Si celebra il 10 settembre la giornata mondiale per la prevenzione del suicidio.

Le segnalazioni di suicidi, giunte al Telefono Amico, sono state quasi 6mila nel corso del 2021, aumentando del 50% rispetto all’anno precedente. Un terzo di queste richieste ha riguardato i giovani, che purtroppo sono anche i protagonisti delle richieste d’aiuto del primo semestre del 2022 (circa 3000).

Il suicidio viene definito come l’atto volontario di infliggersi la morte, tipico di situazioni di grave malessere, e vissuto come l’esito di un’esistenza dolorosa e priva, agli occhi della persona, di possibili significativi miglioramenti.

Il suicidio è spesso il risultato di una combinazione tra fattori fisiologici, psicologici e sociali. È, ad ogni modo, figlio di una sofferenza. Spingono spesso al suicidio: la perdita di speranza nel cambiamento, la convinzione di essere un peso per gli altri e un ridotto timore della morte.

La persona che si toglie la vita legge, infatti, questa scelta come l’unica, probabilmente l’ultima, possibilità per ridurre il dolore che prova. Il suicidio non è un atto impulsivo, ma invece è meditato nel tempo. In questo senso, prevenire il suicidio significa supportare la persona e ridurre tale sofferenza per riuscire a salvarla.

All’interno di questo processo, l’aspetto emulativo riveste un ruolo significativo. Proprio per tale motivo, l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha pubblicato delle linee guida di comportamento per i mezzi di comunicazione di massa e gli operatori dell’informazione.

Essendo un comportamento complesso, alle volte è difficile da comprendere e prevenire, ma esistono dei campanelli d’allarme che possono aiutarci a porre degli interrogativi. Per esempio, cogliere frasi come “non ce la faccio più” e “niente ha più senso”, oppure registrare un cambio di abitudini nel ritmo sonno-veglia come insonnia, o ancora un aumento dell’uso di alcol o sostanze.

Anche le relazioni sono un importante segnale: l’improvviso isolamento dagli affetti o l’abbandono delle attività sportive o didattiche possono,difatti, riflettere uno stato d’animo di malessere della persona. La percezione di sentirsi soli, infatti, è correlata a comportamenti autolesivi. Dal punto di vista emotivo, anche importanti sbalzi d’umore possono richiedere una maggior attenzione.

I pensieri di morte sono molto comuni tra la popolazione, soprattutto in alcuni momenti critici della vita. Eppure tali riflessioni non dovrebbero essere sottovalutate e servirebbe poter parlarne con qualcuno, cercando di non impegnarsi a farcela da soli. Confrontarsi con queste situazioni non è semplice, ma è importante cercare di mostrare un atteggiamento empatico, caratterizzato da un ascolto attivo e da un dialogo autentico, valutando insieme la necessità di un supporto da parte di un professionista della salute. Avere una solida rete di supporto, essere soddisfatti della propria vita, avere una buona autostima e una sviluppata intelligenza emotiva, sono infatti fattori protettivi molto decisivi per una persona.

Parlarne è già la prima forma di prevenzione, di questo argomento, che a volte appare come un tabù.

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