Ogni momento della nostra vita è musica, siamo in effetti costruiti intorno al ritmo del nostro cuore. Abbiamo quindi deciso di portare i nostri lettori in un viaggio all’interno dell’ambiente musicale cittadino, con una serie di pezzi che approfondiscono il tema a molteplici livelli. Cercheremo di investigare le tematiche d’attualità, l’offerta cittadina di musica, distinguendo tra i tanti generi, e le opportunità di sviluppo di un ambito che per noi veronesi è parte del DNA.
Da qualche tempo si è tornato a parlare del Parco della Multimedialità e della Musica, un’opera che, secondo il Consigliere Comunale Andrea Velardi, permetterà a Verona di fare un salto culturale che la proietti verso il futuro della gestione dell’intrattenimento ad ampio spettro.
«L’idea nasce fin dalla mia campagna elettorale; quando ho deciso di candidarmi, ho tentato di capire cosa serve alla nostra città per evolversi, per attrarre un turismo nuovo e diverso. È innegabile che Verona costituisca un’eccellenza per la lirica, anche quest’anno il programma è interessante e attrattivo; e l’Arena viene usata in parte anche per concerti extra-lirica, portando ogni anno artisti di fama nazionale e mondiale, in un mix di comprovato successo. Banalmente, però, tutto questo è fruibile per pochi mesi all’anno e resta un enorme gap sia stagionale che relativo a quegli eventi mainstream che attirano grandi numeri e non possono, per gli ovvi limiti monumentali e logici, trovare spazio nell’Arena. Una città come la nostra, terza in Italia per flussi turistici e con una spiccata vocazione per lo spettacolo non ha un contenitore dedicato alle grandi manifestazioni.»
In effetti, in città non sono molti gli spazi in grado di accogliere le folle di un concerto rock o di un festival di musica elettronica.
«Esatto. Bologna per esempio ha la Unipol Arena, studiata per la musica; il nostro palazzetto, a parte la capienza inferiore, ha un’acustica migliore solo di quella del Bentegodi, è impensabile attirare artisti di rilievo in un contesto del genere. Senza dire poi che essendo una struttura molto vissuta dalle società sportive, va ricercato ogni volta un accordo tra tutti gli utenti, un incubo. E più o meno lo stesso avviene con la Fiera, che di spazio ne avrebbe anche, ma studiato per altro e difficilmente adattabile.»
Quindi l’idea del Parco. Come vi siete mossi?
«Con gli assessori all’Urbanistica, Ilaria Segala, e al Patrimonio, Edi Maria Neri, abbiamo studiato l’esperienza di altre città, abbiamo visto di persona cosa si può fare avendo spazi dedicati alla musica e alle nuove tecnologie. Poi, abbiamo identificato aree disponibili a ospitare, nel rispetto della normativa, un progetto come il nostro. Il primo focus è stato sul Consorzio ZAI, l’area C2. Lo stesso della grande polemica su Ikea, per capirci. Quel progetto non si poteva fare, in quanto area adibita a commercio, perché si sarebbe dovuto trovare l’accordo di 40 comuni e chiedere una variante al PAQE. Ma nel C2 è già prevista la possibilità di realizzare “insediamenti ad alta innovazione tecnologica”, un iter molto più semplice. Il Comune scrive alla Regione, proponendo un’iniziativa, indicando la serie di attività desiderate nell’ambito permesso, e la Regione valuta e determina se è adatto. Come amministrazione abbiamo fatto la nostra proposta e la Regione ha inviato una lettera al Comune dando il via libera al parco.»
Cosa troveremo in questo nuovo polo artistico e tecnologico?
«Molte cose in effetti. Ci sarà ovviamente un’arena coperta e scoperta, utilizzabile in moduli progressivi a partire da 1.500 fino a 12.000 posti, per ospitare concerti, festival, eventi, ma anche musical – che a Verona sono praticamente assenti. Faremo poi un’Accademia di produzione musicale, una vera scuola di formazione con annesso campus per gli studenti; il museo della musica, la storia degli strumenti dai più antichi fino a quelli ultra-moderni. Vogliamo portare mostre di arte contemporanea su temi innovativi, sfruttando tutte le piattaforme tecnologiche a disposizione, e lanciare progetti per stimolare la creatività degli artisti e degli utenti stessi.
