Sarebbe stato incredibile omaggiare un grande uomo e un monumento della storia gialloblù alzando il pugno al cielo per la prima vittoria del Verona alla Scala del calcio. Sarebbe stato bello anche solo vedere la maglia sudata in suo onore, al di là del risultato. In realtà sarebbe stato sufficiente vedere i ragazzi in gialloblù scendere in campo con il peso e l’orgoglio della storia sulle spalle, e la consapevolezza di vestire una maglia che è stata la maglia di Emiliano Mascetti detto Ciccio.

Non è stato così. L’Hellas Verona non ha chiesto che venisse rispettato un minuto di silenzio facendo sì che a Mascetti fosse tributato l’omaggio di un San Siro finalmente pieno. Ha dimenticato le fasce nere in hotel e ne ha rimediate solo nove tra primo e secondo tempo, dopo che da Verona le reazioni hanno cominciato a rincorrersi tra social e gruppi Whatsapp.

La reazione del Presidente Setti al pasticcio è stata lodevole da una parte – il coraggio di metterci la faccia – ma per certi versi ha rispettato la tradizione veneta secondo cui il tacón tende ad essere peggiore del buso. La dimenticanza di un magazziniere, la corsa forsennata a recuperare le fasce in hotel… possiamo anche fingere di crederci e per pietà umana meglio persino sorvolare sull’imbarazzante omaggio a un certo Chicco.

Conferme amare

La dimenticanza, purtroppo, non può essere derubricata a un incidente di percorso. È un segnale pesante e negativo sotto almeno due punti di vista. Il primo, ma non per importanza, è l’ennesima conferma della distanza siderale tra società e città. Non è certo una colpa – sia ben chiaro – è solo un modo di intendere il calcio che non lascia spazio a romanticismi, più attento al branding che alla passione, un calcio che in una piazza come Verona rischia di creare più malinconie che entusiasmi. Al di là del successo e dei risultati sportivi.

Il secondo segnale, questo sì gravissimo anche oltre il rumoroso mondo del pallone, è una mancanza di considerazione verso lo stesso Mascetti e la sua famiglia. Verso Mascetti che rappresenta sì la storia del club, ma che è innanzitutto un uomo che meritava di essere messo al centro delle preoccupazioni del Verona in questa trasferta a Milano. Un uomo la cui memoria non merita di essere trattata come un’appendice a una banale partita di calcio.

«Stemperiamo i toni»

Se a difesa della leggenda la levata di scudi è venuta dal popolo del Verona e dalle sue vecchie glorie, a difesa dell’uomo e della sua memoria si è alzata dignitosa la voce della figlia Matilde. «Non fate null’altro in sua memoria se non siete in grado di farlo». 

Niente di più semplice e vero: la cifra del Ciccio non è mai stata la polemica, né dentro al campo né da dirigente, meglio allora lasciarsi alle spalle questa figuraccia, prenderne atto e giungere alla solita conclusione: il Verona non è in via Olanda, in via Belgio e nemmeno in Corte Pancaldo. Il Verona è solo nel cuore di chi sabato si è vergognato. E ha perso, due volte.

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