Tornare ad abbracciarsi
Quando finalmente l’emergenza si sarà allentata, come gestiremo i contatti? Come torneremo a stringerci la mano?
Quando finalmente l’emergenza si sarà allentata, come gestiremo i contatti? Come torneremo a stringerci la mano?
Quando torneremo a toccarci, a stringerci una mano, ad abbracciarci e baciarci? In un anno di pandemia abbiamo messo da parte uno dei sensi più importanti nella costruzione della relazione: il tatto. Tocchiamo solo i congiunti, quelli che convivono con noi. Gli altri devono rimanere a distanza, almeno un metro.
“L’ultimo tocco: un anno senza abbracci e le conseguenze sulla salute mentale” è il titolo di un articolo uscito poche settimane fa sul rinomato quotidiano The Guardian. Nell’articolo si riportano le parole della Dottoressa Katerina Fotopoulou, esperta di neuroscienze psicodinamiche presso la University College London: “Il tocco è un modulatore in grado di mitigare gli effetti dello stress e del dolore, fisici ed emotivi. Abbiamo visto nella nostra ricerca che la mancanza di tatto è associata a una maggiore ansia. In periodi di forte stress – la perdita del lavoro o un lutto, per esempio – avere più contatti con gli altri ci aiuta a far fronte meglio, in particolare a calmare gli effetti del cortisolo [l’ormone dello stress]”. Anche se siamo abituati a non essere toccati molto, dopo un po’ il bisogno può sembrare molto fisico, a volte descritto come “fame di pelle” o “fame di tatto”.
Qualcuno non resiste e rischia un abbraccio. Il timore, tuttavia, resta, perché il Covid, lo sappiamo bene, è paurosamente egualitario, non guarda in faccia a nessuno. Qui veramente “uno vale uno”. Alla lunga diventa faticoso accettare tutto questo. Ci siamo accorti della sua importanza, come sempre accade, quando l’abbiamo perso: giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese. Il tocco è vietato. Proibito. Ci abbiamo provato con il gomito ma, diciamocela tutta, non funziona. È duro, spigoloso. E per toccarsi facciamo un balletto che rende goffi. Meglio il salutino con la mano a distanza accompagnato da occhi che si stringono provando a comunicare la forza di un sorriso.
Siamo entrati in una bolla. Ognuno ha la sua. L’esperienza in presenza fisica con un altro potrebbe sembrare non troppo diversa da quella mediata da uno schermo: solo suoni e immagini perché manca il tatto. E il problema non finisce qui, perché il percorso di riconquista sarà duro e faticoso. Quando un domani, finalmente, l’emergenza si sarà allentata, come gestiremo i contatti? Come torneremo a stringerci la mano? La stretta di mano era un gesto che avvicinava gli sconosciuti e raccontava qualcosa dell’altra persona: se energica, ansiosa, impaurita, aggressiva, avvolgente, ecc… . Insomma, un modo per avere un’idea su chi avessimo difronte. Una conquista durata tanto tempo: la mano che non nasconde armi e incontra quella dell’altro. Che faremo domani? Chiederemo se l’altro è vaccinato? E se sì come possiamo provarlo?
Vi ricordate gli abbracciatori che ne regalavano di gratuiti per le strade? Spariti, eppure portavano un po’ di felicità. L’abbraccio, il tocco sembrano non mentire perché “violano” la distanza intima dell’altro, quella che gli studiosi di comunicazione non verbale, definita prossemica, pongono sotto i 50 centimetri. Da questo si comprendono molte cose che i suoni e le immagini nascondono.
Pensare a un domani dove il tocco sarà soggetto a sospetto, l’abbraccio all’incertezza, il bacio al “meglio di no”, rende tristi. Anche quando tutto sarà passato, perché tutto dovrà passare, non è detto che i comportamenti sociali si adegueranno facilmente. Riconquistare la fiducia è un percorso molto più lungo e gravoso di quello del perderla. Come diceva Sartre: “la fiducia si guadagna goccia a goccia ma si perde a litri”. Il dubbio che qualche virus possa continuare a circolare potrà assalire prima di allungare il braccio, di aprire la mano. “Forse, meglio non rischiare”, qualcuno potrà pensare.
In questo periodo abbiamo visto abbracciarsi solo alcuni bambini, adolescenti e anziani. I primi, più incontrollabili e inconsapevoli e gli anziani, pronti a rischiare pur di non perdere qualcosa che con l’avanzare dell’età sembra più caro e prezioso: l’affetto, l’umanità, il calore dell’altro. Noi aspettiamo con trepidazione di aprire una breccia nella bolla, tornando a stringerci la mano, a prenderci a braccetto, a darci una pacca sulla spalla, un abbraccio nel segno di un umanità che non può essere tenuta a distanza di droplet.