Maurizio Landini, segretario generale della Cgil nazionale, è giunto a Verona venerdì sera, in occasione dell’incontro organizzato in Fiera dalla Cgil Verona e dall’Anpi Verona dedicato al libro del giornalista Paolo Berizzi, È gradita la camicia nera. Verona, la città laboratorio dell’estrema destra, tra l’Italia e l’Europa.

Landini, a Verona per una serata organizzata dalla sua Cgil su un tema, quello del rigurgito fascista, che recentemente vi ha visto direttamente coinvolti…

«È stata una discussione importante, che peraltro non riguarda solo Verona, ma tutt’Italia. Dal libro di Berizzi emerge chiaramente come si stia tentando di costruire una rete internazionale con l’intento di rilanciare l’idea reazionaria del fascismo ed è importante tenere sempre le antenne dritte. Anche perché antifascisti non si nasce, ma lo si diventa se non si perde la memoria e nel momento in cui si crea una coscienza che dia significato a quella parola. L’espressione violenta è l’essenza della cultura fascista, ma se ci pensiamo bene il fascismo è anche e soprattutto un sistema che si fonda su una ideologia, una cultura e delle pratiche ben precise. E oggi dobbiamo capire bene cosa sta succedendo, non solo da noi, ma anche in Francia, in Germania e in giro per il mondo.»

Qual è, secondo lei, il motivo di questo “rilancio”?

Maurizio Landini – Foto Osvaldo Arpaia

«L’origine di una possibile ripresa nasce anche dai processi che nel mondo si sono realizzati in questi ultimi anni. L’idea della globalizzazione, che in qualche modo ha portato avanti una sorta di devalorizzazione dei diritti del lavoro e delle persone senza precedenti, è uno di quei temi da cui iniziare a riflettere per ricostruire un’altra società, con un nuovo sistema di valori. Ricordiamoci, d’altronde, come e perché sono nati il fascismo in Italia e il nazismo in Germania, che hanno agito sul processo di frantumazione sociale. Dopo la Prima Guerra Mondiale quelle erano società caratterizzate da grande disoccupazione, di peggioramento generale delle condizioni di lavoro, di aumento della competizione fra le persone che avevano bisogno di lavorare per vivere. Da lì la necessità di costruire un nemico comune esterno, attraverso cui compattare il popolo per farsi affidare il potere. Ecco, dobbiamo riflettere profondamente sui motivi che rendono ancora  oggi possibili questo tipo di culture.»

Nei giorni scorsi ci sono stati altri cinque arresti proprio per l’attacco alla Cgil del 9 ottobre scorso e ancora una volta c’è di mezzo Forza Nuova… 

«Che la matrice fosse quello era già stato acclarato. Non c’erano dubbi fin dall’inizio che si trattasse di un attacco studiato, premeditato e attuato con logiche squadriste e fasciste. Credo nel pieno rispetto della magistratura, che sta facendo il suo lavoro. Dal canto nostro abbiamo chiesto a tutte le forze politiche, che nei giorni successivi all’assalto ci hanno dimostrato la loro solidarietà, di fare il loro mestiere, ovvero di sciogliere quelle forze che si richiamano apertamente e direttamente al fascismo o che si richiamano a quegli ideali. È il tema di fondo che noi continuiamo a rivendicare.»

La platea piena e il numeroso pubblico collegato da casa hanno dimostrato grande interesse e partecipazione. Verona ha risposto positivamente alla vostra serata…

«Non c’è solo una Verona, ma c’è n’è un’altra, come in generale c’è un’altra Italia, che si batte per la democrazia e per quei valori sanciti dalla nostra Costituzione. Diventa importante avere chiaro che se vogliamo combattere la possibilità che si ricostruisca nuovamente un consenso di massa su quegli ideali, perché di massa era il consenso del fascismo in Italia con Mussolini, oggi è sempre più necessario mettere in campo azioni che migliorino le condizioni delle persone e ne risolvano i problemi che si sono creati negli ultimi anni. Oggi c’è un malessere sociale molto profondo e non siamo certo di fronte a un fenomeno locale, circoscritto solo a Verona. Si tratta di un processo ben più vasto, su scala nazionale e mondiale.» 

A proposito di disagio. Il suo sindacato dice che il vaccino sia reso obbligatorio per tutti. Molte ancora oggi le piazze dei “no green pass”: qual è la sua opinione in merito?

«È da agosto 2021 che stiamo dicendo che proprio perché siamo in emergenza sanitaria è necessario tutelare i lavoratori nel modo più efficace possibile. È importante dire la verità alle persone e per farlo il parlamento a mio avviso deve sancire una legge che obblighi i cittadini a vaccinarsi. Chiediamo, allo stesso tempo, anche la sospensione dei brevetti, in modo che si possa davvero provare a vaccinare tutta la popolazione mondiale, evitando che questo diventi un business e un mercato. La salute è un diritto fondamentale che dev’essere garantito. Il vaccino in quest’ottica è decisivo per sconfiggere il virus, ma devono comunque essere sempre rispettate tutte le altre norme sanitarie, di distanziamento, di sicurezza, di protezione personale e altrui attraverso la mascherina, ecc. Non è ancora il momento di abbassare la guardia.»

