Sport italiano: quo vadis?
Stadi trasformati in cinema virtuali extra lusso, utenti collegati da mezzo mondo e top club di soli pro gamer. Un viaggio distopico nel (possibile?) futuro dello sport italiano.
Stadi trasformati in cinema virtuali extra lusso, utenti collegati da mezzo mondo e top club di soli pro gamer. Un viaggio distopico nel (possibile?) futuro dello sport italiano.
22 febbraio 2053. È vigilia di derby, Milano e il resto del mondo sono in fibrillazione. La sfida può decidere la corsa scudetto, col Milan che ha la possibilità di guadagnare ulteriore terreno sull’Inter e conquistare il suo terzo titolo dell’era e-Serie A. I nerazzurri, dal canto loro, non ci stanno a passare il testimone dopo un lustro di successi ininterrotti.
Le due società hanno comunicato un paio di giorni fa i nomi dei 22 Pro Gamer che scenderanno in campo dall’inizio. Il Milan non cambia gli undici che nelle ultime settimane hanno scalato la classifica, nell’Inter c’è invece grande curiosità per l’esordio di Ignacio Bernàl-Diaz, diciassettenne del Guatemala entrato a far parte del team un mesetto fa, vera e propria rivelazione nel mondo della X Box d’oltreoceano. In tutto saranno 8 le diverse nazionalità rappresentate dai gamer titolari. Ognuno pronto a giocare dal proprio Paese d’origine.
Anche San Siro si prepara al grande evento. Da qualche anno la Scala del calcio è stata riconvertita in un avveniristico cinema interattivo dove migliaia persone possono seguire il match come fossero realmente sugli spalti di uno stadio. Per gli utenti Premium c’è addirittura la possibilità di sfruttare la realtà virtuale, seguendo il match in modalità On Field, con i giocatori che corrono a pochi passi da loro.
Entrambe le dirigenze si sfregano le mani. Il derby ha polverizzato ogni precedente record di collegamenti in diretta streaming. Su Twitch saranno più di 450 milioni gli utenti connessi; la maggior parte dei quali in questi giorni ha anche potuto supportare il proprio gamer preferito, acquistando per lui tools e abilità specifiche che gli sponsor tecnici hanno messo a disposizione nei propri shop online dedicati.
Anche la FIGC gongola. La conversione del calcio italiano agli e-Sport ha permesso alla Serie A di recuperare fascino e visibilità globali. Ora siamo secondi al mondo, dietro solo alla Premier League, che ovviamente sul tema era già avanti di un decennio.
Si è persino realizzato quel riavvicinamento delle famiglie al calcio che pareva impossibile. D’altronde, in tanti hanno intuito come fosse più conveniente provare a forgiare un Pro Gamer professionista tra le mura domestiche piuttosto che dover scorrazzare i figli in giro per allenamenti e partite varie durante i weekend. Tanto più che così non c’è più nemmeno la scocciatura di dover lavare completini e scarpe sporche di terra.
Altezza, velocità, resistenza, fisico, sono categorie sorpassate. Il professionista più pagato al mondo non supera il metro e 70, dovrebbe mettere su qualche muscolo e non passa meno di nove ore al giorno davanti allo schermo. La democrazia finalmente applicata allo sport, dicono. O, più semplicemente, il progresso, bellezza.
Milano si prepara, i ledwall di piazza Duomo trasmettono in continuazione spot e preview del derby. Persino Netflix sta ultimando la registrazione di un documentario dedicato a come gli appassionati di e-Sport meneghini vivono l’avvicinamento alla sfida.
Tutto quello che avete letto fino a qui, lo scrivevo (sognavo?) negli ultimi giorni di febbraio 2020. Dieci giorni dopo sarebbe iniziato il lockdown. Mentre buttavo giù quei paragrafi nessuno, sottoscritto in primis, avrebbe mai immaginato di vedere scuole chiuse per mesi, distanziamento sociale e stadi deserti. L’attività sportiva sta riprendendo alla spicciolata, ma il panorama che ci troviamo davanti appare tutt’altro che benaugurante. Il teatrino andato in scena nel weekend sull’asse Napoli-Torino lo ha confermato.
