La lotta ai cambiamenti climatici non si fa solo con convegni o affermazioni di principio ma realizzando piccoli e grandi mutamenti nelle attività, nei comportamenti delle persone, delle comunità, delle istituzioni.

L’Europa sta rapidamente aggiornando la sua struttura energetica. Prepara la transizione da un modello di produzione elettrica concentrata in grandi, relativamente pochi, impianti che utilizzano combustibili fossili a uno rinnovabile che prevede milioni di pannelli solari e di pale eoliche distribuiti nel territorio, sui tetti delle case, sui capannoni, nelle valli ventose.

Una produzione elettrica parcellizzata e distribuita offrirebbe a tutti i consumatori l’opportunità, finora negata, di diventare produttori della energia elettrica che consumano, di diventare cioè autoconsumatori.

Già è diffusa la pratica di installare pannelli solari sulle proprie abitazioni e produrre energia elettrica rinnovabile. La novità di questo periodo, prevista dalla Direttiva (UE) 2018/2001 del Parlamento europeo, è la possibilità per i cittadini di agire in modo collettivo.

Unire tanti piccoli consumatori in un progetto permette di ottimizzare gli investimenti degli impianti e, nel contempo, migliorare l’efficienza complessiva del sistema elettrico, soprattutto quando il vettore elettrico rinnovabile diventerà praticamente l’unico disponibile.

Due sono le principali modalità di aggregazione che l’Unione europea ha previsto entrare in funzione entro il 2021: i gruppi di autoconsumatori e le comunità energetiche.Si tratta dell’inizio di una nuova epoca: fa cadere le ultime barriere che ancora impedivano il corretto sviluppo delle rinnovabili.

Un tipico gruppo di autoconsumatori sono i condomini quando sono organizzati per fornire i condómini con l’energia rinnovabile prodotta da impianti condominiali; la comunità energetica invece è un soggetto giuridico che raggruppa molti soci, cittadini e aziende, con l’obiettivo di fornire loro benefici ambientali, economici e sociali, non solo semplici profitti.       

Sono forme di notevole complessità gestionale dove la regolazione delle partite fisiche ed economiche fra i componenti può essere fatta solo con strumenti informatici sofisticati e con protocolli di scambio articolati e specifici la cui funzionalità deve essere sperimentata sul campo.

Il 4 Agosto scorso l’Arera (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) con la pubblicazione  nel suo sito ufficiale della delibera numero 118/2020/R/eel , che illustra  le modalità di regolazione delle partite economiche per questi nuovi soggetti, ha dato il via alla loro sperimentazione. 

Prendere parte a questa fase è una grossa opportunità che offre a chi ne è coinvolto di accedere a un importante know-how tecnologico, organizzativo e gestionale e appropriarsi così, prima di altri, di un vantaggio competitivo.

Sono almeno dodici le comunità energetiche rinnovabili e nove i gruppi di autoconsumo collettivo, distribuiti in quasi tutte le regioni, in procinto di iniziare la sperimentazione, come riportato nel recente rapporto “Comunità Rinnovabili” di Legambiente.

Alcuni esempi. La comunità energetica rinnovabile nella periferia di Bologna, progetto Geco, che comprende una zona residenziale di 7.500 abitanti, 1.400 dei quali abitano in alloggi sociali, una zona commerciale di 200.000 mq che ospita un parco agroalimentare, due centri commerciali ed un’area industriale di oltre 1 milione di mq.

La comunità energetica del Pinerolese dove il Consorzio Pinerolo Energia (CPE), insieme al Politecnico di Torino, a utenti pubblici e privati, ad aziende e comuni limitrofi, sta ponendo le basi per realizzare una comunità 100% rinnovabile.

Il Comune di Berchidda, in provincia di Sas­sari, mira alla creazione di una Comunità Energetica Locale, in cui, con il supporto dell’Università di Cagliari, sarà possibile produrre e di­stribuire energia da sistemi fotovoltaici dotati di sistemi di accumulo. Con questi interventi, Berchidda stima di dimezzare le spese energetiche comunali e la diminuzione del 30% del costo energetico dei cittadini.

Il “Condominio Donatello” ad Alessandria  coinvolgerà come autoconsumo collettivo 109 utenze delle quali 95 residenziali, 6 a uso commerciale e circa 8 condominiali e distribuiti su sei blocchi adiacenti di sei piani ciascuno. Anche qui verrà installato un impianto fotovoltaico connesso a un sistema di accumulo.

Il Campus H-Farm di Roncade (TV), gruppo di autoconsumo costituito da 13 edifici, utenze prevalentemente domesti­che avente un unico POD (Point of Delivery) con la rete pubblica. Complessi­vamente saranno installati 11 impianti fotovoltaici da 3 kW ciascuno e 12 sistemi di storage monitorati ed ottimizzati tramite una piattaforma di controllo realizzata dall’azienda Regalgrid Europe S.r.l di Treviso.

Verona ha una storia di particolare attenzione alle innovazioni in campo energetico. Basti pensare alla costruzione del Canale Camuzzoni con le sua centrali idroelettriche (dal 1880), società elettrica (1898), alle reti di teleriscaldamento (1975), alle prime installazioni fotovoltaiche (1984), ai campi eolici (2006). La sua municipalizzata AGSM è stata lo strumento realizzativo di questa storia. Colpisce perciò l’attuale totale assenza della città nei temi della transizione energetica e della lotta ai cambiamenti climatici: le forme di autoconsumo collettivo appaiono come oggetti sconosciuti.

Un’eccezione si può trovare nell’intervento pubblico, nel gennaio scorso, del consigliere comunale Tommaso Ferrari del Movimento civico Traguardi che ha proposto all’amministrazione di farsi promotore di una Comunità energetica nel quartiere di Borgo Roma. Così il consigliere racconta la sua proposta e la sua esperienza: «Siamo di fronte a un cambiamento epocale. Le città saranno e dovranno essere le protagoniste assolute di questa transizione e per esserlo dobbiamo preparare il terreno affinché questa nuova stagione rappresenti un volano per la crescita e l’attrattività del sistema Verona. La transizione energetica non riguarda solo le tonnellate equivalenti di CO2 che emettiamo in atmosfera ma la competitività e la vivibilità dei nostri territori. In questo scenario ritengo assolutamente fondamentale sperimentare, come già stanno facendo altre città, il modello delle comunità energetiche che rappresenteranno uno standard per le città del futuro. Verona SUD è il contesto ideale dove cominciare questa piccola “rivoluzione”: un’area che oggi  è fortemente vocata al traffico per discutibili scelte urbanistiche e di viabilità condotte in passato, può diventare l’area di rilancio e innovazione per la nostra città. È questo lo sguardo al futuro che serve a Verona. Purtroppo la proposta non ha trovato udienza presso questa amministrazione».

Chi ha seguito il dibattito cittadino, e il confronto fra le forze politiche sul futuro della AGSM, non si sorprende per la mancata considerazione della proposta. Il ruolo della città e della sua municipalizzata nel contesto energetico che l’Europa del New Green Deal sta preparando è stato praticamente assente.