Abbiamo in mente utilizzi futuristici di realtà aumentata e realtà virtuale, applicati alle opere liriche (tipo “vivere” un Giulietta e Romeo dall’interno) ma anche ai concerti concerti in ologramma; potremo fondere il variegato mondo del gaming con musica e arte. Le possibilità di uno spazio come il nostro sono davvero infinite, per la sua adattabilità alle dimensioni e forme richieste dalle diverse iniziative. Sarà totalmente inclusivo, senza barriere e raggiungibile dai mezzi pubblici, in modo da poter essere trasversale a tutte le età. Come Lega, teniamo molto ai progetti di aggregazione tra i bambini e gli anziani, ad esempio, e nel Parco potrebbero trovare un luogo ideale.»
Un’opera di questo tipo potrebbe essere vista, da alcuni, come in concorrenza con la stagione lirica in Arena, con l’offerta del Teatro Romano e con i teatri cittadini, che lavorano in inverno.
«In realtà non credo tolga gente a nessuno. Più proposte, una maggiore offerta e più diversificata possono solo attrarre maggiormente i visitatori, dirottare l’attenzione anche su aree ora non qualificate, spostare fisicamente le persone in zone diverse dalle vie del centro. E poi, niente può competere con l’unicità dell’anfiteatro, la notte speciale che si può vivere lì, che sia opera, balletto o concerto rock. Ci sarà una nuova alternativa, diretta a un pubblico diverso ma anche no. Penso, per esempio, ai DJ, sono loro adesso che veramente smuovono le masse. Ti immagini fare un evento del genere in Arena? La musica a tutto volume, suonare fino a mattina… serve un luogo giusto. Nel Parco della Multimedialità e della Musica, io, una tappa europea di Sensation White la vedrei, quattro giorni di festival elettronico non darebbe fastidio a nessuno e porterebbe tantissima gente a scoprire la nostra città o a guardarla con occhi nuovi. Un altro esempio è il festival latino americano, che il Forum di Assago ci ha “portato via” offrendo tutto quel che qui mancava: una location, strutture a supporto, orari liberi, poche regole e poca burocrazia.»
Che sono poi le malattie incurabili di cui si lamentano tutti i locali che vorrebbero offrire concerti ma si devono limitare al duetto in acustico. Non si può far niente per aiutarli?
«Dire che non ci sono posti dove far musica è un luogo comune. Il fatto è che la città li vive come problemi anziché come risorse, di visibilità e anche economiche. Alle Cantine dell’Arena suonano 5 giorni a settimana, al Mad’inItaly due/tre volte, ci sono poi un sacco di posti più piccoli tra Veronetta e la prima cintura della provincia. Certo che serve sostenere gli esercenti e snellire gli adempimenti. Ti posso dire in anteprima, ne sono molto fiero, che Verona avrà presto uno Sportello Unico per il Pubblico Spettacolo, dove le richieste per qualsiasi tipo di evento, dalla musica alle sagre, verranno gestite in modo più semplice ed efficace. Stiamo lavorando a questo da quasi due anni e siamo ormai alle fasi finali. Andrebbe rivisto il regolamento sul rumore, introducendo eccezioni limitate nel tempo, in modo da permettere lo svolgersi di eventi di strada (a me viene in mente il CaregaJazz – nda) senza che i residenti possano di fatto vanificare il duro lavoro di chi organizza. Se vivi in centro, vivi in un posto bellissimo che per due tre giorni può diventare ancora più bello e sì, un po’ più rumoroso!»
Manca forse nei veronesi un piccolo salto mentale, la voglia di uscire dalla bolla del “come è sempre stato” per aprirsi al cambiamento.
