Sono una mamma. Una mamma acerba, a dirla tutta, perché mia figlia compie oggi quattro mesi e sto scrivendo per lei un diario allo scopo di raccontarle queste settimane di reclusione a causa dell’emergenza sanitaria. Lo scrivo a mano, come un vero diario, e quando lo leggerà saremo fuori pericolo o forse minati da altri pericoli, ma spero meno difficili da combattere rispetto a questa terribile pandemia.

Per i suoi quattro mesi abbiamo in programma una cena su whatzapp con nonni, zie e cuginette. Lei sta imparando a riconoscere dallo schermo del cellulare tutti i suoi cari e le amiche e amici di mamma e papà, con i quali si improvvisano sabato sera alternativi, cenando insieme o facendosi un aperitivo virtuale. Si ride un po’, si sdrammatizza, ma abbiamo paura.

Tutti. Nessuno escluso.

Forse anche la nostra piccola ha paura chissà. Di sicuro sente che c’è qualcosa di nuovo, di strano, una nuova modalità sociale che anche a lei preclude il contatto umano che per ora, sperando le basti, è solo con mamma e papà.

A volte penso che studierà sui libri di storia questo periodo e potrà dire “Io c’ero”. Certo non avrei mai desiderato lo dicesse, ma per ora cerchiamo di vivere alla giornata non pensando a quanto durerà. In fondo dicono che la routine faccia bene ai bimbi piccoli… e di routine, in questi giorni, ne abbiamo tantissima, forse troppa. A volte mi sento instabile, a volte triste, a volte, invece, fortunata perché stiamo bene, i miei cari e gli amici stanno bene e la piccola cresce sorridente.

Non potersi muovere e non avere contatti porta anche dei benefici: scopri risorse di te e della tua famiglia che pensavi di non avere, impari a fare tutto con lentezza e anche il cambio di pannolino diventa un piccolo evento, una sorta di diversivo, e la quantità di cacca prodotta è un qualcosa da annotare quotidianamente e condividere con parenti in videochat.

Io e mia figlia eravamo abituate a uscire tutti i giorni, anche con la pioggia perché lei, come me, ama camminare e stare in giro. È curiosa e si guarda intorno. Ora si guarda intorno, ma vede sempre le stesse stanze di casa, gli stessi quadri, lo stesso disordine (che grazie al virus è diminuito perché mettere in ordine è il non plus ultra del passatempo) e il giardino nella corte davanti casa, che mostra i primi segnali di una primavera incombente.

Ci si sente un poco in colpa, oggi, ad avere una corte privata dove non c’è nessuno e quindi nessun rischio contagio, ma è ben difficile tenere chiuso in casa un bambino. Si tratti di un neonato o di un bimbo più grande.

Ecco. Francamente non capisco perché si possano portare fuori i cani e i bambini no… davvero questo non lo capisco. Certo, evitare i rischi per loro e per noi è sacrosanto, ma i bambini hanno bisogno di uscire, di svagarsi, più di un adulto che può comprendere meglio lo stare in casa, tranquillo a bersi un bicchiere do vino o leggere un libro, guardare un film o semplicemente sonnecchiare.

Con un neonato questa reclusione rischia di generare difficili conseguenze psicologiche per noi neo mamme. Non lo dico perché non comprendo la pericolosità del momento o non tengo in considerazione che stanno morendo migliaia di persone, ma perché si cerca di raccontare e raccontarsi la realtà che ci circonda semplicemente per come siamo e per cosa stiamo vivendo. E io, come tante neo mamme, sono in difficoltà. Alterno ansia a preoccupazione, ma cerco di sorridere delle piccole cose e godermi la piccola che rischia di crescere pensando che le persone siano da evitare o che si possano vedere soltanto attraverso uno schermo. Esagerata, mi dicono (via WhatsApp, ovviamente), ma tant’è.

Ce la farò, ce la faremo, è un sacrificio fattibile e importante per tutti, ma sono venute a mancare reti sociali fondamentali per i mesi più complessi che affronta chi ha appena partorito. Il fantasma del baby blues e della depressione post partum sono dietro ogni spigolo di casa, dietro ogni confezione di disinfettante, mascherina e guanti di lattice seminati in giro. Il che, sommato all’ansia per questo terribile virus, diventa un cocktail diabolico. Da un certo punto di vista avere mariti o compagni sempre in casa aiuta… almeno finché non si scivola nella “non sopportazione” reciproca a causa della prigionia forzata.

A dura prova tutto, dunque.

Alcune strutture di supporto attivate appena dopo il parto, tra cui Il Melograno storico centro veronese di suporto alla maternità e genitorialtà, hanno deciso di organizzare fortunatamente i corsi e gruppi di supporto alle neo mamme attraverso piattaforme digitali. Quindi santo Zoom, santo WhatsApp, santo Google Meet e chi più ne ha più ne metta.

Ci si ritrova una volta a settimana in collegamento e siamo piccole piccole come i nostri bimbi. Stiamo lì  qualche oretta, nel tentativo di riflettere come quando eravamo tutte in cerchio, sedute su comodi cuscini sorseggiando delle tisane tutte insieme con i nostri racconti di allattamento, ragadi, cacche, sondini, notti insonni, dermatiti e pensieri pesanti sul fatto di essere adeguate o meno come mamme. Ora lo facciamo online e tra alcune mamme sono nate amicizie importanti, che hanno sostituito la presenza di nonni e parenti, che purtroppo non si possono vedere e toccare. Nemmeno tra queste mamme ci si vede, ma ci si sente tutti i giorni anche per un semplice “Come va?” o lo scambio di consigli su acquisti online, su come pulire le orecchie del pargolo, sui progressi nel pianto pre-sonno, o sui tentativi di evitare che la tetta diventi un ciuccio.

Si perché noi neo mamme di virus parliamo, ma anche “lui” viene un poco in secondo piano rispetto ai bisogni del bebè e quindi vai di selfie appena sveglie, facce sfatte, ricrescita pesante che sarà affrontata con tinte da supermercato, in tuta o pigiama …ma in fondo che differenza c’è per noi rispetto a quando il virus non c’era? Eh già, nessuna da un certo punto di vista, se non fosse per quella parola vietata e contesa oggi tra interpretazioni varie su decreti, attività motoria e sport.

Avevamo aperto una chat mesi fa, dal nome pericolosissimo oggi: “A passeggio col bebè”. Pericolosa perché le uniche passeggiate possibili per alcune di noi, oggi, sono sui balconi (se li hai), giardini e corti private per le più fortunate. In certi casi ci si industria nei garage, negli spazi comuni dei condomini a turno con altre famiglie o persino negli stalli dedicati alle auto davanti a casa. Per non andare troppo lontano. E nel frattempo sogniamo gite e passeggiate da “Tutti insieme appassionatamente”.

So che sto per dire qualcosa che farà arrabbiare in molti e in molti diranno che in Cina hanno vinto il virus perché per un mese intero sono stati letteralmente barricati in casa, ma la dico lo stesso: fate fare una passeggiata al giorno alle mamme coi bambini. Abbiamo sale in zucca abbastanza per capire che non andremo in centro in piazza a fare capannello ma magari solcheremo il marciapiede intorno a casa, al massimo le vie che circondano l’abitazione ma lasciateci uscire senza sentirci delle pazze, fuori legge e incoscienti.

Ecco l’ho detta. E ora lapidatemi.