Meravigliosa Arianna Porcelli Safonov. Nel suo monologo andato in scena ieri sera al Teatro Olimpico di Vicenza (uno dei gioielli architettonici più splendenti del nostro Veneto) nell’ambito della nona edizione del Festival della Bellezza (dedicato quest’anno al tema “Miti e Tabù: personaggi e opere iconiche, tra idee e simboli”), l’attrice e scrittrice romana ha intrattenuto il pubblico per più di un’ora sul tema “Totem e Tabù: cosa adoriamo, cosa schifiamo”.

Un narcisismo spesso tossico (a partire da quello degli influencer, di chi si dimena su Tik Tok, e di chi in generale “narcotizza” – parola che guarda caso ha la stessa radice di narcisismo – i follower), ma che in realtà al giorno d’oggi potrebbe anche avere un risvolto positivo, se aiuta a tenere alta l’autostima per affrontare le difficoltà – e sono tante – della vita in società.

Arianna Porcelli Safonov ritratta da Studio Cartacarbone.

Fare satira su tutto

Perché bisogna averne abbastanza, di narcisismo, per riuscire ad affrontare le tante cose che non vanno del nostro mondo. Come chi, ad esempio, non sa scherzare. Soprattutto su se stesso. A cominciare, guarda un po’, dalle cosiddette minoranze, diventate sempre più permalose e che oggi sono riuscite a imporre (anche ai comici) una serie di paletti che non permettono più di ridere e far ridere di loro.

L’unico a farlo ancora («che è ricco proprio per questo»), sottolinea Porcelli Safonov, oggi è il comico inglese Ricky Gervais, il quale riesce a far satira su qualsiasi cosa, tutto e tutti, senza distinzione di sesso, razza o religione. Un vero e proprio toccasana per la nostra mente, che si sta riducendo a uno spazio sempre più chiuso e circoscritto.

Ridere di sé

In generale è proprio di satira che si è parlato ieri sera durante lo spettacolo, con la performer che, a piedi nudi sul palco e con uno splendido vestito da sacerdotessa tebana, ha strigliato in primis la totale e diffusa mancanza di autoironia. Un peccato imperdonabile e che si ripercuote, poi, sul resto delle relazioni sociali.

Un momento del monologo di Arianna Porcelli Safonov al Teatro Olimpico di Vicenza per il Festival della Bellezza.

E a proposito di questo il monologo dell’attrice vira a un certo punto sulla capacità di prendere l’iniziativa («una delle cose più difficili nella vita»), e soprattutto sul concetto tedesco di Schadenfreude, quel “provare piacere per il danno altrui, per la malasorte subita dagli altri” che risulta per molti assai consolatorio.

Ma quella goduria che arriva, inaspettata e spietata, quando si vede ad esempio il milanese impettito in giacca e cravatta e con lo zainetto firmato rigorosamente appoggiato su una spalla sola, scivolare sulle scale mobili della metropolitana non ha prezzo.

E non perché in realtà si goda veramente della sventura del poveretto, ma perché in fondo ci si ritrova nella consapevolezza di «fare tutti un po’ schifo», il leit Motiv della serata. «Faccio schifo io», dice fra le righe la Safonov, «ed è giusto che in fondo faccia schifo (almeno ogni tanto) pure tu».

Il conformismo del mercato

Il pubblico ride di gusto, anche se è la riflessione su quelli che sono i veri “must have” (Safonov ci fucilerebbe per l’utilizzo di questa espressione) del nostro vivere – condizionati più da ciò che pensano gli altri che dai nostri reali desideri – a farla da padrone. I luoghi comuni, le contraddizioni, le banalità e la perversione del conformismo perbenista in un mondo sempre più autoreferenziale come quello dei social, ma non solo quello.

E di come ogni tanto sarebbe bello poter imitare Cristo, soprattutto in due specifiche occasioni: quando tramuta l’acqua in vino e quando caccia i mercanti dal tempio “prendendoli a bastonate”. Già, il mercato, con le sue imposizioni culturali ed economiche.

Il bullismo, ieri come oggi

L’attrice ogni tanto esce dalla lettura e improvvisa battute sulle temperature sahariane (davvero asfissianti) del Teatro Olimpico (e intanto si “idrata”, approfittando di tanto in tanto degli applausi generati nel pubblico, con la sua fedele bottiglietta d’acqua) e anche sulla possibilità o meno di dire le parolacce in un luogo baciato da tanta bellezza, ma la grazia e la sincerità con cui affronta i vari temi, anche i più spinosi, del suo testo scritto appositamente per il Festival della Bellezza di quest’anno – come sottolineato da Alessandra Zecchini, fondatrice e organizzatrice, insieme ad Alcide Marchioro, della manifestazione, quando a inizio serata ha presentato lo spettacolo – rapiscono le quasi quattrocento persone assiepate sui gradoni dell’edificio palladiano.

La spettacolare scenografia del Teatro Olimpico di Vicenza

In conclusione si parla anche di bullismo, un tema certamente delicato, ma ancora una volta Arianna Porcelli Safonov trova la giusta chiave per far al contempo ridere e riflettere, raccontando quello da lei stessa subito negli anni della sua infanzia e adolescenza romana.

Anni in cui era, per abbigliamento e modi di pensare, una via di mezzo fra Bob Marley e Robert Smith dei Cure: «ero perfetta per essere bullizzata». Anni in cui si poteva finire picchiati o letteralmente buttati in un bidone dell’immondizia dai propri coetanei. O, ancora, cacciati dalle feste organizzate a casa del “ricco fascista” (approfittando delle ferie degli ignari genitori), che non vedeva l’ora di coglierti in fallo per poterti umiliare davanti a tutti e non farti più entrare nella sua villa.

Il coraggio di dire no

Dopo gli applausi e l’invocazione del pubblico, l’attrice torna sul palco, sconsolata, con un «Ma che volete da me?». Poi, abbandonato il leggio e tenendo il microfono con entrambe le mani, si lascia andare a un secondo monologo, dedicato al “coraggio”, soprattutto nel dire “no” a certi soprusi sociali. Un no necessario, liberatorio, che ci consente di vivere con meno sensi di colpa e un po’ più di autostima. In loop con i meccanismi tipici del narcisismo da cui è difficile uscire.

© RIPRODUZIONE RISERVATA