«A volte è una questione di comunicazione. Mi rendo conto che la politica fa fatica a parlare alle persone, lo fa poco e male, talvolta risulta incomprensibile o raggiunge effetti opposti ai desiderati. Mi viene in mente il filobus, fatto cadere dall’alto senza un chiarimento, con un video che è arrivato solo mesi dopo le proteste. O anche la questione skate park, che tutti chiamano così ma in realtà è molto più di una piastra per skaters; sarà davvero un Parco della Cultura Urbana, che accoglierà sport moderni e di nicchia, come parkour, slackline e street workout, ma avrà anche spazi per le performance degli artisti di strada e luoghi per le famiglie. Il concorso è stato citato nel Sole24Ore, è andato sulla Gazzetta Europea e avrà una grandissima partecipazione. Non posso svelare nulla ma sarà un record di accessi e lo rivendico con fierezza, anche perché la proposta può venire dal basso, senza passare da studi famosi di architettura o ingegneria. Viene portato ad esempio per altre città, perché vinci se hai i contenuti, al di là del contenitore.»
Torniamo al Parco della Multimedialità e della Musica. Sono curiosa di capire chi sono gli attori in gioco, chi finanzierà il progetto e quali saranno i suoi prossimi passi.
«Io personalmente ho finito. Verona sta lavorando per avere il suo Parco, i progetti sono a buon punto e, anche se non è ancora stato scelto come dove e con chi, sicuramente questa Amministrazione avvierà l’iter per la realizzazione. Voglio essere sincero: lo considero già così un successo. Credo molto nel dogma che se si vuole fare una cosa, e questa cosa si può fare, allora deve essere fatta. Ho dimostrato che è permesso, tutto accertato dalle carte e la polemica iniziale si è spenta subito. Nessuno ne parla più adesso perché mi farebbe fare bella figura.»
Però io voglio sapere proprio quello su cui tergiversa… il come dove e con chi.
«Ci sono al momento due progetti principali al vaglio. Uno riguarda, come accennavo, la zona C2 e il Consorzio Zai, che ha già la fattibilità della Regione; il privato dietro il progetto avrebbe anche ricevuto parere positivo per l’accesso a fondi europei. Ai veronesi pare “solo” musica, ma esiste un grande fermento e interesse per lo sviluppo di iniziative culturali in chiave tecnologica, che favoriscano la formazione di figure lavorative nuove. Sono convinto che il lavoro fatto per dimostrare la fattibilità del progetto abbia aperto la strada a nuove idee, come quella portata avanti da un grosso nome dell’entertainment a livello internazionale su un’area a San Massimo: questo progetto avrebbe sicuramente tempi di realizzazione più veloci, perché si può inserire nel piano urbanistico esistente e la proprietà è della Diocesi, soggetto diverso dal Consorzio. Non posso dire altro in questa fase ma, secondo me, al 90% viene realizzato a San Massimo. Non vedo l’ora di vedere i progetti finalizzati, che poi l’Amministrazione vaglierà. Ci tengo molto a portare Verona su un livello diverso, con spazi di aggregazione nuova, che attirino i veronesi ma anche gli appassionati di tutto il mondo. Sogno Verona come una “città-Stato” ben organizzata, dove sperimentare un approccio innovativo e diverso alla cultura, sia essa urbana o musicale, e che diventa modello per altre città. Per dire, anche nel Central Park ci sarà un’area open-air che potrà ospitare eventi e manifestazioni; non lo sa ancora nessuno, neanche i piani alti, ma ce lo metteremo.»
C’è in effetti tutto un mondo da cui Verona si tiene volutamente fuori, la ritrosia tipica veronese a cambiare diventa evidente quando si parla di argomenti ritenuti superflui, indegni di attenzione. È successo con i monopattini, per mesi considerati il male assoluto della società moderna, mentre ora Verona viene indicata come modello da seguire nelle altre città; venivano definiti inutili, mentre deteniamo il record nazionale di download. Esiste una membrana, un filtro, tra la faccia del veronese e la modernità, l’innovazione. Forse il Parco della Multimedialità e della Musica potrà arrivare oltre la membrana. Se qualcosa ci può riuscire, quella è la Musica.