«Sono convinto che, ad ottobre, il disegno di legge verrà approvato». Partiamo dall’auspicio finale per raccontare l’incontro con Alessandro Zan, presente domenica 10 ottobre a Soave, Verona, per presentare il suo libro Senza Paura – la nostra battaglia contro l’odio (Piemme editore) e per aprire una serie di incontri letterari organizzati dai circoli PD di San Bonifacio, Soave, Monteforte d’Alpone, Arcole e Belfiore.

Auspicio finale che è però anche una sorta di stella polare che illumina tutta la discussione sostenuta dal parlamentare padovano. Partendo dal percorso dell’ormai famoso disegno di legge che porta il suo nome, passando attraverso la propria vicenda personale e chiudendo con un ragionamento più ampio sull’attuale situazione italiana.

Le ragioni del ddl contro i crimini d’odio

«Dobbiamo lavorare perché questo sia un Paese più civile. I crimini d’odio sono una vergogna perché colpiscono le persone per la loro identità. Vieni colpito, discriminato o bullizzato perché esisti. Nessuno sceglie essere gay, nessuno decide la propria etnia o il proprio genere. Per questo, quando un cittadino o una cittadina vengono aggrediti o vessati sulla base della propria identità, non sono solo loro ad essere colpiti, ma lo stesso principio uguaglianza sancito dalla nostra Costituzione».

La copertina del libro di Alessandro Zan

Uguaglianza contro discriminazione, accoglienza contro odio. A sentirle così sembrerebbe pure facile capire da che parte stare. Ma se appena ventiquattr’ore prima si è assistito alle violenze e ai saccheggi seguiti alla manifestazione No Green Pass a Roma, viene da pensare che certi confini forse sono già saltati.

«Le violenze viste a Roma – commenta Zan – non vanno ridotte all’azione di una banda di scalmanati. È quello che accade quando il sovranismo strizza l’occhio all’estrema destra e a chi preferisce creare un nemico piuttosto che ragionare sulle soluzioni. Uno schema che si è visto anche durante il dibattito sull’iter di approvazione della legge».

Un percorso che Zan ripercorre fin dalle prime battute dell’incontro. Andando a toccare alcuni nervi scoperti della politica odierna e dei suoi tempi di reazione alle sollecitazioni in arrivo soprattutto dai media.

Una corsa a ostacoli

«Il disegno di legge contro l’omotransfobia è stato redatto tenendo conto di diverse posizioni, proprio per avere un consenso più ampio possibile. C’è stato un periodo in cui non era neppure famoso, impantanato in Commissione Giustizia in Senato con il presidente leghista Andrea Ostellari che ne bloccava la calendarizzazione. A quel punto c’è stata una forte mobilitazione delle giovani generazioni per far smuovere le acque e il dibattito è diventato di dominio pubblico. Solo in quel momento la destra ha cominciato a cercare una mediazione sul tema. Matteo Salvini aveva capito di non potersi più sfilare e hanno calato dall’alto un nuovo testo per il ddl, mai discusso alla Camera. Un testo in cui le fattispecie che, nell’obiettivo della legge, si vogliono tutelare, vengono invece sminuite. Per questo non abbiamo accettato una mediazione fatta sulla pelle e sulla dignità delle persone».

La spinta delle giovani generazioni

Durante l’incontro c’è stato spazio anche per le esperienze personali, raccontate nelle pagine nel libro. Alessandro Zan ha condiviso il suo ricordo di adolescente veneto, con le difficoltà nell’approcciarsi alla propria identità. Il bullismo subito dai coetanei e lo scoglio della famiglia a cui doversi ad un certo punto rivelare. L’Erasmus in Inghilterra come primo momento di vera libertà dopo anni in cui si è dovuto giocoforza nascondere, perché esporsi voleva dire essere colpito.

Alessandro Zan durante l’incontro a Soave, foto di Matteo Dani.

Proprio alla luce del suo percorso personale, Zan riflette sull’Italia attuale, e su quella che sta arrivando. «Il lavoro da fare è tanto, soprattutto dal punto di vista culturale. Siamo gli unici in Europa a non avere una legge contro i crimini d’odio, a meno che non si voglia guardare a paesi come Ungheria o Polonia, dove si va invece in direzione opposta. Paesi in cui si colpiscono i diritti civili, arrivando poi a limitare le vere e proprie libertà democratiche. E da noi una certa destra flirta pure con queste nazioni per ottenere un mero dividendo politico.

Sono però convinto che il Paese reale sia un passo avanti di una certa classe politica. Le giovani generazioni sono dalla nostra parte. Non accettano di vivere in un Paese che discrimina. Approvare la legge sarà un primo punto fermo per poter poi proseguire con un lavoro che punti all’educazione, al rispetto e all’accettazione. Coinvolgendo le scuole, i luoghi di formazione e le famiglie».

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