I risultati INVALSI 2022 ci mostrano una situazione per il sistema educativo Veneto piuttosto confortante. Qui prenderemo in esame due dei tre ambiti analizzati dalle rilevazioni nazionali: la secondaria di primo grado (un tempo chiamata “medie”) e la secondaria di secondo Grado (le vecchie “superiori”).

I risultati del terzo anno delle vecchie “medie” ci restituiscono un andamento per il Veneto assolutamente in linea con i valori del Nordest e del Nordovest, a riprova del fatto che il Nord Italia, preso nel suo complesso, ottiene risultati sostanzialmente omogenei.

Un bel risultato, anche se solamente in inglese i valori raggiunti nel 2022 sono superiori a quelli pre-pandemia, mentre per matematica (-5 rispetto al 2018) e italiano (-5 rispetto al 2018) la quota di coloro che raggiungono il livello L3, valore considerato “adeguato”, soffre ancora gli effetti della pandemia.

Spiccano i casi della Campania, della Calabria e della Sicilia, dove la quota di studenti che non raggiungono la soglia dell’accettabilità è attorno al 60%.

Quanto la famiglia incide sull’andamento scolastico

Incide, e non poco, il contesto familiare, specie se di origine migratoria. Gli allievi stranieri di prima generazione conseguono in media un esito più basso dello studente tipo di oltre 24 punti; ciò significa che il divario nella comprensione del testo è superiore a ciò che mediamente si apprende in due anni di scuola.

Gli allievi stranieri di seconda generazione invece conseguono mediamente un esito più basso dello studente tipo di circa 14 punti, riducendo il divario nella comprensione del testo rispetto all’allievo tipo a circa un anno di scuola.

I risultati delle vecchie “superiori” al secondo anno confermano questo andamento, in quanto tra il 2018 e il 2022 la diminuzione del valore L3 (adeguato) è di 3 punti in italiano sia per il Nordest che per il Nordovest; di ben 6 per matematica nel Nordest.

Le differenze tra licei e istituti tecnici

Il rapporto INVALSI opera qui un’utile distinzione per l’italiano tra licei e l’istruzione tecnico-professionali, per i quali i risultati si fanno via via più deboli. Negli istituti tecnici, solo alcune Regioni raggiungono il livello 3 come risultato medio e sono tutte al Centro-Nord, mentre nell’istruzione professionale esclusivamente in Valle d’Aosta il risultato medio si posiziona saldamente al livello 3; in tutti gli altri casi l’esito medio non raggiunge la soglia
dell’accettabilità. Tuttavia, Lombardia e Veneto ottengono le migliori performances nella gestione del livello 1 e dei fragili. Interessante notare come, in matematica, nell’istruzione professionale i risultati si facciano più deboli rispetto ai licei e agli istituti tecnici. In diverse aree del Mezzogiorno (Molise, Campania, Puglia, Sicilia, Sardegna) si ferma al livello 1, quindi corrispondente al risultato medio atteso al termine del primo ciclo d’istruzione.

Per quanto riguarda l’ultimo anno delle superiori, quello dell’esame di Stato, i valori confermano gli andamenti precedenti, salvo un ampliarsi della forbice tra i risultati tra 2018 e 2022, con un recupero parziale solo nella prova di ascolto in inglese (listening, comprensione orale). In italiano, viene indentificato un Gruppo 1 in cui il risultato medio si colloca saldamente al livello 3, ossia nella fascia di adeguatezza (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna), a rimarcare l’omogeneità geografica; anche per l’italiano nei professionali si riscontra un esito per alcune Regioni del Nord (Valle d’Aosta, Lombardia, Provincia Autonoma di Trento, Veneto) decisamente al di sopra della media nazionale (per numero di allievi a livello 3 o 4) per questo segmento.

Gli INVALSI dividono l’Italia

Da questi dati complessivi, l’impressione è che, tolta la Provincia autonoma di Bolzano – che ha una particolare situazione linguistica e culturale -, il Nord Italia offra un livello di istruzione sostanzialmente omogeneo e sempre sopra la media italiana.

Altro elemento rassicurante per il Nord, Veneto compreso, è la capacità di valorizzare le eccellenze e di saper meglio gestire gli alunni fragili: il Veneto ha un livello di dispersione scolastica comparabile alla Lombardia e con valori fino a 7 volte inferiori alla Campania, maglia nera in questo ambito. Il rapporto INVALSI segnala – senza però indicarne i motivi – che il fenomeno della dispersione si sta riducendo in quasi in tutte le Regioni, Sardegna esclusa.

Considerazioni generali

La scuola italiana, alla luce delle rilevazioni INVALSI 2022, come sta? In ripresa dopo la pandemia, sì. Di fatto però, segnala sempre il rapporto, i risultati dei quindicenni italiani nella comprensione della lettura e in matematica sono al di sotto dei valori OCSE (anche se non avendo ancora i dati per Regione, non possiamo dire se questo valga anche per gli studenti veneti: probabilmente no). In Regioni come Sardegna, Sicilia, Calabria, Molise, Basilicata, Puglia, per dire, il 40% dei quindicenni non raggiunge un livello L3 (adeguato) in italiano (il valore del Veneto e Lombardia è poco più del 20%, quasi la metà), il che si traduce con una popolazione di prossimi adulti ed elettori probabilmente con sostanziali difficoltà a comprendere un testo; il divario risulta ancora più profondo, se possibile, in matematica.

Soprattutto, la scuola italiana nel suo complesso pare fallire nella sua mission di livella e ascensore sociale: rimane evidente lo svantaggio per i ragazzi che vengono da contesti familiari dove il livello di istruzione è basso, più soggetti alla dispersione; le eccellenze si rendono più probabili tra i ragazzi provenienti da famiglie più avvantaggiate. A livello geografico, se il Nordest ha di che sorridere, le Regioni del sud e le isole primeggiano solo nei valori della dispersione scolastica e nell’incapacità di supportare adeguatamente gli alunni fragili. Lo conferma il rapporto, p. 133: “Nel Mezzogiorno del Paese […] e nella macro-area Sud e Isole (Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) il valore dell’indicatore di equità peggiora considerevolmente all’aumentare dei gradi scolastici.” Di fatto, basterebbe comparare una mappa regionale con la ricchezza pro-capite o del PIL per ottenere una sostanziale coincidenza con la fotografia dei dati INVALSI.

In conclusione, sembra quasi che attualmente la scuola, più che motore del cambiamento sociale, tenda invece ad essere fotografia statica del benessere economico e culturale delle diverse Regioni di uno Stato che è ancora – e forse rimarrà – insieme disomogeneo di parti.

Considerando l’andamento delle risorse del PIL stanziate negli anni per l’istruzione, passate dal 4,3% nel 2010 al 3,9% nel 2020, il dato paradossalmente è in sé positivo perché, a fronte di un’epidemia mondiale, certifica una notevole capacità interna del sistema scuola di resistere a una strategia politica nazionale – a questo punto evidente nei numeri delle risorse – di demolizione per corrosione del sistema della pubblica istruzione.

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