragonball) e Harry Potter. In poche parole, noi degli anni Novanta siamo cresciuti in un mondo fantasy. È un genere che permette un’evasione dal modo reale, tenendo conto che ci possono essere molte sfaccettature, dall’epico-cavalleresco all’urban, ambientato in un contesto attuale ma con sfumature che non abbiamo nella realtà.»

Crede sia più efficace estraniarsi dal mondo reale per spiegare e raccontare le cose?

«Assolutamente, sebbene la realtà a volte sia più “fantasiosa” del fantasy stesso. Con questo genere si ha più possibilità di spiegare e dimostrare i fatti in maniera semplice, perché ci sono degli elementi che si possono maggiormente controllare. Del resto, in un libro fantasy non ci si chiede sempre il perché delle cose

Copertina L’ombra del drago

Come è stato rapportarsi con gli editori?

«È stato illuminante. Era un mondo di cui sapevo poco e del quale ho imparato tutto strada facendo. Ho inviato il mio primo testo a svariate case editrici, inconsapevole che esistessero anche quelle a pagamento. Mi hanno subito risposto quest’ultime, che mi imponevano per la pubblicazione di comprare almeno 200 copie. Inizialmente ero comunque contento delle proposte, ma poi mi sono reso conto di quanto poco valessero. A seguire sono arrivate anche delle proposte di case editrici non a pagamento, con delle percentuali di ricavo nella norma per uno scrittore, dell’8-9 per cento.

In ogni caso, a suo tempo, avevo deciso di auto-pubblicarmi. È stato difficile e stressante perché è tutto nelle proprie mani: l’editing e la correzione, la scelta di chi cura il testo, la copertina e la pubblicazione stessa.»

È dunque difficile farsi spazio nel mercato del libro?

«Diciamo che ci vogliono tre cose: il libro giusto, relazioni che ti aiutano e una casa editrice solida alle spalle, anche se medio-piccola.»

Pensa che oggi l’editoria dipenda troppo dal marketing e dalla pubblicità?

«Sì, basta guardare i titoli in libreria, pubblicazioni che smentiscono il ruolo divulgativo dell’editoria. Inoltre, anche la qualità è sempre più difficile da trovare: ci sono moltissimi scrittori in un mercato saturo, nel quale magari il libro di bassa qualità si fa strada, mentre il bravo scrittore fatica a emergere.»

Gli italiani leggono sempre meno…

«È vero, le persone ormai leggono poco, per una questione di pigrizia. Leggere un libro è più complesso che guardare la tv: si sforzano gli occhi ma anche la mente, perché si deve immaginare ciò che si legge. Meno sei allenati più fatica si fa. Qualcosa comunque sta cambiando grazie all’audio-libro.»

Copertina Elio Ricci e il mistero del Tatum

Quanta libertà ha un autore fantasy nella creazione delle storie? Ci sono canoni rigidi da rispettare?

«Il problema principale è che non si può sbagliare e uscire dagli schemi. Per esempio, per il mio primo fantasy, ambientato in un pianeta terra senza connotazioni geografiche, ho voluto fare qualcosa di diverso per quanto riguarda i nomi dei personaggi, cioè sceglierli di diversa origine come Ginevra, Caleb, Seth. Mi è arrivata una recensione da parte di un altro scrittore che reputava il libro troppo realistico per essere fantasy. Trovo controproducente utilizzare dei nomi impronunciabili, andava di moda negli anni Cinuqanta-Sessanta, ma è ora di uscire dall’ombra di Tolkien

È un modo di fare tipico dell’Italia o anche all’estero?

«Ho un amico che abita in Inghilterra e, oltre al fatto che loro vivono e mangiano il fantasy, non c’è tutta questa chiusura e viene data la possibilità di sperimentare. Magari l’idea poi non funziona, ma non si possono mettere dei paletti a priori.»

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