Sailing to Venice
Nel caldo di agosto stiamo veleggiando verso le elezioni regionali. prima che tutte le liste siano rese pubbliche, vediamo che succederà tra poco più di un mese nella nostra città
Nel caldo di agosto stiamo veleggiando verso le elezioni regionali. prima che tutte le liste siano rese pubbliche, vediamo che succederà tra poco più di un mese nella nostra città
La barca della politica sta veleggiando verso l’appuntamento più importante di quest’anno per il Veneto: le elezioni regionali. Il 20 e 21 settembre prossimi, infatti, si voterà non solo per il rinnovo del parlamentino regionale, ma anche per il referendum costituzionale con il quale i cittadini saranno chiamati a esprimersi riguardo al taglio di 345 poltrone parlamentari, 115 al Senato e 230 alla Camera. Almeno per quanto riguarda il Veneto i risultati sembrano scontati. Zaia, sospinto dalla narrativa del “Governatore che ha salvato il Veneto dal Covid”, verrà probabilmente riconfermato per la terza volta con percentuali bulgare ed è facile prevedere un plebiscito al “Sì” per il quesito taglio dei parlamentari. Tuttavia le consultazioni elettorali avranno delle conseguenze parecchio incisive sia nella nostra città sia più in generale nel panorama politico nazionale.
Partiamo da Verona. Pur non essendoci ancora liste ufficiali di candidature, i movimenti sono molti e significativi. I rumors, ufficiosi ma attendibili in quanto riportati su tutti i media cittadini, vedono parecchi big dell’attuale amministrazione intenzionati a migrare da Palazzo Barbieri a Palazzo Ferro Fini. Situazione questa che, unita alle insistenti voci di un rimpasto in Giunta potenzialmente in grado di coinvolgere fino a tre assessori, non è esattamente segnale di buona salute della compagine che governa la città. Partita con grandi proclami, la Giunta Sboarina ha successivamente segnato il passo, schiacciata come si è trovata a essere tra le difficoltà nella gestione dei numerosi “dossier” aperti e le tensioni al suo interno riguardanti temi fondamentali dell’amministrazione cittadina, dalla brutta grana del filobus a quella ancor più brutta dei progetti di aggregazione per AGSM.
Così diversi politici di spicco della scena scaligera, consapevoli che rimanere a far parte di una Giunta che pare girare a vuoto a lungo andare può risultare logorante, hanno visto nell’approdo a Venezia, dove la provincia di Verona porta nove consiglieri, l’exit strategy.
La Lega si trova a gestire diverse situazioni potenzialmente complicate. Prima fra tutte la competizione interna con la lista del governatore. La quale già cinque anni fa sopravanzò quella della Lega di 97.397 voti. Quest’anno il calo di dieci punti percentuali, che il partito di Salvini ha patito dalla “Crisi del Papetee” della scorsa estate in poi, rischia di far aumentare il divario di consensi in favore di Zaia, il quale non manca occasione per marcare le distanze dal suo leader nazionale. Un esempio su tutti? Salvini partecipa senza mascherina a un convegno di negazionisti del Covid? Zaia il giorno dopo afferma con decisione che le mascherine sono fondamentali. Inoltre il movimento deve registrare un po’ di “mal di pancia” di esponenti storici i quali, avendo messo gli occhi sui benissimo remunerati scranni di palazzo Ferro Fini, manifestano una (per ora) sotterranea insofferenza nei confronti dei salviniani dell’ultima ora che rischiano di metterli all’angolo. Situazione da bollino rosso.
