È ancora un paese per vecchi
Gli italiani sono allergici alle regole. Ma in questo caso risulta vitale rispettarle. Per il bene di tutti, ma in particolare per il bene di quella generazione di nonni su cui ancora si regge questo Paese.
Gli italiani sono allergici alle regole. Ma in questo caso risulta vitale rispettarle. Per il bene di tutti, ma in particolare per il bene di quella generazione di nonni su cui ancora si regge questo Paese.
È un’allergia. Endemica. Ci chiedono di rispettare quattro regole e mostriamo subito insofferenza, ce ne infischiamo, malediciamo i decreti, e da sessanta milioni di commissari tecnici, ci scopriamo sessanta milioni di virologi, immunologi, e scienziati. Ognuno con la sua diagnosi, ognuno con la sua ricetta. Benvenuti nella meravigliosa Repubblica de La Sapienza. Tuttologa, saccente, e menefreghista.
Al governo non avremo Roosevelt, De Gaulle o Churchill, ma ce lo hanno ripetuto in tutte le salse: «State a casa il più possibile. Se uscite, evitate i luoghi affollati e mantenete distanze di sicurezza». Nel paese delle bugie e dei misteri irrisolti, per una volta che abbiamo per governanti gente che avrà tutte le pecche che volete, ma perlomeno sceglie la via della trasparenza, noi che facciamo? C’infastidiamo. «Fantastico, Superfantastico» canterebbe Heather Parisi. È un momento assai difficile, d’accordo; da quando questo ‘carognavirus’ se ne è impossessato, non siamo più padroni delle nostre vite; d’accordo pure su questo. Però mica ci han chiesto si scalare l’Everest a mani nude. E su, dai. Qualche giorno fa hanno beccato un tizio fuggito dalla zona rossa del padovano, non per motivi di lavoro (magari), e nemmeno per ragioni di cuore (almeno sarebbe stata una storia romantica); il signorotto era andato a sciare in Trentino; sfiga (per lui) ha voluto che cadesse e si rompesse un femore; e così lo hanno cuccato con gli sci nella marmellata. Curatelo e tapiratelo.
Non fosse ancora chiaro, l’emergenza sta nei posti che si stanno esaurendo sui lettini delle sale rianimazione negli ospedali. L’emergenza sta soprattutto nelle vite a rischio degli anziani. «Tutto sto casino, sto allarmismo per un virus che colpisce solo i vecchi» ti tocca sentir dire. Roba che oltre a far male, ti fa accapponare la pelle e ti fa pure pure incazzare. Val allora la pena di far luce su un punto. Se ce lo fossimo dimenticati, tutto quello che abbiamo e di cui godiamo, viene da quanto i nostri vecchi hanno seminato e coltivato anni e anni addietro. Il mondo era steso per terra sotto le macerie, loro si son rimboccati le maniche e lo hanno rimesso in piedi, con tenacia tra mille sacrifici.
Ma il presente, non è poi tanto diverso: se a qualcuno sfuggisse, il nostro è un paese che molto si regge sull’apporto dei nonni: sono al centro della vita familiare, con un ruolo attivo e di sostegno finanziario per figli e nipoti, molto di più quanto si pensi. Un recente sondaggio Ipsos, ha infatti dimostrato come il 40% dei nonni, aiuti economicamente i suoi figli o altri membri della famiglia, contro la media europea del 24%; i nonni svolgono un ruolo diretto nelle faccende domestiche, dalla semplice spesa all’accudimento dei nipoti. Aiutano nel disbrigo delle incombenze domestiche, ospitano i familiari durante le vacanze, propongono e organizzano le riunioni di famiglia. Solo per fare qualche banale esempio.
Bene, che vogliamo fare? Abbandonarli al loro destino per dare la precedenza ai nostri vili egoismi? La verità è che noi tutti a quella generazione che si fece in quattro per donarci un futuro, dobbiamo qualcosa. Dire solo «grazie» non basta. Ora è venuto il momento di farlo coi fatti, più che con le parole. Proteggendoci, proteggiamo loro e chissà quante altre vite, perché una sala di rianimazione è un diritto di tutti che non ha età. Tutto lì. Basta poco, in fondo. La grandezza di un popolo si misura dai piccoli gesti. Serve solo un po’ di amorevole gratitudine e senso di responsabilità. Questo è ancora un paese per vecchi. Vivaddio.