Zinelli: forme e colori tra sogno e realtà
La mostra sul pittore veronese ci fa riflettere sullo stato dell’arte in una città che troppo spesso dimentica. Fino a oggi?
La mostra sul pittore veronese ci fa riflettere sullo stato dell’arte in una città che troppo spesso dimentica. Fino a oggi?
Ci voleva proprio, a Verona, “Carlo Zinelli. Visione continua”. La mostra, a cura di Luca Massimo Barbero, attraverso una trentina di opere – molte delle quali bifacciali – presenta il mondo multiforme dell’artista veronese. Un autore complesso che – segnato da una vita trascorsa in manicomio a causa di una personalità schizofrenica che non gli diede mai pace – si è immedesimato in colori e movimento che costituivano la sua salvezza quotidiana. È in orizzonti di figure distorte, in forme riconoscibili e astratte, nel sapiente uso del segno e del colore, come pure nella parola che prende forma e spazio diventando parte integrante dell’opera stessa, che Zinelli diventa il più significativo esponente italiano dell’Art Brut. Forme continue e interrotte, segni chiusi e spezzati riversati con energia nella superficie del foglio del quale raramente restano parti scoperte: un labirinto di sagome e scritte che costituisce la chiave di lettura per scoprire il valore liberatorio dell’arte nel più ampio senso del termine. Un artista che, nel suo essere privo di preconcetti derivanti da strutture sociali, culturali, intellettuali ed estetiche, ha altresì raccontato un mondo di animali e persone, motivi floreali e suggestioni oniriche, soggetti e oggetti intrappolati in un intricato groviglio.
Osservare un’opera di Zinelli significa indubbiamente mettere in discussione i numerosi canoni estetici dell’arte classica. Già con il Novecento quei dettami sono stati fatti letteralmente a pezzi dalle Avanguardie, a favore di un’immediatezza al passo di un contemporaneo sempre più inafferrabile e identificabile. Con Zinelli – per l’Art Brut – e con gli artisti outsider,si assiste a una definizione ancora più decisa della personalità e dei tormenti dell’Artista. Certamente la sua anima, incapace di trovare l’essenza più materiale e terrena, è stata in grado di esprimere autenticità in quel tripudio di forme che lo hanno reso un artista dirompente e ancora oggi in grado di offrire chiavi di lettura sempre nuove: una libertà espressiva e una lontananza dalle gerarchie e dalle logiche di mercato, che ha conferito alle sue opere un carattere ancor più schietto e genuino a favore dell’interpretazione personale del visitatore. La mostra è una “passeggiata” in un subconscio che continuamente ribalta le sue certezze, un percorso in universi paralleli che proprio l’osservatore più attento è in grado di riordinare, trovando gradi di poesia nell’intreccio, spesso indefinito, dell’opera.
L’importanza di Zinelli, come abbiamo visto, è talmente alta nel panorama nazionale e internazionale che oggi Fondazione Cariverona, come pure Fondazione Carlo Zinelli, diventano testimoni di un percorso che dovrebbe proseguire anche per le numerose altre personalità veronesi che hanno segnato la Storia dell’Arte. “Carlo Zinelli. Visione continua”, nelle emozioni offerte, fa altresì riflettere su alcuni aspetti dello stato dell’arte in Italia e, di conseguenza, anche a Verona.
Il triste detto nessuno è profeta in patria è toccato purtroppo a numerosi artisti della nostra città: personalità che hanno dato un decisivo apporto allo sviluppo della cultura e dell’arte proiettando Verona anche oltre oceano. Personalità alle quali si dovrebbe un’altrettanta spontanea attenzione come riconoscimento per aver segnato in maniera indelebile l’arte contemporanea. Artisti con presenze in collezioni pubbliche e private di alto prestigio, che qui, in riva all’Adige, non hanno il giusto riconoscimento o quantomeno quell’accreditamento totale del mondo della Cultura e del dibattito artistico. Per pigrizia e inezia della lunga filiera che vede coinvolti gli attori del processo organizzativo dei grandi eventi, è spesso mancato quel segno distintivo in grado di consolidare l’opera attraverso mostre, pubblicazioni e convegni. In passato, ma si deve tornare agli anni Ottanta e soprattutto in campo editoriale, si è arrivati a riconoscere l’importanza dell’arte veronese in un più ampio contesto. Istituti di Credito, Enti e Musei Civici si impegnavano alla diffusione della storia cittadina attraverso pubblicazioni di rilievo, che restano oggi una preziosa documentazione sulla storia della città.
Ogni tanto qualcosa si muove ma è pur sempre poco per una città – terza o quarta per turismo in Italia – che ha dimostrato raramente di saper celebrare i propri artisti. Ora – più che mai – è urgente un cambio di rotta, una necessità di concentrare l’attenzione verso quel Novecento Veronese che è stato in grado di esprimere personalità del calibro di Pino Castagna, Toni Fertonani, Pio Semeghini, Novello Finotti, Renato Birolli e Zinelli stesso, solo per citarne alcuni. Verona è la stessa città che ha dimenticato di ideare una grande esposizione dedicata ai futuristi veronesi, tra i più convinti esponenti di quella che fu l’aeropittura. Renato Di Bosso e Verrosì, che pure sono stati ben ricordati grazie all’opera “Sognavamo di vivere nell’Assoluto” di Raffaello Canteri per l’allestimento di Teatro Impiria, a Verona restano confinati nella conoscenza di un piccola nicchia… mentre all’estero vengono celebrati. È significativa, in tal senso, la riflessione del Prof. Maurizio Scudiero, critico d’arte e curatore, «… Verona, che ha avuto un gruppo tra i più qualificati ed importanti futuristi delle cosiddette “seconde generazioni”, non ha ancora a tutt’oggi (e nemmeno nel centenario del Futurismo) pensato a valorizzarli come si conviene. Se si pensa che oggi, una qualsiasi mostra sul Futurismo non è pensabile senza l’apporto cospicuo dei futuristi veronesi, questo la dice lunga su questa assurda e lunghissima omertà.» A interrompere il silenzio, in campo editoriale è la valida collana “Edizioni della Vita Nova” di Giovanni Perez, che si occupa di Futurismo con sensibilità, passione e competenza. Ma … di una mostra, come ricorda Scudiero, non v’è traccia.
Altre gocce di speranza: a Renato Birolli è titolata una bella Sala Espositiva – che però manca di un coordinamento artistico che la farebbe diventare attrattiva e che permetterebbe una maggiore fruizione delle sue potenzialità – e a Carlo Zinelli una Fondazione che, grazie agli eredi, ha raccolto la straordinaria produzione dell’artista e si sta impegnando in quella celebrazione che ha portato la sua opera in diverse parti del mondo. Ecco che la mostra – visitabile il sabato e la domenica fino al 12 gennaio 2020 – conferma l’impegno di Fondazione Cariverona al sostegno di attività culturali attraverso l’investimento in progetti dall’alto valore scientifico, consolidati da eventi, convegni e da una rete territoriale, nazionale e internazionale. Così le visioni ossessive di Zinelli per questa esposizione – perla che racchiude innumerevoli significati – si tramutano in un bagliore di speranza per il futuro dell’arte veronese. Oggi l’augurio è che questo segnale sia da stimolo affinché si possano replicare altre mostre di questo valore. Dalla A alla Z ci sarebbe molto da fare, nel segno dell’arte e del valore di ciò che la città ha espresso e che ancora potrebbe esprimere. Gli spazi, pubblici e privati non mancano. Le idee neppure.