Del resto se “la – inserire argomento a piacimento – è lo specchio della nostra società” è una delle filastrocche più in voga in questi anni, un motivo ci sarà. E lo sport non fa eccezione. Anzi, probabilmente è uno degli ambiti in cui la mutazione di comportamenti e abitudini si può apprezzare più distintamente.
Se parliamo di sostenibilità del sistema sportivo italiano, ad esempio, la discesa era già iniziata da tempo. La pandemia e la crisi che ne è seguita non hanno fatto altro che spazzare via la nebbia e accelerare i tempi. In maniera impietosa per quanto riguarda tutte quelle discipline che non sono il calcio, ma costringendo anche i “Paperoni” della Serie A a farsi quattro conti in tasca.
Per dirla chiara e tonda, lo sport italiano non è e non sarà, perlomeno nel prossimo futuro, auto-sostenibile. Senza la generosità (che in alcuni casi sfora nella pazzia) di sponsor e finanziatori vari, non esiste campionato o disciplina in grado di sostenersi in maniera autonoma. Figurarsi generare profitti. Basket e pallavolo, per citare gli altri due gradini del podio, già da tempo vivevano una situazione, se proprio non vogliamo parlare di crisi, quantomeno di ridimensionamento. Anche le loro massime serie, di anno in anno, hanno fatto i conti con fallimenti e mancate iscrizioni. E se i palazzetti dello sport non riapriranno totalmente al pubblico entro breve tempo, la situazione si farà ancora più buia.
Non che nel calcio la storia sia migliore. Anche qui basterebbe dare un’occhiata a cosa accade ogni estate tra Serie C e D. Uno stillicidio di fallimenti, ripescaggi e sentenze che blocca il sistema alla base. Quella stessa base che lentamente si sta sgretolando. Ripeto, basterebbe vedere quante società dilettantistiche di prima, seconda o terza categoria sono sparite negli ultimi 5 anni.
“La televisione ha rovinato il calcio”. Anche questa è una filastrocca che continuiamo a sentire. Beh, è il momento di aggiornarsi. Non sono tra quelli che si fanno prendere dalla nostalgia per i bei tempi andati dello sport, però se pensate che la televisione abbia fatto danni, aspettate a vedere quelli che faranno gli e-Sport e il mutamento dei bisogni di adolescenti e famiglie. I top club e i grandi brand hanno già intuito la tendenza, e il business che ci sta dietro, muovendosi di conseguenza. Ad esempio con le prime formazioni ufficiali di e-Sport. Il resto seguirà a ruota.
Non è catastrofismo, ma analisi storica. Lo sport professionistico seguirà le richieste del mercato, così come è sempre stato. Questo vuol dire che precipiteremo in un futuro distopico senza stadi e dove saremo tutti connessi al Matrix dei match virtuali? A meno di nuovi cataclismi socio-sanitari direi proprio di no. Ma di certo gli equilibri si ridimensioneranno.
E lo sport di base? Beh, quello proverà a sopravvivere grazie alla passione dei volontari, con società e associazioni sempre più costrette ai salti mortali per far giocare i nostri figli. Ma farà sempre più fatica.
A quel punto, belli incazzati, ci chiederemo quando è iniziato tutto ciò, faticando a trovare le risposte. Fingeremo di non ricordarci quando, per trent’anni e passa, non ci siamo indignati per le condizioni delle palestre nelle nostre scuole. O di quando presentarsi alla lezione di educazione fisica in jeans, o con la giustifica, fosse tutto sommato normale.
P.S. Nel sogno di febbraio, poi, mi svegliavo di colpo e tornavo nel mio io tredicenne. Spalmato davanti alla Play Station a giocare con Fifa 99. Quello che aveva Bobo Vieri in copertina e Fatboy Slim in soundtrack con “The Rockafeller Skank”. Right about now, the funk soul brother, check it out now.