Sono trascorsi alcuni anni da quando con un gruppo di amici, salendo lungo l’impegnativo sentiero che collega la Val di Ronchi con il Carega e la zona del Sinèl, ci trovammo di fronte una sorta di guerriero ninja in bicicletta bi-ammortizzata. Tratto di sentiero molto accidentato e con notevolissima pendenza, il ninja ci osservava da una decina di metri più in alto. Casco dal disegno molto aggressivo, ginocchiere, gomitiere, guanti…un’immagine inquietante. Da allora, lungo sentieri di montagna o su quelli delle nostre colline, ho visto molti altri ninja, bici di tutti i tipi, ultimamente moltissime quelle elettriche e pure moto e quad. Spesso, nella divisa di ordinanza, l’immancabile videocamera montata sul casco.

Bici, moto, quad e fuoristrada… sono loro i veri padroni dei nostri percorsi di montagna e di collina. Li trovi ovunque: strade forestali, sentieri nei boschi oppure abbarbicati lungo balconate rocciose e strapiombi. Purtroppo, per una parte, seppur minoritaria di costoro, non esiste il senso del limite e del rispetto.
In questi anni stiamo assistendo ad una sorta di bulimia compulsiva che vede questi infaticabili percorritori meccanizzati annettersi sempre più ampie fette di territorio. Sui sentieri, i camminatori sono improvvisamente diventati ospiti, spesso mal tollerati da persone che sfrecciano velocemente, schizzando sassi oppure “arando” tratti di sentiero con le loro frenate repentine e lasciando lunghissime e pestilenziali scie di benzine e miscele.


E con l’aumento delle presenze di bici e veicoli a motore sono aumentati gliincidenti ed i momenti di frizione.
C’è un’idea malsana che vede sempre più spesso amministratori locali concedere permessi di utilizzo dei sentieri per le più disparate delle iniziative meccanizzate molto in moda di questi tempi. E così è tutto un fiorire di trial, legend, wild, gran fondo e dintorni.
Migliaia di persone transitano in questo modo attraverso sentieri degli alti pascoli della Lessinia oppure percorrono sterrate e sentieri all’interno dei nostri boschi.
Il risultato finale parla di una marea di plastica e segnavia disseminati lungo i percorsi, sentieri scavati, sassi smossi, nessun beneficio per l’ambiente e tanto meno per le comunità di cittadini coinvolte nel passaggio dei partecipanti.

Andare a camminare, in montagna oppure in collina, è una modalità per staccare dal ritmo quotidiano, dallo stress competitivo del mondo del lavoro, dallo smog. Andare a camminare è una pratica dove di esercita la lentezza e la possibilità di fermarsi, anche nel bel mezzo di un sentiero, per ammirare uno scorcio, scattare una foto, dissetarsi.
C’è un’immensa letteratura che tratta dei benefici dell’andare in montagna. Non mi riferisco solo alla purezza dell’aria oppure dell’acqua dei torrenti montani, ma anche alla fatica necessaria per arrivare ad una meta, agli orizzonti conquistati col sudore, mi riferisco ad incontri improvvisi ed emozionanti con gli animali. Non c’è altro ambiente che permetta tutto questo.

Non ha senso cercare di introdurre anche in questi territori, meccanismi e pratiche di divertimento e sfruttamento del territorio che si scontrano pesantemente con i dettami di rispetto, cura e tutela dell’ambiente, della flora e della fauna.
Vi porto un esempio che risale all’anno scorso: sono le 22 di un giorno qualunque quando il silenzio di Giazza viene squarciato dall’arrivo di una decina di quad che senza colpo ferire si infilano rombando lungo il boscoso Sentiero delle Gosse, collegamento molto utilizzato per salire ai Parpari, settecento metri più in alto.
Non credo che questo possa essere permesso.
In qualche regione sono state introdotte delle regole e restrizioni per limitare l’utilizzo di veicoli a motore negli ambienti montani o collinari. Si tratta di limiti, regole e divieti la cui violazione comporta il pagamento di multe più o meno salate. Il Trentino-Alto Adige, oltre a porre regole per l’uso delle bici, si sta ponendo pure il problema di limitare l’utilizzo delle bici elettriche la cui introduzione ha permesso di portare lungo i sentieri alpini, una massa di persone che altrimenti mai sarebbero potute arrivare.

Mi rendo conto che il tema è un po’ scomodo ma deve essere affrontato con pacatezza e serietà. La montagna, causa Covid-19, sta già vivendo i troppi problemi legati ad una grande massa di persone arrivate pensando di essere sulla riviera romagnola. Persone impreparate ad affrontare la montagna, senza abbigliamento e calzature adeguate, spesso incapaci di valutare un percorso, il cambiamento meteorologico oppure molto più banalmente incapaci di valutare le proprie capacità fisiche. Non a caso, l’anno scorso, per il Soccorso Alpino è stato l’anno del record di interventi. E quest’anno è ancora peggio.

Chi va a camminare in montagna deve poterlo fare in tranquillità e sicurezza ed il camminare deve essere libero, faticoso oppure piacevole, ma senza le norme che gestiscono il traffico in pianura o nei centri abitati.
Occorrono quindi regole chiare, supportate dalle ovvie sanzioni per chi le viola, che permettano una coesistenza pacifica tra le varie anime che frequentano le Terre Alte.

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