“Giulia”, ricordando il dramma degli esuli istriani
Intervista al regista, attore e autore Andrea Castelletti che con "Giulia" (scritto da Michela Pezzani) ricorda la tragedia delle foibe.
Intervista al regista, attore e autore Andrea Castelletti che con "Giulia" (scritto da Michela Pezzani) ricorda la tragedia delle foibe.
In tour in Friuli Venezia-Giulia, Istria e Veneto proprio in questi giorni, lo spettacolo “Giulia” (scritto in collaborazione con Michela Pezzani, con Andrea Castelletti, Simonetta Marini e Bianca Bassi, per l’adattamento e la regia di Andrea Castelletti) è esso stesso, in primis, il ricordo di un viaggio. La vacanza di una bambina che scopre, stupita, che i luoghi dell’Istria e della Dalmazia non sono semplicemente località turistiche (da lei visitate insieme ai genitori), ma conservano il ricordo delle sorti dei suoi bisnonni.
Il tema dello spettacolo è quanto mai adatto al “Giorno del Ricordo”, solennità laica istituita nel 2004 per conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati. Esodo avvenuto tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e il primo Dopoguerra e che fa parte della più complessa vicenda del “confine orientale”. Di questo spettacolo, ora proprio in quelle terre, ce ne parla Andrea Castelletti, attore, regista e fondatore della compagnia Teatro Impiria.
Castelletti, come nasce l’idea di mettere la tragedia delle foibe al centro del suo spettacolo?
«Lo spunto nasce da un’esigenza personale legata alle mie origini; dalla constatazione che ho vissuto la perdita di quei territori come un’amputazione, una perdita quasi di una parte del corpo umano. Così, già a vent’anni, ho cominciato a visitare quelle terre e a raccogliere e approfondire informazioni su un territorio in cui i vecchi parlavano la lingua dei miei nonni. Finché, occupandomi di teatro e organizzando rassegne, ho ricevuto la richiesta da un Comune di uno spettacolo sul tema e, non trovando nulla, ho deciso di crearlo io.»
Quali approfondimenti ha dovuto effettuare per ricostruire le vite (distrutte) raccontate nel suo testo?
«Per la scrittura dello spettacolo ci siamo avvalsi della collaborazione di una giornalista di Verona (Michela Pezzani, ndr) e del Comitato Provinciale veronese dell’ANVGD (Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia), con l’intervento concreto della Presidente Francesca Briani, Assessore alla Cultura del Comune di Verona. Molta cura e attenzione abbiamo posto nella correttezza degli eventi rappresentati; riconoscendo un contesto storico molto complesso, noi abbiamo cercato di non alterare in alcun modo la verità storica dei fatti, ma solo di rappresentare il dramma vissuto da molte famiglie, sradicate, se non peggio, dai loro beni ed effetti. Abbiamo raccolto esperienze personali che abbiamo suddiviso su più personaggi per trasformarlo in uno spettacolo corale: intendiamo raccontare le vicende della gente comune, che ha subito i fatti della storia senza averne responsabilità diretta.»
Lo spettacolo sta girando molto, riscuotendo sempre grande interesse. Una storia che il pubblico vuole conoscere e approfondire…
«Sostanzialmente posso riconoscere tre tipologie di pubblico: quello di coloro che nulla sanno della vicenda storica, specie gli studenti, e conoscono quelle zone solo come località estive delle vacanze. E rimangono stupiti, e molto, nel scoprire cosa invece possono raccontare quei luoghi. Un secondo gruppo che vive con partecipazione e, per certi versi, soddisfazione il racconto di fatti per molto tempo taciuti. Un terzo gruppo, generalmente orientato a sinistra, che viene allo spettacolo piuttosto prevenuti ma che, ho constatato, alla fine apprezza il nostro tentativo di correttezza. Le maggiori resistenze le troviamo, invece, in altri ambiti, come ad esempio nei consigli comunali che, per questioni politiche interne, non sempre approvano la proposta di questo spettacolo. Anche se spesso, dopo averlo visto, si ricredono.»
Forse per il fatto che il Giorno del Ricordo, istituito nel 2004 col Governo Berlusconi, è stato percepito come bandiera identitaria di certa destra…
«Il tema, di fatto, si sta sdoganando. Fa specie come si stia ancora oggi trascinando una polemica politica che si polarizza nella contrapposizione fascismo-comunismo, uno schema oramai superato dai fatti e certo riduttivo in questo contesto così complesso, che va ben oltre questa semplice polemica.»
L’arte, in questo senso, può esercitare un ruolo attivo nella formazione di una coscienza civile collettiva?
«Sui numeri il teatro fa fatica, è chiaro, specie al confronto con altri mezzi. Ma chi viene a teatro e vede uno spettacolo dal vivo vive delle emozioni che la tv o la rete non possono dare. Forse qualche film, ma davvero fatto bene, può restituire un’esperienza significativa. Quindi sì, può avere ancora un ruolo, e l’ho notato specie nelle scuole: gli argomenti toccati, anche importanti come questo, rimangono più impressi nel profondo.»