La Serie D e il dopo-virus
Il calcio vive un momento di grande incertezza, ancor più evidente nella quarta serie italiana, con migliaia tra atleti e tecnici dilettanti spesso solo sulla carta
Il calcio vive un momento di grande incertezza, ancor più evidente nella quarta serie italiana, con migliaia tra atleti e tecnici dilettanti spesso solo sulla carta
Il mondo del calcio “semiprofessionistico” oggi è un luogo dove non esiste alcuna certezza. Il pallone è scomparso dal centro del campo da quasi due mesi e con esso anche qualunque idea di trascendenza. Il lockdown esteso fino a domenica 3 maggio significa, in termini spicci, che i campionati di Serie C e D – per quanto appartenenti di fatto a due “leghe” differenti – potrebbero ancora ripartire. Del resto, lo stesso ministro Vincenzo Spadafora ha confermato questa probabilità «nel più rigoroso rispetto delle prescrizioni di sicurezza che saranno individuate d’intesa con le autorità sanitarie e gli organismi scientifici».
Se ne sono lette di cotte e di crude: non è semplice immaginare come poter ripartire, ma nemmeno come, o meglio in che modo, chiudere la porta sulla stagione 2019/20, che in D vede impegnati sedici sodalizi veneti di cui cinque della sola provincia di Verona (Ambrosiana, Caldiero, Legnago, Vigasio e Villafranca). Le fazioni sono più d’una: quella di club che hanno fatto investimenti importanti; quella dei giocatori, combattuti tra la necessità di uno stipendio e il rischio di finire in ospedale; quella di taluni presidenti che, già in difetto con il rispetto degli accordi economici presi con i loro tesserati, vedrebbero di buon occhio un salvagente che comporti il congelamento delle classifiche e l’annullamento della stagione. In Lega Pro ma anche in Serie D, dove la maggioranza dei calciatori vive di questi stipendi, la situazione è più complessa rispetto a quella dei due maggiori campionati. La sovranità dell’incertezza sui campionati della stagione in corso trova un punto di possibile intesa nelle parole del ministro che, attraverso un comunicato, ha ventilato la possibilità che il calcio possa ancora una volta «offrire una prospettiva pionieristica alla società tutta grazie a un “adattamento” del sistema sportivo al rischio Covid-19, specie se questo non potrà dirsi del tutto sotto controllo nei mesi a venire».
Tra coloro che vorrebbero concludere i campionati ci sono i vertici della Lega Nazionale Dilettanti. Il presidente Cosimo Sibilia ha dato voce a chi non disprezzerebbe di evitarsi la responsabilità di decidere cosa fare con promozioni e retrocessioni, qualora non si riuscisse a continuare. Divisi invece i calciatori, tra i quali va però considerata la posizione di coloro che non posseggono altre entrate e guadagnano cifre proporzionali al loro blasone, accomunando i membri di staff tecnico, magazzinieri, medici, gestori dei punti di ristoro e tutte quelle figure di cui poco si scrive ma che vivono con il calcio. Il partito più numeroso è in apparenza quello contrario alla ripartenza: si tratta in maggioranza di club sostenuti da imprenditori del nord che, con ogni probabilità, hanno dovuto ricorrere alla cassa integrazione a causa del blocco delle attività delle loro aziende. Società sportive che realisticamente incontreranno difficoltà anche ad organizzare la stagione che verrà. A loro vanno aggiunte anche potenzialmente quelle che, avendo raggiunto il proprio obiettivo in campionato, vedrebbero di buon occhio risparmiare tre mensilità evitando di rischiare la salute dei propri tesserati per giocare una manciata di partite inutili ai fini della classifica.
Presto spiegato dunque perché stia per ora prevalendo la linea del no decision che verosimilmente porterà a una soluzione indipendente dalle volontà delle federazioni. Il tempo stringe: le giornate da disputare sono undici e i contratti dei calciatori scadranno il 30 giugno, salvo che si decida di intervenire sul loro prolungamento al fine di rimettere a tutti quanti le scarpette e di chiudere tutto giocando due o tre partite a settimana. Il congelamento della stagione 19/20 metterebbe poi in discussione alcune regole sul come ripartire, al di là del quando: tra queste, pesa certamente quella della gestione degli Under in LND. Si tratterebbe in questo caso di capire se i campionati potranno considerarsi statisticamente mai disputati o più probabilmente “interrotti”. Tanto quanto le tre serie maggiori, al quarto livello del calcio italiano tornare a vivere è un obiettivo vitale. Come farlo, però, non è ancora per nulla chiaro.