Chiude oggi i battenti la 27esima edizione del Film Festival della Lessinia – andata in scena dal 20 al 29 agosto e dedicata alla memoria di Giancarlo Corradi – con le proiezioni nel pomeriggio e in serata dei tre film premiati. Ad aggiudicarsi il Lessinia d’Oro per il miglior lungometraggio è stato Entre Perro y lobo di Irene Gutiérrez, mentre il Lessinia d’Argento è andato al miglior cortometraggio Bad Omen di Salar Pashtoonyar. Il Premio Speciale del Pubblico, infine, è stato assegnato a L’aventure di Marianne Chaud.

La manifestazione ha saputo confermare ancora una volta il suo grande successo di critica e di pubblico, arrivato non solo dalla provincia di Verona, ma anche dalle province e regioni vicine. Erano ben 66 le proiezioni proposte quest’anno, fra lungometraggi, corti, film d’animazione, ma sono state decine e decine le iniziative legate alla kermesse, che è stata possibile soprattutto grazie al supporto di oltre quaranta giovani volontari. Di questo e molto altro abbiamo parlato con il direttore artistico Alessandro Anderloni.

Iniziamo con un primo bilancio a caldo di questa edizione…

Alessandro Anderloni, direttore artistico del Film Festival della Lessinia.

«Intanto la grande soddisfazione di aver condiviso la ricerca internazionale e la qualità delle opere che abbiamo presentato con il nostro pubblico.

Abbiamo presentato sguardi molto diversi, con una presenza forte del Sudamerica, dell’Asia, dell’Oriente con stili che esplorano diverse tipologie di linguaggio. La soddisfazione di aver visto tornare molto pubblico in presenza non solo alle proiezioni, ma anche negli eventi collaterali: escursioni, laboratori, incontri, il seguitissimo ciclo di incontri “Parole Alte”, che ha attraversato tematiche storiche, filosofiche, ambientali. Il festival ha ripreso a camminare con le sue gambe da montanaro. Passi lenti e ben distesi, si dice. Sentiamo che nasce la voglia di incontro, che è poi la caratteristica che fa conoscere questo festival nel mondo.»

Altissima qualità anche quest’anno. Come fate alla ventisettesima edizione a trovare sempre nuovi spunti e stimoli?

«È una domanda che ci fanno spesso le case di produzione o i distributori, i quali si sorprendono all’idea che si sia dedicato un intero festival al cinema di montagna. In realtà sono moltissime le opere che raccontano delle terre alte. Noi abbiamo sempre individuato le opere che presentiamo non andando a cercarle nei cataloghi dei film o di racconti di montagna. Noi usciamo, andiamo nei grandi festival o nelle piccole realtà sparse per il mondo, là dove non ti aspetteresti di trovare una storia speciale, unica, originalissima. E così ogni anno mettiamo insieme il programma.»

C’è stato un momento di questa edizione che più di altri ha avuto per lei un significato particolare?

«L’incontro con i registi, ogni qualvolta che al termine della proiezione ci siamo ritrovati davanti al pubblico per il dibattito. Questo per me è il festival. La regista di “The Postcards”, El Moudir Asmae, veniva dal Marocco, ma penso anche ai diversi registi di casa nostra: non importa che abbiano fatto molta strada o poca, l’importante è che siano venuti. I dibattiti in sala, le domande degli spettatori e delle spettatrici, l’arguzia di alcune considerazioni. È questo che fa sentire il festival vivo e proiettato al domani.»

Sono anni un po’ particolari, anche a causa della pandemia: come ha condizionato anche la vostra ricerca, se lo ha fatto, e come è stato accolto il pubblico a Bosco Chiesanuova?

«Naturalmente nel rispetto di tutte le normative e con attenzione alla sicurezza sanitaria. Sento un’atmosfera più mesta, forse connotata da una maggiore incertezza verso il futuro e la consapevolezza del tempo faticoso, estenuante, che stiamo vivendo. Ma il gesto di essere qui è stato importante. E anche se magari il vibrare della piazza del festival non è stato travolgente come negli anni scorsi, anche se nelle notti dei concerti siamo tornati a sorridere molto, comunque il gesto di essere qui, di incontrarci e di fare comunità è ciò che soprattutto ha caratterizzato questa ventisettesima edizione.»

Alessandro Anderloni in un momento durante la nostra intervista

Non possiamo non parlarne: quest’anno c’è stata una defezione importante fra i vostri sostenitori (il Parco della Lessinia). Un commento su questa vicenda? 

«Il Parco della Lessinia è con il Festival da ventisei anni. Abbiamo la nostra sede, nel Parco abbiamo il nostro archivio digitale di 1400 opere lì custodite. Perciò non posso pensare che questa sia una defezione. Se c’è stata una incertezza iniziale io credo che nei prossimi mesi – e già abbiamo avuto dei segnali in questo senso – si possa tornare a camminare insieme. Perché questo è il Film Festival della Lessinia. Mi piacerebbe aggiungere Film Festival del Parco della Lessinia.»

State già pensando alla prossima edizione? 

«Per forza. Nel senso che i festival che ci aspettano già ad ottobre (Lisbona, poi Lipsia) sono ormai alle porte. Abbiamo già iniziato la ricerca. C’è già una short-list di film a cui stiamo lavorando, ma poi arrivano anche i suggerimenti dei registi e degli ospiti che arrivano qui. Come ho scritto nella presentazione del programma, il lavoro del festival inizia il giorno dopo che è finito quello precedente. Diciamo che con il pensiero abbiamo già la voglia di rinnovarci per il 2022.»

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