La cosiddetta ripresa economica ha visto anche una nuova impennata di morti sul lavoro… 

«Si. Per combattere questo fenomeno abbiamo bisogno di affrontare il problema con una logica e una cultura totalmente nuove. La salute e la sicurezza dei dipendenti non devono essere percepite come un vincolo dagli imprenditori, ma come un vero investimento. Fino a quando non capiremo questo, continueremo ad avere i morti sul lavoro.»

Foto di Osvaldo Arpaia

I dati Infocamere, elaborati dalla sezione regionale di Unioncamere, parlano di crisi dell’imprenditoria veneta. Le iscrizioni di nuove imprese tra gennaio e marzo del 2021 sono state 8.295, con un timido segnale di rimbalzo, ma preoccupato i numeri sul lungo termine: “il bilancio delle iscrizioni dei 13 mesi marzo 2020-marzo 2021, rispetto al corrispondente periodo 2018-2019, fa segnare un volume di iscrizioni di nuove imprese di circa 5.000 unità in meno. 9mila le attività chiuse nel 2021”. Il Veneto è considerato la locomotiva d’Italia, ora alla grande prova di un rilancio socio-economico che al suo interno cova purtroppo crisi aziendali pesanti…

«Siamo a una fase di grande cambiamento, perché la transizione digitale e ambientale stanno cambiato il lavoro e stanno cambiando i sistemi di produzione. Questo non modifica sostanzialmente solo i contenuti del lavoro, ma anche i contenuti del fare impresa. Ad esempio continuare a pensare che essere piccoli è bello e che si può continuare a far da soli è sbagliato, perché oggi non può più essere considerato sufficiente. Oggi c’è bisogno di pensare imprese a rete, di fare sistema, di fare investimenti. Da questo punto di vista nei prossimi mesi e anni dobbiamo governare un processo di enorme cambiamento. Dobbiamo pensare che venga assunta la qualità del lavoro e la qualità delle produzioni come elemento decisivo. Ma il mercato, da solo, non è in grado di gestire questo cambiamento. C’è bisogno di una politica e di un intervento pubblico per creare nuove filiere produttive, per incentivare il lavoro di qualità e soprattutto per combattere la logica che agisce sui costi. Penso agli appalti e subappalti, al sistema delle finte cooperative e via dicendo. È necessario cambiare un intero sistema. Penso che gli imprenditori più avveduti e che vogliono davvero fare il loro mestiere, con serietà, debbano affrontare questa battaglia insieme a noi, per costruire insieme il futuro del Paese.»

Precarietà, infortuni, morti sul lavoro: che idea si è fatto sul Pnrr in merito a questi temi? 

«Bisogna trovare il modo di spendere bene quei soldi. Per questo motivo abbiamo chiesto di attivare dei tavoli di lavoro presso ciascun ministero e con tutte le Regioni. È necessario avere un programma, però, un progetto. È chiaro che per mettere a terra buona parte di quei soldi Comuni e Regioni devono essere messi in grado di agire. Ma non è tutto: penso che anche gli altri investimenti pubblici e privati debbano andare in una determinata direzione. Per quelli pubblici dobbiamo rafforzare in primis la sanità, perché i tagli degli anni passati l’hanno messa in grave difficoltà, e la scuola pubblica, dagli asili all’università, visto che lì c’è il nostro futuro.»

Foto di Osvaldo Arpaia

Verona ha ricevuto, però, poco dal Pnrr e in molti si sono lamentati che gran parte delle risorse sono finite al sud. Che ne pensa? 

«In generale sarebbe utile che la gente si rendesse conto che l’Italia è tutta nel sud d’Europa. Non bisogna più pensare a cosa succede nel condominio di fianco al mio. Con questa logica l’Europa non sarà mai in grado di competere con gli Usa, con l’India o la Cina. Lo sviluppo del Mezzogiorno è la condizione fondamentale per lo sviluppo di tutto il Paese e, di conseguenza, anche del resto dell’Unione. Capisco che rappresenti un ragionamento difficile da comprendere, ma se si allarga un po’ la propria visione ci si rende conto di quello che sta succedendo e si comprende che avere un sistema italiano connesso ci permetterebbe di essere, ad esempio, la culla logistica e turistica di tutto il Mediterraneo. Questo sarebbe un vantaggio per tutta l’Italia, non solo per il nostro sud. Il singolo Comune, la singola Regione, non possono risolvere da soli i propri problemi. La logica, quindi, è quella di fare sistema, altrimenti si va solo a sbattere.»

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