Un po’ soap opera, un po’ thriller, la serie tv A casa tutti bene – versione a episodi del film di Gabriele Muccino – non riesce ad arrivare al livello della migliore tradizione italiana di film sulla famiglia.

La si guarda volentieri, sui canali di Sky Tv e sulla piattaforma di streaming Now. Gli episodi si snocciolano senza intoppi. La fotografia è impeccabile. La recitazione non manca un colpo. Il problema è che l’opera televisiva di Muccino resta alla superficie.

Come faccio notare nell’analisi che ho scritto sul magazine Il Biondino della Spider Rossa, manca alla serie tv di essere un affresco sociale degno di questo nome.

Più di qualche critico cinematografico sottolinea che il paragone con Parenti serpenti, film di Mario Monicelli, del 1992, mostra tutta la minorità della serie tv A casa tutti bene.

Sia chiaro: non possiamo pretendere – come sottolinea un mio amico che di mestiere fa il produttore cinematografico a livelli importanti – di giudicare una serie tv oppure un film per la televisione con gli stessi severi criteri con cui giudichiamo un film.

Resta il fatto che la serialità televisiva – la storia degli sceneggiati Rai lo dimostra – è un’opera creativa che può avere punte di eccellenza. A casa tutti bene è eccellente come fattura cinetelevisiva, ma non regge come narrazione di costume.

È comunque una serie televisiva godibile; e che fa trascorrere qualche ora in tranquillità, senza stupire troppo; e senza essere troppo poco credibile.

A casa tutti bene. La trama

La famiglia Ristuccia è da 40 anni proprietaria del ristorante San Pietro, uno dei più rinomanti locali della Capitale, in zona Gianicolo.

Carlo, la nuova compagna Ginevra e la sorella Sara sono sempre lì, tutti i giorni, ad aiutare i genitori Pietro e Alba nella gestione dell’attività.

Assente da questa, è sempre stato il fratello Paolo, andato da tempo a inseguire in Francia il sogno di lavorare nel mondo dello spettacolo.

Adesso Paolo, reduce da un logorante divorzio, torna a casa dei genitori sconfitto professionalmente e senza più un soldo in tasca, con la sola speranza di poter crescere suo figlio Giovanni, di 11 anni.

Anche Carlo ha una figlia, Luna, una ex moglie, Elettra, e una compagna che mal tollera il suo passato sentimentale: Ginevra, mai davvero accettata dalla famiglia Ristuccia e vista come una rovina famiglie. E infine Sara è sposata con Diego che però le è infedele.

Un giorno, però, un avvenimento gravissimo e rimasto segreto per decenni torna a sconvolge gli equilibri familiari.

I Mariani, un altro ramo della famiglia, reclamano un posto all’interno dell’attività, minacciando di far riemergere un terribile segreto dal passato dei Ristuccia che ancora oggi ha delle profonde conseguenze nelle vite dei nostri protagonisti.

Nella serie tv A casa tutti bene Gabriele Muccino, mostrando di cogliere sino a un certo punto le possibilità che la serialità televisiva concede, ci racconta dinamiche, conflitti e personaggi che troviamo in tante famiglie.

Chi ha poi avuto l’avventura – o la disavventura – di mescolare lavoro e affetti familiari, in qualche tipo di impresa di famiglia, può riconoscersi in più situazioni.

Il racconto rappresenta, senza andare troppo in profondità, la realtà della famiglia italiana di oggi – almeno quella di ceto sociale borghese – con le corse agitate, le alleanze e le battaglie, i tradimenti e le scarse fedeltà dei nostri tempi.

A casa tutti bene. Cosa ci racconta la serie tv

La serie televisiva A casa tutti bene, diretta da Gabriele Muccino, non ha la stessa credibilità del film che abbiamo visto al cinema.

I limiti, come abbiamo visto, sono nello scavo (superficiale) dei personaggi. La sceneggiatura ci presenta tante corse, tante azioni sul filo della nevrosi; e flashback poco credibili non colmano la mancanza di spessore umano ed esistenziale.

A meno che Muccino non abbia voluto mettere in scena il nulla pneumatico di una generazione di quarantenni, a cui la generazione precedente non ha insegnato a stare al mondo.

Vi è la sensazione, almeno dal mio punto di vista, che la serie tv A casa tutti bene – come altri casi di serialità (non solo italiana) – non abbia assimilato cosa significhi scrivere una serie televisiva.

La serie tv A casa tutti bene, di Gabriele Muccino, è comunque un buon esempio di pulizia formale, di cinematografia trasportata sul piccolo schermo della nostra tv o dello smartphone. Il passo che manca è al livello della narrazione. Ci si arriverà, un passo alla volta.

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