Undici a tredici. Il risultato che assomiglia a quello di una sfida a calcetto non riguarda invece la disciplina al centro del dibattito sui divieti dell’ultimo Dpcm, ma semmai il fratello maggiore. Nella serata della partita del campionato di Serie A tra Hellas Verona e Genoa, undici a tredici è il numero dei giocatori che risultano tecnicamente presenti in questa stagione nelle rose di gialloblù e rossoblù in “prestito secco” o con “diritto di riscatto” indicato dalle schede (attendibili) del sito specializzato Transfermarkt. Ovvero, il numero degli elementi il cui cartellino oggi formalmente non appartiene alle rispettive società consentirebbe di formare addirittura due squadre in grado di scendere subito in campo.

Genoa ed Hellas peraltro non rappresentano un’eccezione né tantomeno una novità per la serie A. Le due squadre già lo scorso anno annoveravano rispettivamente dieci e sei più due prestiti – Amrabat e Rahmani, ceduti a gennaio ma trattenuti fino a fine torneo – sommando soltanto i calciatori con un valore di mercato superiore ai due milioni. Sono dati che riflettono una prassi piuttosto diffusa in Italia, soprattutto tra le squadre di piccolo e medio cabotaggio. Due esempi: lo Spezia quest’anno conta tredici calciatori in prestito a scadenza il 30 giugno (di cui tre provenienti dal Sassuolo) e otto ne ha il Crotone.

La situazione richiama una sorta di reminiscenza della famigerata Nasl. Nella lega americana degli anni Settanta e Ottanta (poi fallita nel 1985), molte franchigie, dai Vancouver Whitecaps ai Tampa Bay Rowdies a parte i Cosmos, lavoravano su programmi nel breve periodo e ingaggiavano dalla vecchia Europa calciatori autenticamente “stagionali”. In parte come allora negli States, oggi in serie A all’acquisizione di cartellini con contratti pluriennali e di proprietà si preferisce un comodato d’uso in versione calcistica. Spesso gratuito, tranne il pagamento dell’ingaggio del giocatore che a volte è addirittura condiviso con il detentore ufficiale dei diritti sportivi.

La strategia tende a massimizzare investimenti e capacità di spesa piuttosto che a sostenere una progettualità sul medio periodo. Una gestione che permette di avere accesso a elementi in sovrannumero tra i club di prima fascia che altrimenti sarebbe complicato ingaggiare, gente in grado di elevare il valore della compagine a disposizione dell’allenatore. Si preferisce dunque evitare investimenti onerosi “non necessari”, che proteggono pure da conseguenze sul piano economico nel caso di una malaugurata retrocessione. Banalmente, un contratto sovradimensionato per la categoria inferiore si trasforma in una problema più che in un’opportunità.

In serie A non ci sono limiti sul numero di giocatori ingaggiabili in prestito né tantomeno la Lega si fa scrupoli in relazione ad una sorta di credibilità del sistema, con troppi giocatori appartenenti a club rivali che potrebbero portare a possibili implicazioni sulla regolarità (anche solo teorica) del campionato. Per questo motivo, funziona al contrario in Premier League, modello tanto liberista quanto rigido quando si tratta di evitare situazioni ambigue soprattutto tra compagini che concorrono alla stessa competizione.

Nel campionato inglese di vertice sono ammessi al massimo solo due (val la pena ripeterlo, due) giocatori in organico catalogati come prestiti da un altro club, che oltretutto devono provenire da club diversi. Riassumendo, non possono arrivare dalla stessa compagine. Per capirci ancor meglio, se la regola della Premier (“massimo due prestiti totali e comunque da due squadre diverse”) venisse applicata domattina in Italia, le compagini scese in campo al Bentegodi lunedì sera avrebbero rose molto differenti. Il Genoa dovrebbe regolarizzare subito l’eventuale acquisto di chi è in rossoblù con obbligo di riscatto da parte del Grifone (ad esempio, Bani) che però è la netta minoranza. E dei due possibili prestiti ammessi, sempre basandoci sul modello-Premier, dovrebbe comunque prevederne uno solo per club d’origine. Il che sarebbe un problema nel problema.

La situazione attuale, per dire, vede a disposizione di Maran addirittura tre prestiti provenienti dalla Juventus (Perin, Pjaca e Pellegrini) due dal Sassuolo (Goldaniga e Scamacca) e infine gli atalantini Czyborra e Melegoni. In un’improbabile ipotesi di applicazione del regolamento della Premier sarebbe messo meglio Juric, che di giocatori ricevuti dalla stessa società ha soltanto i due interisti Di Marco e Salcedo. Ma appunto, più che improbabile è un’ipotesi impossibile.