Quaglia: «Bene la Dad, ma i ragazzi hanno bisogno di relazioni.»
L'appuntamento di "Succede alle 31" sulla scuola ha scandagliato il valore della didattica a distanza, tra tecnologia e inclusione.
L'appuntamento di "Succede alle 31" sulla scuola ha scandagliato il valore della didattica a distanza, tra tecnologia e inclusione.
Il Covid-19, da quando è comparso in Italia due mesi fa, ha letteralmente sconvolto tutti gli ambiti del vivere sociale ed economico e anche la scuola è stata inevitabilmente travolta da questa inaspettata emergenza sanitaria. Ma come ha reagito dopo il primo stop? Come si è organizzata? E cosa succederà nelle prossime settimane, dopo il Decreto Scuola varato dal governo il 9 aprile, con le valutazioni di fine anno scolastico e gli esami di Stato? Cosa accadrà a settembre, quando in teoria le attività scolastiche dovrebbero riprendere più o meno regolarmente? Le incognite, ad oggi, sono ancora tante e proprio per cercare di fare chiarezza su almeno alcuni di questi aspetti abbiamo voluto parlarne, nell’appuntamento quotidiano “Succede alle 31” organizzato dalla redazione di Heraldo, con Stefano Quaglia, fino al 2018 direttore dell’Ufficio scolastico provinciale di Verona, dopo essere stato per dodici anni professore di latino e greco al Liceo classico Maffei e per altri dodici anni preside del Liceo Guarino Veronese. Nel suo ricchissimo curriculum, peraltro, vanta anche quindici anni da dirigente tecnico e amministrativo dell’Ufficio scolastico ministeriale. Insomma, la persona giusta per dipanare un po’ di nebbia.
«Grazie all’entusiasmo e la disponibilità dei docenti possiamo dire che la scuola ha generalmente reagito bene all’emergenza, anche se ci sono i presupposti per un ulteriore miglioramento» ci ha spiegato. «Per la Didattica a Distanza abbiamo riscontrato alcune differenze fra regione e regione, visto che in alcune aree del Paese non si può disporre di linee di connessione forti sulle quali organizzare i collegamenti. In questo senso c’è stato il decisivo contributo della Rai che è intervenuta con trasmissioni molto interessanti per i ragazzi.»
La TV, insomma, riesce ancora a supplire laddove i sistemi informativi ancora non arrivano, evidenziando ancora una volta la necessità di una maggiore omogeneizzazione di tutto il sistema scolastico e tecnologico nazionale. Il nostro, d’altronde, è un Paese complesso, che per certi aspetti soffre più di altre realtà in Europa. Quaglia, poi, ha proseguito parlando di come attraverso i tablet, i telefonini o i pc a disposizione delle famiglie, la stragrande maggioranza dei ragazzi abbia risposto positivamente alle sollecitazioni degli insegnanti. «Questa, però, è una situazione che ormai si prolunga dagli inizi di marzo. Il mezzo tecnologico è un surrogato e va usato solo in situazioni particolari o per integrare il normale svolgimento delle lezioni. I ragazzi, forse più degli adulti, hanno bisogno di relazioni e di intrecciare i loro percorsi, per crescere. Nel sistema scolastico e sociale non c’è un rapporto biunivoco tra livello sociale della famiglia e capacità degli studenti: ci sono ragazzi che hanno usato questi strumenti per non perdere i contatti e mantenere il loro impegno scolastico, ma pure chi non era motivato o non se la sentiva di partecipare attivamente e in questo senso qualche problema è stato riscontrato. C’è un comportamento che io definisco “apprenditivo”, che non è quello della condotta, che è indicativo dell’atteggiamento positivo del ragazzo. Ecco, diciamo che questi strumenti tecnologici in qualche modo mettono in evidenza e in qualche caso amplificano l’atteggiamento dell’allievo, in un senso o nell’altro.»
La chiacchierata, anche grazie al contributo del collega di Heraldo Stefano Magrella, che ha raccontato la sua esperienza di docente di Lettere in questo delicato periodo, è rimasta ancora sull’apporto della tecnologia che non può diventare uno strumento attraverso cui costruire la formazione e l’istruzione di uno studente. «Questi sono mezzi di comunicazione e informazione – commenta infatti Quaglia. – Possono essere usati per la costruzione di cultura, ma non sono strumenti deputati alla formazione, che si veicola grazie alla relazione e ai contesti oggettivi, e all’istruzione, che passa dalla capacità del soggetto di costruire la propria cultura. Da questi strumenti possono arrivare stimoli che se non sono accolti dal soggetto non risultano produttivi. Se questi stimoli rimangono online e non si concretizzano poi in esperienze “reali” rischiano comunque di rimanere solo virtuali.»
L’intervista è proseguita poi sul complicato tema delle valutazioni, dell’organizzazione scolastica in vista della ripresa a settembre e del Covid-19 come un’occasione, per alcuni aspetti, per imparare e ripensare a un sistema scolastico il più inclusivo possibile. Per assistere all’intervista completa cliccare sul link sottostante.