Fratelli d’Italia è spinto dal travaso di consensi che ha ricevuto dalla Lega: i dieci punti percentuali persi da quest’ultima sono confluiti, almeno nei sondaggi, al partito di Giorgia Meloni, ma è difficile che nel Veneto ne veda una affermazione forte, dato il dominio esercitato nell’area di destra da Lega e Zaia. I big in campo che si giocano l’elezione sono quattro: l’immarcescibile Massimo Giorgetti, il quale tenta la sesta rielezione a Venezia, dopo essere stato quattro volte assessore e una vicepresidente del Consiglio regionale; il transfuga dal tosismo Stefano Casali, il presidente di Coldiretti Claudio Valente e l’assessore veronese alla sicurezza Daniele Polato. Quest’ultimo sembra essere quello con meno chance, perché il suo consenso è limitato alla città. Cinque anni fa il suo amico di lunga data Barini, successivamente piazzato alla presidenza di AMT, raccolse poco più di 1.000 voti portando di fatto nella competizione il brand di “Battiti” e pescando preferenze nel medesimo stagno dove presumibilmente pescherà Polato, il quale non sarà nemmeno aiutato dai risultati conseguiti fino a ora dall’amministrazione di cui fa parte, che stentano a vedersi. La partita presumibilmente sarà a due tra Casali e Giorgetti, con l’outsider Valente che qualora riuscisse a mobilitare tutti i consensi potenziali dell’associazione di cui è presidente, la quale in provincia di Verona ha circa 20.000 associati, potrebbe ottenere un risultato importante.
M5S nel panorama politico veneto ormai è ininfluente, pagando lo scotto dell’opzione “pro sud” del partito a livello nazionale, dove del resto raccoglie i 2/3 dei suoi consensi, e da Verona rischia di non portare nemmeno un eletto.
Il PD in provincia di Verona difficilmente riuscirà a portare a casa più di un eletto. Si sta spendendo molto la consigliera comunale Elisa La Paglia, ma è tutto da vedere quale sarà la risposta del suo partito, il quale sotto la superficie appare balcanizzato, come testimonia il pasticciaccio brutto del CdA di AMT, dove la strategia della consigliera che, per l’elezione di un membro del Cda, aveva stretto un accordo con M5S ed è stata pesantemente sconfessata dalla dirigenza. Per andare a Palazzo Ferro Fini occorrono almeno 5.000 preferenze e una figura politica poco nota fuori dalle mura della città di Giulietta, se non è supportata dal proprio partito, rischia di impantanarsi. Vedremo come andrà, ma di primo acchito Giandomenico Allegri pare avere le maggiori chance di elezione.
Nell’area Renziana abbiamo una vecchia conoscenza della politica cittadina, la consigliera regionale Orietta Salemi. Medaglia di bronzo al primo turno delle elezioni amministrative di tre anni fa, è recentemente approdata nella barchetta dell’ormai ex enfant prodige della politica Italiana, la quale affronta una navigazione solitaria verso Venezia. Consapevole che il candidato del PD Lorenzoni ha pochissime possibilità di vittoria (se non nulle) ha deciso di “pesare” il suo movimento che non riesce a sfondare sul piano nazionale nella competizione in una regione potenzialmente attenta a alcuni suoi temi, tipo quello delle scuole paritarie. E non dimentichiamo che la Salemi aveva costruito una rete di consensi importanti nel circuito delle parrocchie e dell’associazionismo cattolico.
Tra gli amministratori comunali degna di nota la candidatura del castigamatti delle amministrazioni di centrodestra Michele Bertucco per la lista civica di Lorenzoni, ulteriore dimostrazione che: a) dove si colloca nello spettro politico il candidato governatore del PD; b) di quanto lo stesso PD creda alla possibilità che il trono del doge sia contendibile.
Spettatore interessato nei giochi per le regionali: Tosi, il quale in un’intervista al nostro giornale aveva dichiarato che avrebbe sostenuto una candidatura di area centrodestra in un’ottica funzionale alle elezioni amministrative del 2022, dove è intenzionato a ripresentarsi. L’ex sindaco controlla cospicui pacchetti di voti, sia in città che in provincia. E il suo consenso personale dopo la sconfitta del 2017 appare in ascesa, quindi un suo endorsement potrebbe essere decisivo per lanciare verso Venezia qualche importante personalità cittadina appartenente all’area di centrodestra. Se ciò accadesse, la vera domanda sarebbe una sola: i fragili equilibri sui quali si regge la Giunta Sboarina reggerebbero all’invasione di campo di Tosi che si troverebbe di fatto alleato di uno dei movimenti che sostengono il sindaco?