È indubbio che tutto quello che stiamo vivendo in questo momento può essere equiparato ad un vero e proprio tsunami esistenziale: chiusi nelle nostre case tutti noi ci domandiamo quale sarà il nostro destino e soprattutto come cambierà la nostra vita. Naturalmente, oltre ai grandi interrogativi, si affollano nella testa moltissime altre questioni attinenti alla gestione quotidiana delle nostre economie personali, questa rubrica nasce proprio al fine di poter dare una mano fornendo risposte, senza la pretesa dell’esaustività, rispetto a comuni problematiche legate ai contratti a cui tutti, chi più chi meno, siamo legati. Partiamo da beni essenziali quali la casa e gli immobili dove si svolge attività commerciale, ci occuperemo quindi dei contratti di locazione abitativa e di affitto ad uso commerciale. Le domande su questo argomento sono molte ed il dubbio più comune è se si debba o meno pagare il canone in questo momento particolare.

Ma iniziamo con ordine. All’interno del D. L. 6/2020 all’art. 3, dopo il comma 6, è stato inserito (dal D.L. 18/2020, art. 91) il seguente inciso: «6-bis Il rispetto delle misure di contenimento di cui presente decreto è sempre valutata ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi adempimenti».

Il significato di questa norma “emergenziale” è che viene considerato giustificabile il ritardato o mancato pagamento (qui in senso generale) a condizione che esso sia conseguenza delle misure autoritative per il contenimento della pandemia. In poche parole, per esempio, se non riusciamo a pagare il canone di locazione, sia di casa che dell’esercizio commerciale, perché la nostra attività è stata chiusa in ottemperanza di uno dei vari decreti sul Coronavirus allora il nostro inadempimento potrà essere considerato “giustificato”.

Attenzione però: questo non vuole dire affatto che il canone non sia più dovuto, esso dovrà essere saldato alla fine dell’emergenza, ma su di esso non potranno essere applicati interessi di mora né richiesto nell’immediatezza un provvedimento di sfratto. Va ricordato peraltro che l’art 91 del D.L. 18/2020, sopra citato, non è che una norma speciale, la quale specifica e rafforza norme generali già contenute nell’ordinamento giuridico italiano. In primis si possono ricordare i principi di buona fede e tutti quelli costituzionali che riguardano la solidarietà sociale, i quali fanno sì che la situazione contingente non possa che esser presa in considerazione, anche nella sfera di ogni singolo contratto giuridico, rendendo differibili gli adempimenti relativi, qual è il pagamento del canone.

Si evidenzia anche che, riguardo ai contratti in generale, nel Codice Civile sono previste norme sia sull’eccessiva onerosità sopravvenuta (art. 1467) sia sull’impossibilità della prestazione (art. 1256). Entrambi gli articoli con un’approssimazione grossolana (per ogni norma infatti andrebbe soppesato l’intero dettato e posto in relazione con la fattispecie concreta) significano che, nei casi da noi contemplati, il conduttore ha diritto di risoluzione contrattuale se il canone risulta impossibile da pagare o eccessivamente costoso. Anche qui bisogna porre l’accento sul fatto che lo scioglimento del contratto porterà a una liberazione dal canone solo per il futuro e dovrà ovviamente essere liberato l’immobile. Al di là dei profili civilistici, nella legislazione “emergenziale” emergono due elementi interessanti a livello fiscale:

1) inquilini e proprietari possono accordarsi per una riduzione del canone di locazione al fine di evitare al proprietario di dover pagare le imposte sui canoni non riscossi. La possibilità di ridurre il canone in caso di difficoltà di pagamento da parte dell’inquilino è ammessa per ogni tipologia di locazione (a uso abitativo e commerciale), non ci sono differenze in riferimento alla durata del contratto, né al regime di tassazione (ordinario o cedolare secca) e non sono dovute spese di registrazione né di bollo. Unica condizione è che l’accordo sia registrato entro 30 giorni: esso può essere inviato on-line anche senza pec e inoltre è possibile attendere la riapertura degli uffici dell’Agenzia delle Entrate in quanto lo slittamento dei termini a causa del Coronavirus riguarda anche la registrazione degli atti;

2) l’art. 65 del D.L. 18/2020 ha decretato: «Al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da  COVID-19,  ai soggetti esercenti attività d’impresa è riconosciuto, per l’anno 2020, un credito d’imposta nella misura del 60 per cento dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1». È quindi previsto un credito d’imposta per botteghe e negozi che abbiano pagato il canone a marzo e si attende la medesima previsione anche per il mese di aprile.

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