L’approccio culturale al futuro di Verona
Proviamo a ragionare sul futuro culturale della nostra città, per trasformare in opportunità ciò che fino adesso è stato in gran parte un fallimento.
Proviamo a ragionare sul futuro culturale della nostra città, per trasformare in opportunità ciò che fino adesso è stato in gran parte un fallimento.
Verona città d’arte e cultura. Uno slogan per tutte le stagioni, verrebbe da dire parafrasando il celebre film di Fred Zinnemann, ma slogan che oggi appare inevitabilmente sbiadito, soprattutto alla luce della bocciatura di Verona a Capitale italiana della Cultura per il 2022. Una bocciatura bruciante e che ha generato numerose polemiche in città, ma che può essere da una parte l’occasione – finalmente – per una seria riflessione sullo stato culturale della città e dall’altra, magari (e ribadiamo: magari!) un trampolino di lancio per cercare magari di vincere, nei prossimi anni, il ben più ambito e remunerativo in termini di finanziamenti titolo di Capitale della Cultura Europea. Quello che, per intenderci, ha permesso a Matera nel 2019 di ottenere una valanga di soldi che hanno fatto rinascere il capoluogo lucano. D’altronde, è bene ribadirlo ancora una volta, Verona non può far dipendere le sue fortune turistiche (e non solo, perché oggi non stiamo certamente parlando di turismo, anzi…) da un titolo, per quanto importante e simbolico.
La verità è che indipendentemente da quell’assegnazione è da tempo – e per tempo intendiamo almeno qualche decennio – che in città si respira un’aria culturalmente non sempre all’altezza delle bellezze architettoniche, storiche e artistiche che Verona sa offrire.
E se da una parte non possiamo non dare all’attuale amministrazione, nella logica degli oneri e degli onori, la responsabilità di quell’insuccesso, dall’altra invitiamo tutta la cittadinanza a riflettere sul valore che diamo al nostro tempo libero e che viene riempito anche (e ci piacerebbe poter scrivere soprattutto) grazie al teatro, al cinema, alla musica, alle mostre d’arte, alla fotografia, alle attività di comunità che sanno coinvolgere veronesi e non. Insomma, per usare una parola sola, grazie alla bellezza. E la bellezza genera consapevolezza, sapere, curiosità, desiderio di migliorarsi. In una sola parola, cultura.
Ecco, per tornare al ragionamento precedente: quali sono le proposte che hanno saputo segnare un’epoca a Verona negli ultimi tempi? La prima che ci viene in mente è quella legata al Festival dei Giochi di Strada Tocatì, che da 18 anni ormai porta nell’ansa dell’Adige, a metà settembre, giocatori di ogni età alla scoperta di passatempi nati molto lontano nel tempo e, a volte, nello spazio. E poi? Certo, le grandi mostre ad alto impatto mediatico di Marco Goldin che sono arrivate al Palazzo della Gran Guardia, frutto di accordi che Palazzo Barbieri ha saputo intavolare con il noto direttore artistico di Lineadombra, ma che non sempre hanno fruttato, anche in termini di immagine cittadina, quanto ci si sarebbe aspettati. Per fare un paragone che ci appare sensato, pensate alla mostra sul Divisionismo che da ormai oltre un anno viene portata avanti – grazie al suo indiscutibile valore e di conseguenza successo – a Novara nel restaurato Castello cittadino. Una mostra intima e audace allo stesso tempo, che entra in simbiosi perfetta con il tessuto storico-culturale della cittadina piemontese. Un’idea banale, forse, ma che andrebbe forse analizzata. Mostre calate dall’alto che nulla centrano con la storia di Verona possono essere apprezzate, si, ma alla lunga tendono a non lasciare traccia. Se non quella economica. E sempre lì, alla fine, andiamo a parare.
Di questo e molto altro parleremo nella diretta di oggi di “Succede alle 31” in programma alle 18.31 sui canali Facebook e YouTube del nostro magazine. Lo faremo con Pietro Trincanato, presidente del movimento civico Traguardi e degli Amici dei Musei Civici, e con Alberto Martini, direttore artistico del Teatro Ristori. Parleremo con loro di progettazione e di idee. Di opportunità. Di comprensione. Di definizione politica di un percorso che non può essere lasciato all’improvvisazione. E che non può non tener conto di chi abita la città.
Perché proprio in questi giorni che la catena alberghiera internazionale Mariott presenta il suo progetto di insediamento in città, nel meraviglioso quadrilatero attorno a via Garibaldi e via Emilei, ci viene da pensare che ancora molto si deve fare per riuscire davvero a cambiare Verona. Una Verona che negli anni cede la Rotonda dei Magazzini Generali in ZAI – una location in realtà perfetta per quello che sarebbe stato un necessario auditorium cittadino – all’ennesimo centro commerciale; una Verona che non sa sfruttare quelle mura cittadine che pur l’hanno aiutata a diventare Patrimonio Mondiale dell’UNESCO e oggi tristemente abbandonate in uno stato di degrado, anche se quest’estate abbiamo avuto il virtuoso esempio del Mura Festival che ha creato un modello da replicare assolutamente nei prossimi anni – e una Verona che abbandona all’iniziativa privata di associazioni e volontari i suoi quartieri, guardando sempre e solo al centro storico.
Al centro storico e al turista, verrebbe da aggiungere. E mai, in definitiva, al cittadino veronese. Che in tempi di pandemia è quello che poi ti permette di sopravvivere, visto che i turisti, se va bene, li rivedremo con i numeri del passato soltanto fra un paio d’anni. Insomma c’è molto di cui parlare. Lasceremo le polemiche da una parte, visto che in queste settimane si sono già scritti “fiumi di parole”, per dirla alla Jalisse, sui vari argomenti, e cercheremo di riflettere in modo costruttivo sui tanti spunti culturali che in ogni caso la nostra città – lei si, sempre splendida – sa per fortuna regalarci.
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