Il fenomeno delle cosiddette baby gang, intese come bande criminali organizzate in cui ragazzi e ragazze assumono comportamenti devianti ai danni di cose o persone, si sta davvero espandendo sempre di più?

Oppure si ha solamente una maggior percezione del problema?

A fronte degli ultimi episodi di cronaca, è necessaria una riflessione da parte della comunità su tali forme di prevaricazione e violenza giovanile, che talvolta possono portare a una devianza vera e propria.

La violenza in adolescenza

Ciò che preoccupa maggiormente è l’utilizzo gratuito della violenza, che è diventata una manifestazione comportamentale normale per molti giovani, con l’aggiunta di una spettacolarizzazione di essa all’interno dei canali social.

Tale comportamento può avere cause, manifestazioni e conseguenze molto varie. L’aggressività diventa qualcosa di patologico quando il soggetto non riesce più a controllarla, modularla, adeguarla alle situazioni, a utilizzarla in attività creative, sfociando così in impulsività e criminalità.

Abitualmente si è propensi a spiegare l’aumento dei tassi di violenza con la solita crisi dei valori, come quelli che riguardano la famiglia. La caduta di modelli esistenziali ai quali ispirarsi e il rapido cambiamento dei modi di pensare e di vivere comportano, infatti, una precarietà anche dei parametri di misura e riferimento entro cui i giovani crescono, tanto che quello che è valido oggi potrebbe non esserlo domani.

Viene pertanto a mancare uno schema educativo stabile, nel tempo e nello spazio, generando così confusione. La competitività e la ricchezza vengono assunte a valore positivo e di gratificazione esistenziale, i continui reportage sulla guerra che vediamo in televisione, l’ostentazione della ricerca del potere, completano il quadro come fattori di rischio per le numerose azioni violente e di sopraffazione messe in atto dai giovani, i quali assumono tali comportamenti atipici come normalità quotidiana. Spesso difatti faticano a spiegare il perché di questi comportamenti.

Crisi di valori e perdita di riferimenti

Questi comportamenti violenti si registrano ancora di più in età adolescenziale, periodo che prevede il progressivo distanziamento dalla famiglia, la lotta per l’indipendenza e la ricerca del supporto da parte del gruppo degli amici.

L’appartenenza al gruppo nasce da un iniziale bisogno di affiliazione, che risponde all’esigenza di trovare condivisione e approvazione. Così, di fronte a un’affannosa ricerca di sé, si finisce a prendere in prestito dai coetanei quei valori sociali e culturali che contraddistinguono la loro identità.

I più frequenti campanelli d’allarme che si possono scorgere sono i sentimenti di vuoto, di inutilità, di inadeguatezza, a cui si possono associare condizioni depressive, labilità affettiva, mancanza di tolleranza all’angoscia e rabbia cronica.

Se i valori familiari sono inadeguati o vengono a mancare, in associazione a tali campanelli d’allarme, il giovane inserito in una comunità già deviante e criminale tenderà a sviluppare comportamenti atipici e di criminalità giovanile.

Il ruolo dell’adulto di riferimento

Il ragazzo, inoltre, in queste circostanze, tende ad attuare un meccanismo cognitivo di ottimismo ingiustificato, cioè la credenza di poter trasgredire pur rimanendo immune dal pericolo e dalle conseguenze. Per di più, le condotte estreme e violente diventano la principale modalità di comunicare e di ottenere l’attenzione da parte del mondo adulto.

I genitori che si trovano alle prese con figli aggressivi e violenti, hanno innanzitutto il compito importante di osservare i propri figli, anche quando diventano grandi, perché l’aggressività e gli scatti di rabbia hanno sempre un significato comunicativo: possono anche essere il frutto di un disagio molto più grande.

È necessario poi affrontare le reazioni dei figli, ma senza usare la stessa moneta, cioè adottando modalità aggressive, e capire che gli adolescenti sono tutti diversi tra di loro e gestiscono diversamente le loro emozioni. In alcuni casi ci si può rivolgere a uno psicologo, per comprendere e risolvere quei tormenti interiori, che provocano atteggiamenti aggressivi, e per apprendere atteggiamenti funzionali e costruttivi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA