La musica di Tommaso risuona in Estonia
Tommaso Maganzani, pianista, ha trovato la sua strada nel Paese baltico. In questa intervista ci parla di sogni, determinazione e anche della sua bella Verona.
Tommaso Maganzani, pianista, ha trovato la sua strada nel Paese baltico. In questa intervista ci parla di sogni, determinazione e anche della sua bella Verona.
Tommaso Maganzani da Verona all’Estonia. Un viaggio di sola andata, per ora almeno, che lo ha portato a realizzare i suoi sogni di musicista, a trovare l’amore e a sentirsi realizzato. In questa intervista ci racconta di sé e di come in Estonia si vive anche al tempo di Covid.
Tommaso, raccontaci di te quando eri a Verona.
«A Verona ero docente del corso di propedeutica pianistica del conservatorio di Verona, in cui ho insegnato dal 2011 al 2017 ai bimbi di età compresa tra i 4 ed i 12 anni. La mia vita era pressoché incentrata sull’insegnamento e sulla preparazione dei miei allievi per gli esami d’ammissione al conservatorio o per eventuali concorsi pianistici in giro per l’Italia.»
Quando e perché hai deciso di andare via? E di cosa ti occupi ora in Estonia?
«La decisione di lasciare l’Italia è avvenuta nell’arco di un periodo molto difficile, ed è stata una delle scelte più dure che abbia mai dovuto affrontare nonché, probabilmente, la migliore. All’inizio di settembre del 2017, la mia situazione mi vedeva docente del corso di propedeutica pianistica del conservatorio di Verona, il che potrà sembrare ai più una posizione di tutto rispetto. Una serie di fattori importanti, però, stava rendendo lo svolgimento della mia vita e la prospettiva futura della stessa piuttosto complicati. Primo fra tutti, l’instabilità del mio impiego: un contratto a progetto, rinnovato annualmente, senza ferie né indennità di malattia. Ciò significa che io ero pagato solo ed esclusivamente per le ore esercitate, e che durante i mesi di vacanze estive dovevo riuscire ad sbarcare il lunario con le lezioni private e qualche concerto. Inoltre la mia ragazza di allora, una violinista estone, faticava a trovare un lavoro che le permettesse di mantenersi. Nel momento in cui fu proposto ad entrambi un posto stabile a Tartu, in Estonia, a lei come violinista al teatro della città e a me come insegnante di pianoforte a tempo indeterminato, la soluzione ci è sembrata ovvia anche se, come ho già anticipato, non semplice. La separazione dagli affetti e da tutto ciò che mi ha sempre circondato fin da bambino e che mi procurava un senso di familiarità e conforto è stata, all’inizio, abbastanza traumatica. Alla fine, però, ritengo fosse la scelta migliore che potessi fare, e nonostante il rapporto per il quale ero approdato qui in primo luogo si sia poi concluso, ho deciso alla fine di rimanere comunque.»
Cosa ti ha lasciato l’esperienza fino a oggi di vivere all’estero?
«Non saprei da dove cominciare. Tra tutto ciò che l’esperienza di vivere qui mi ha portato, penso che la cosa più importante sia la sicurezza in me stesso, che deriva dal sentirsi parte attiva e indipendente di una società che ti dà la fiducia ed i mezzi per svolgere la tua professione e condurre una vita più che dignitosa. A Verona, il rispetto per la mia professione lo avevo a parole, qui con i fatti.»
Pensi mai di tornare e perché?
«Al momento, non ho un motivo abbastanza valido per farlo. Covid permettendo, svolgo una professione che fortunatamente mi lascia molto tempo libero anche per viaggiare e vedere la mia famiglia. Ho appena comprato casa insieme alla mia fidanzata, e intendo impostare la mia vita qui con lei.»
Come hai vissuto i mesi di forte emergenza Covid e come vedevi la tua patria da fuori?
«In Estonia l’emergenza Covid è stata una delle meno gravi d’Europa, anche se comunque ha impattato fortemente sulla vita delle persone. Per un periodo di tempo di circa due mesi e mezzo, ho svolto le lezioni online da casa, il che l’ho trovato personalmente estenuante e frustrante. La lezione di musica è qualcosa che non ha molto senso se fatta a distanza per tutta una serie di fattori, anche meramente tecnici, qualità del suono in primis. A parte questo, mi sono sempre ritenuto molto fortunato di far parte di quella schiera di lavoratori che aveva la possibilità di continuare comunque a svolgere la propria professione, seppur in condizioni molto scomode. Più difficile, invece, è stato vivere con il timore che qualcosa di serio potesse succedere a familiari e amici, date le notizie catastrofiche che giungevano dall’Italia.»
Oggi come va la situazione?
«Al momento, la situazione sembra essere in bilico tra il ritorno di un’ondata di contagi e il graduale dissolversi dei casi. I teatri hanno ricominciato a produrre spettacoli, i negozi e i ristoranti sfoggiano un discreto numero di clienti e la vita sembra essere tornata alla normalità, ma le persone sono evidentemente scosse dagli eventi, e pronte a dover tornare a fare i conti con un periodo come quello da poco trascorso. La settimana scorsa, ad esempio, sono dovuto tornare a insegnare tramite internet, a causa dell’aumento di alcuni casi positivi nei pressi della scuola dove lavoro.»
Cosa consigli a chi pensa di andare via, emigrare?
«Consiglierei di non farsi spaventare, per quanto possibile, da un cambiamento radicale, o perlomeno di cercare di tenere a mente che se nasce la necessità del cambiamento è perché abbiamo bisogno di un altro contesto che ci permetta di evolverci e fiorire. Ovviamente tutto ciò porta disorientamento e sconforto all’inizio, ma se si fa il possibile per adottare una visione lungimirante, i benefici arriveranno. E’ stato abbastanza incredibile per me notare come, una volta avviatomi verso la giusta strada, tutti gli altri aspetti della vita abbiano cominciato uno dopo l’altro a trovare la loro forma e il loro spazio.»
Cosa ti manca di Verona?
«Di Verona mi manca la poesia, perché non c’è altro modo di descrivere l’atmosfera che vi si respira. Ogni angolo di quella città ne è intriso. Mi manca dovermi fermare per diversi minuti su Ponte Pietra per poter essere in grado di assorbire tutta la bellezza che c’è intorno, e di dovermene andare sempre con l’impressione di non essermi fermato abbastanza. E mi manca la sensazione di non averla mai finita di scoprire, come se fosse sempre pronta a rivelare una parte di sé che ancora non mi era nota.»
Cosa non ti manca?
«Tutto ciò che non mi manca della mia vita a Verona è la serie di aspetti che sono andati a migliorarsi una volta trasferitomi in Estonia. Ma se parliamo di Verona in sé, quella mi mancherà sempre, a prescindere dal contesto in cui mi troverò nel corso della mia vita.»