Nel periodo gennaio-marzo  2020 la temperatura media globale della superficie terrestre e oceanica è stata di 1.15 °C  superiore alla media delle temperature dell’ultimo secolo, per l’intero globo terrestre è stato il secondo più caldo trimestre mai ricordato in oltre 140 anni. La media mondiale nasconde il fatto che per l’Europa e L’Asia è stato in assoluto il più caldo. Lo dice nel suo ultimo report mensile il NOAA  (National Oceanic and Athmosferic Administration)   organismo del Dipartimento Commercio dell’amministrazione americana  il quale, attraverso il suo centro di ricerca NCEI National Centers for Environmental Information,  segue l’evoluzione del clima.

Un momento del corteo degli studenti organizzato lungo le strade di Verona per manifestare contro il riscaldamento globale del 15 marzo 2019

L’NCEI è stata istituita per promuovere e proteggere l’ ambiente, la sicurezza, l’economia e la qualità della vita della Nazione Americana; da tempo mette a disposizione di tutti, con spirito collaborativo,  sicure e tempestive informazioni climatiche utilizzando per un monitoraggio continuo del pianeta satelliti e ogni aggiornato strumento di rilevazione. Lo  stesso report elenca ben otto eventi estremi e anomalie climatiche avvenuti nel mondo nel solo mese di marzo 2020, a confermare la stretta relazione fra la maggiore loro frequenza e l’aumento della temperatura del pianeta. Sappiamo però che l’aumento della temperatura terrestre non provoca solo situazioni di momentanea emergenza, è soprattutto un indice di progressivo cambiamento dell’habitat e delle condizioni di sopravvivenza per le vite che popolano il pianeta. Notiamo ormai la scomparsa di molte specie animali e vegetali, una drastica diminuzione della biodiversità, una progressiva desertificazione dei territori, riduzione della disponibilità di acqua dolce, un continuo disequilibrio relazionale fra i viventi a cui ascrivere anche l’attuale epidemia virale, scioglimento dei ghiacciai e innalzamento dei mari… Possiamo dire che, come il numero giornaliero di nuovi contagiati è un indice sintetico di pericolosità della epidemia da Covid19, la temperatura media terrestre è un indice di nostra vivibilità nel pianeta Terra. Più aumenta la temperatura del globo più progredisce la nostra pandemia ambientale.

Jeremy Rifkin

La pensa così anche Jeremy Rifkin, sociologo, scrittore di numerosi  libri dedicati modelli economici e sociali in equilibrio con l’ambiente che hanno anticipato i progressi della società industriale verso modelli più sostenibili. In una sua recente intervista alla rivista spagnola Telos della Fundación Telefónica, concessa in preparazione dell’incontro, poi cancellato, della COP25, si è espresso con la solita franchezza. Interrogato su  quale sarà l’impatto della crisi sanitaria ed economica causata dalla pandemia CoviD-19 così ha esposto a sua visione: «Tutto ciò che ci sta accadendo deriva dai cambiamenti climatici, che i ricercatori e io stesso avvertiamo da molto tempo. Negli ultimi anni abbiamo avuto altre pandemie e sono stati emessi avvisi che potrebbe accadere qualcosa di molto grave. L’attività umana ha generato queste pandemie perché abbiamo alterato il ciclo dell’acqua e l’ecosistema che mantiene l’equilibrio sul pianeta. Le catastrofi naturali, pandemie, incendi, uragani, inondazioni… continueranno perché la temperatura sulla Terra continua a salire e perché abbiamo rovinato il suolo».  Ma Rifkin subito aggiunge: «Questa è una chiamata di allarme per tutto il pianeta e dobbiamo essere in grado di costruire le infrastrutture che ci consentono di vivere in modo diverso. Dobbiamo presumere che siamo in una nuova era. Se non lo facciamo, ci saranno più pandemie e catastrofi naturali. Siamo di fronte alla minaccia di estinzione» […] «Siamo di fronte alla sesta estinzione e la gente non lo sa nemmeno». Prendere coscienza di questo rischio significa pensare all’impegno post Covid 19 come un volano per una ripresa economica di molti Paesi ma a patto di abbandonare rapidamente l’attuale modello economico basato  sui combustibili fossili, causa dell’aumento di temperatura terrestre.

Joseph Stiglitz

A sostenerlo anche un pool di economisti di fama mondiale, tra cui il premio Nobel ed ex capo economista della Banca Mondiale  Joseph Stiglitz. In un rapporto pubblicato il 4 maggio dalla Oxford Review of Economic Policy, dal titolo Will Covid-19 fiscal recovery packages accelerate or retard progress on climate change? , vengono proposte cinque politiche con un elevato potenziale sia come effetto moltiplicatore sull’economia che come impatto sul clima: infrastrutture pulite, efficientamento energetico degli edifici, investimenti in istruzione e formazione, investimenti in capitale naturale (spazi verdi e infrastrutture naturali), ricerca e sviluppo in settori puliti. La misura che hanno valutato come meno efficace dal punto di vista economico e più negativa per il clima è il salvataggio delle compagnie aeree, seguita da infrastrutture di trasporto tradizionali, taglio delle imposte sui redditi, riduzione dell’Iva e altre tasse su beni e servizi e politiche di sostegno alle campagne. Le misure più efficaci sono, nell’ordine, investimenti nella sanità, prevenzione e preparazione alle calamità, investimenti in R&S per tecnologie verdi, salvataggio di istituzioni non profit e investimenti in energie rinnovabili.

Luca Dal Fabbro

Più vicino a noi,  un piccolo ma significativo annuncio di questi giorni, ci dice che anche il mondo finanziario si sta preparando al cambiamento. L’ingegner Luca Dal Fabbro, presidente di Snam (azienda con un ruolo centrale nel sistema energetico ed economico dell’Italia), nel lasciare volontariamente l’incarico ha dichiarato:  «Ritengo che, alla luce della crisi generata dal COVID-19 e dell’emergenza ambientale globale, sia venuto il momento di spendersi in prima persona nel rilancio nel Paese di una economia sostenibile: per questo avvierò il primo fondo italiano di private equity focalizzato 100% sull’economia circolare, con investimenti certificati per livello di circolarità da ente terzo indipendente».

Viviamo un momento di discussioni radicali e nel  post Covid-19 saremo chiamati a prendere decisioni importanti. A Verona siamo in attesa del  PAESC (Piano Azione Energia Sostenibile e Clima)  che il Comune si prepara a varare  entro Giugno 2020  e conoscere così le azioni  con le quali ci impegneremo a ridurre, entro il 2030, le emissioni di CO2 della città del 40%. Tornare al vecchio modello di “business as usual”, salvando attività obsolete, poco efficienti e inquinanti,  confermando un modello economico e uno stile di vita che quella crisi hanno provocato, sarebbe uno spreco di risorse e perdite di opportunità  che le future generazioni non ci perdoneranno.

Foto di copertina di Sarah Baldo