Con il suo cognome è semplice giocare con le parole. Arma letale, arma da fuoco, arma bianca, carica o scarica a seconda della situazioni o i punti di vista. Meno facile è, invece, mettersi nei sui panni, in quelli di un bambino di nome Rachid, nato ad Agadir – dove l’oceano incontra le montagne, il mare il deserto – che cresce con il padre lontano, e a dieci anni è costretto a lasciare casa e amici.

Mentre in Italia si vive il boom d’inizio degli anni novanta, il bomber della Virtus Verona ha sei anni. In Marocco le cose non vanno allo stesso modo. Papà decide di provare a lasciare il precariato e tentar la fortuna altrove. È triste vederlo abbandonare casa, ma servono soldi per mantenere la famiglia. Così Arma senior prima cerca lavoro in Libia, poi in Tunisia, finché non decide di attraversare il Mediterraneo.

Arriva in Italia, che con il tempo percorre tutta. Il destino lo conduce fino alla provincia di Verona. Qualcuno lo assume e lui decide che val la pena stabilirsi. Nel frattempo sono passati tre anni dalla sua partenza. Tre anni di lontananza e nostalgia reciproca. Chiama a sè la famiglia: qui si sta bene, c’è lavoro, forza, venite. Cresciuto con mamma e sorella, a dieci anni il piccolo Rachid fa dunque le valigie e Verona entra nel suo futuro. Un’altra lingua, altre usanze: un altro mondo, insomma, ma la continuità è garantita dal pallone, il cui linguaggio è universale.

Lo sport ancora una volta diventa strumento d’integrazione capace di sviluppare il senso d’appartenenza. E il ragazzo con la palla ai piedi in effetti ci sa fare. Gli dà del tu al punto che entra nella rosa della prima squadra della Sambonifacese, in serie D, ancor prima di compiere la maggiore età. Promette bene ma intanto tiene caro il suo posto in fabbrica. Anche se è dura fare i turni, meglio un lavoro certo, con cui contribuisce a casa. Per il resto, si vedrà.

Quando inizia a essere notato da tanti osservatori, è inevitabile che Rachid decida di spiccare il volo verso il calcio professionistico. Anche se con giudizio, i desideri e l’indole vanno assecondati. Da allora sono passati tre lustri. Arma ha messo alle spalle una carriera che migliaia di ragazzi se la sognano. Ha giocato oltre 400 partite da pro, indossando maglie importanti come quelle di Torino, Vicenza, Spal, e Pisa, tra serie B e serie C.

«Per raggiungere i propri obiettivi, bisogna credere nei propri sogni» ha detto il giorno in cui la Virtus Verona lo ha presentato nello scorso settembre. Nella formazione di Gigi Fresco sogni e determinazione sono in fondo il pane quotidiano. Una sorta di ossimoro che permette a questo club di volare altissimo.

L’attuale stagione, a 36 anni suonati, è stata per Arma una sorta di sfida personale. Nonostante qualche problema fisico gli abbia rallentato l’inserimento in squadra, alla fine i conti sono tornati. Con il passare delle giornate sono arrivate le prestazioni e i gol tanto attesi. Otto finora quelli raccolti, di cui sette in questo scorcio di 2021 che ha cancellato le difficoltà e i dubbi dei mesi precedenti. Domenica contro la Triestina sono arrivate due perle da attaccante di razza, abile a beneficiare del contributo di Domenico Danti, assist-man in versione deluxe. Come lui ha creduto in sè stesso e nella Virtus, così Gigi Fresco ancora una volta ci ha visto lungo. Nel mentre, Arma non ha smesso di sognare: l’obiettivo è giocare ancora tanti anni. Per ora può comunque essere soddisfatto: anche del Presidentissimo rossoblù è diventato la sua, ops, arma letale.

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Foto Virtus Verona / Liborio