A distanza di tre anni dalla splendida mostra al museo AMO, in cui si indagava il suo legame con il teatro contemporaneo, oggi il maestro viennese si presenta alla città con l’esposizione di una trentina di opere, una selezione che comprende quindici inediti insieme al nucleo di lavori rientrati dalla mostra Katharsis al Palazzo Ducale di Mantova, curata da Peter Assmann e Beatrice Benedetti.

Una mostra sintetica ed efficace, quella da poco inaugurata alla Galleria Boxart, aperta fino al 31 gennaio 2020 e dedicata al lavoro più recente di Hermann Nitsch. Il “Before and beyond”, il prima e l’oltre, che dà titolo all’esposizione, si riferisce al rapido excursus tra opere storiche e recenti, consegnate al pubblico di oggi ma anche alla storia dell’arte, che il visitatore può percorrere tra quadri, installazioni e video.  

Nitsch è ormai consacrato a livello internazionale come uno degli artisti austriaci più importanti dello scenario contemporaneo, e le sue opere fanno parte delle collezioni dei più prestigiosi musei come ad esempio il Metropolitan Museum of art, il MoMa, il Guggenheim di New York, la Tate Modern di Londra. Il governo austriaco gli ha dedicato un intero museo nel 2007, come pure a Napoli nel 2008 è stato aperto il museo Hermann Nitsch – Archivio laboratorio per le arti contemporanee.

II legame con il nostro Paese e con Verona è forte: da oltre dieci anni è proprio Boxart a rappresentare l’artista in Italia, nonostante, verrebbe da dire, la difficile comprensione del suo lavoro da parte della città. Principale esponente, con Günter Brus, Rudolf Scwarzkogler, Otto Mühl, dell’Azionismo viennese, movimento degli anni Sessanta che ha portato la body art alla massima tensione espressiva, Nitsch giunge a una elaborazione dell’arte totale partendo da un concetto psicanalitico, l’Abreaktion, ovvero la scarica emozionale che permette di rimuovere gli effetti di accadimenti drammatici.

Per l’artista una chiave per il superamento e la liberazione passa dalla funzione dell’antico rito sacrificale, intriso di misteri pagani ma anche dei simboli legati alla Passione di Cristo. Ma non basta la rappresentazione simbolica, la mediazione dell’artista come demiurgo: è fondamentale, invece, farne esperienza, partecipare al processo, fruire del rituale anche seguendolo nella sua rappresentazione, proprio come potrebbero aver fatto gli astanti presenti sul Golgota. Tabù, repressioni, che siano religiosi, moralisti o sessuali, vanno rimossi per tornare alla propria verità e il teatro in questo è lo strumento principe nella sua funzione catartica.

Il Teatro delle Orge e dei Misteri nasce così, da questa intuizione che radica nella forza della messa in scena. Dal 1971, anno in cui acquista il castello di Prinzendorf, questa forma di rappresentazione, di azione, non ha mai una fine, tanto che l’anno prossimo Nitsch sta progettando una nuova performance di sei giorni, tanti quanti furono quelli della creazione, proprio negli spazi della sua proprietà (come dichiara in questa intervista).

La mostra veronese nasce dalla collaborazione tra Atelier Hermann Nitsch, Nitsch Foundation di Vienna e la galleria Boxart e mostra un nucleo di opere dell’O.M. Theater: la prima parte accoglie il visitatore con gli esplosivi dipinti-versati realizzati nell’estate del 2019, accanto ad opere esposte di recente a Palazzo Ducale a Mantova, dove l’artista ha aperto un dialogo con Giulio Romano, Andrea Mantegna e Pisanello.


Christus der Widdergott auf Original Relikt, tecnica mista e serigrafia su relitto, 1983

I quadri versati su tela sono disposti nella sequenza in cui sono stati eseguiti, e variano dagli 80 per 100 centimetri ai due metri per tre. Nel secondo corpus di opere il lavoro è più eterogeneo tra installazioni, disegno, pittura, musica, video, espressione di una visione drammaturgica della performance artistica. In mezzo a un flusso di colore che invade gli spazi della Boxart, colpisce la bellezza di una crocifissione, Christus del Widdergott, del 1983, in cui il segno e il soggetto sembrano continuare un processo di manifestazione.

Ed è nella fase conclusiva dell’esposizione che si incontra la potenza del teatro di Nitsch, grazie alla proiezione della Performance 122, realizzata al Burgtheater di Vienna nel 2005. Niente da dire, nemmeno a chi potrebbe turbarsi. In quel caso, anzi, l’invito è a portare con sé le ragioni di una difficile comprensione. Perché di sicuro non stanno nell’opera, ma in qualcosa che dentro di noi è stato scosso. 

«Nitsch è un abisso la cui profondità non si percepisce mai del tutto – ha dichiarato Beatrice Benedetti, direttrice artistica della galleria -. Ma quell’abisso restituisce colori, pensiero, plasmati dagli studi di filosofia, di teologia e cosmologia. Attraverso il suo Teatro delle orge e dei misteri è come se vedessimo la forza di un Caravaggio in tre dimensioni. Non c’è spazio alla parola, solo immediatezza, per stimolare i nostri sensi e indurci a vivere intensamente le sue performance con cui ci rappresenta la vita. La carnalità, la corporeità, ma anche il sangue, le viscere che usa nelle rappresentazioni, si mescolano con quanto c’è di apollineo, di mistico, di religioso, per favorire la trasformazione di chi assiste all’opera, senza filtro tra palco e pubblico.»

Da sinistra, Rita Nitsch, moglie dell’artista, Beatrice Benedetti e Giorgio Gaburro, direttori della Boxart Gallery

Per cogliere il senso e l’intensità della vita, ha teorizzato Nitsch, è necessario essere consapevoli delle estremità emozionali che ne definiscono i confini: dall’esaltazione estatica alla sofferenza ferina. Questa piccola mostra ben fatta offre una buona occasione per sperimentarne il messaggio.