Si è tenuto a Verona il 4-5-6 marzo un laboratorio-ricerca all’interno del Teatro Camploy, un progetto che aderisce a Lingua madre – capsule per il futuro di LAC Lugano Arte e Cultura, ideato dal direttore artistico Carmelo Rifici e da Paola Tripoli, direttrice artistica del FIT Festival Internazionale del Teatro e della scena contemporanea. Al centro dello studio, il rapporto con la parola.
A coinvolgere la città in questo progetto internazionale, le attrici Silvia Masotti e Camilla Zorzi che hanno guidato 50 bambini e ragazzi di Verona tra gli 8 e 24 anni della Scuola Spazio Teatro Giovani, divisi in gruppi contingentati e organizzati in base all’età.


Tre giorni intensi in cui i ragazzi sono stati filmati e hanno potuto lavorare sul linguaggio. Il lavoro realizzato si è concentrato sul processo della produzione, riflettendo sul mito, sulla storia, sul movimento e sul testo. I ragazzi sono stati inoltre intervistati oltre che da Masotti e Zorzi anche dalla drammaturga Angela Demattè. Il documentario che uscirà ad aprile farà vedere proprio cosa succede “dietro il teatro”, in una elaborazione che mette in luce l’attuale situazione di restrizioni sociali, e darà voce alla fascia di età che vive più di tutte questo disagio.

Lingua Madre – capsule per il futuro nasce in risposta alle limitazioni imposte dalla pandemia al mondo dell’arte e del teatro. Non una semplice proposta online mentre i sipari restano abbassati, bensì un approfondimento sui temi del linguaggio, del corpo, del rito, tramite paesaggi sonori, video artistici, documentari, film, conferenze che coinvolgono artisti, docenti, registi, del panorama nazionale svizzero e internazionale.

Sono stati coinvolti più settori in 5 mesi di lavoro, per dare vita a una programmazione che dal 13 marzo arriverà fino al 27 maggio – in tutto una ventina di produzioni articolate in episodi settimanali (qui il calendario dei prossimi eventi), consultabili in una specie di libreria digitale permanente.

Da sinistra, Silvia Masotti e Camilla Zorzi, direttrici della Scuola Spazio Teatro Giovani, responsabili del laboratorio condotto all’interno del progetto Lingua Madre


Le direttrici della scuola di ricerca teatrale erano state contattate dal direttore artistico e regista Carmelo Rifici, con il quale avevano già collaborato in passato, sia come attrici che con progetti legati ai giovani. In questo modo si è creato il legame tra Verona e Lugano, testimonianza di una delle tantissime reazioni culturali italiane ed europee alla chiusura imposta oggi dal Covid.

Con l’amministrazione veronese è stato quindi scelto il Teatro Camploy, poiché più si adatta alle esigenze giovanili, data proprio la sua funzione di spazio di sperimentazione e la somiglianza con il teatro per eccellenza, quello greco. È stato creato in questo modo uno spazio fisico in cui i ragazzi potessero lavorare in presenza, continuando a coltivare la loro passione.


«Le loro emozioni e i loro pensieri hanno acquisito centralità – afferma Silvia Masotti -. Non ci interessava perseguire chissà che risultato in questo progetto, non certo la rappresentazione in scena, poiché è l’ultima parte del processo. Inoltre non volevamo che i ragazzi alla fine si riconoscessero o meno nella loro performance».


“Con questo progetto vogliamo mettere al centro la complessità che caratterizza questo momento – le fa eco Camilla Zorzi -, in cui non è possibile non confrontarsi con la distanza, con risorse e limiti del linguaggio virtuale. I ragazzi hanno anche riflettuto, in modo diverso in base alla loro età, sulla differenza tra parola reale e parola virtuale». 

Emerge comunque un messaggio di speranza. «In un momento come questo, in cui la pandemia ha ingigantito le cose – affermano le direttrici -, vediamo i sintomi più evidenti di un Paese che ha smesso di investire e di conseguenza ha smesso di crescere. Forse abbiamo un problema di rapporto con la cultura ed è il momento migliore per interrogarci su questo tema. È ora di rimettere al centro teatro, danza, musica, arte».

©RIPRODUZIONE RISERVATA