The Irishman e quei bravi ragazzi del sindacato
In tanti vorrebbero essere Scorsese, ma solo uno lo è davvero.
In tanti vorrebbero essere Scorsese, ma solo uno lo è davvero.
The Irishman è il filmone che ti aspettavi, peccato che nelle sale cinematografiche avrà vita molto breve e non certo per colpa del generoso minutaggio (3 ore e 29 minuti che filano che è una meraviglia) o per la scelta – azzeccatissima -– di proiettarlo in lingua originale con sottotitoli in italiano, ma per il fatto che è una produzione Netflix e, tra qualche giorno, sarà disponibile sui televisori, computer, tablet e smartphone di tutto il mondo. Una bestemmia? Quasi. Anche perché entri al cinema in un lunedì uggioso di novembre e pensi che quella sera ci sarà sì e no una manciata di spettatori oltre a te, poi sui titoli di coda ti guardi meglio attorno e vedi che la sala è quasi piena di gente e di tutte le età. Commovente, come commovente è vedere sul grande schermo quello che probabilmente sarà il canto del cigno di un grande Autore con i suoi amati attori feticcio (più un super Pacino), in quanto le epopee sanguinarie dei “bravi ragazzi” si pensavano già esaurite da tempo e questa nuova storia non aggiunge nulla di veramente nuovo alla filmografia di Scorsese.
Attenzione: The Irishman è un Signor Film come non se ne vedevano da tempo, però ciò che sto cercando di dire è che non è nulla di veramente nuovo o originale e l’ottimo Scorsese rifà “semplicemente” un ottimo Scorsese su una solida sceneggiatura scritta da Steven Zaillian (Hannibal, American Gangster, Gangs of New York, L’arte di vincere, Schindler’s List, Risvegli) basata sull’omonimo libro di Charles Brandt, senza tentare di innovare o stupire come un tempo.
Personalmente ritengo che per realizzare un vero capolavoro serva anche altro, tipo una scintilla di genio o creatività in più ed un po’ di rassicurante autocompiacimento in meno, però – come si dice sempre più raramente – avercene di film così!
Le cose che funzionano in The Irishman sono tantissime, per nostra fortuna: dalle magistrali interpretazioni (e ci mancherebbe altro!) di un cast in gran spolvero sul quale giganteggia un inaspettato e sorprendente Joe Pesci, alla storia mai raccontata in questo modo di Jimmy Hoffa (chi si ricorda F.I.S.T. del 1978 diretto da Norman Jewison con un Sylvester Stallone in cerca di conferme attoriali, o di Hoffa – Santo o mafioso? del 1992 diretto da Danny DeVito con Jack Nicholson nei panni del discusso sindacalista?), ad una messa in scena al contempo intima e di grande respiro, che si prende i suoi tempi come in una tragedia classica, per poi deflagrare in momenti di violenza “tipicamente scorsesiana” che in troppi tentano di imitare da anni.
Le cose che non funzionano in The Irishman sono di carattere più che altro tecnico, anche se stonano non poco creando in taluni momenti una sgradevole distanza tra lo spettatore e quello che sta guardando: facce giovani di plastica su corpi da vecchi che si muovono da vecchi nei flashback richiesti dalla trama. Sarà anche difficile invecchiare, ma ringiovanire lo è di più. A poco è servito investire negli effetti speciali, se questo è il risultato; ho da poco recensito Gemini Man elogiando la tecnologia che ha permesso a Will Smith di tornare giovane, mentre nell’ultima opera del regista italoamericano si fanno diversi passi indietro, forse perché lo sforzo richiesto è stato maggiore del previsto (fisicamente Will Smith è ancora atletico e ben più giovane di De Niro) o forse perché il budget per la post produzione è stato inferiore, chissà.
Certo, non sarebbe stata impresa da poco sostituire collezionisti di Oscar con attori più giovani ed invecchiarli quando richiesto con il classico make up, ma il regista giustamente voleva i suoi amici di sempre accanto (“più un super Pacino” l’ho già scritto?) e la rimpatriata valeva il rischio.
La cosa divertente è che questa tecnologia la si deve agli investimenti delle major nei blockbuster seriali che lo stesso Scorsese sembrerebbe non apprezzare, ma questo è un altro discorso che direi di rimandare ad un’altra occasione e poi, nel frattempo, lui ha già chiarito la sua posizione con un esauriente articolo sul New York Times.
Quando leggerete questa recensione probabilmente vi troverete il film già nelle vostre case e temo che sarà difficile affrontarlo con la concentrazione e “devozione” che meriterebbe, ma se deciderete di immergervi per tre ore e mezza nel Grande Cinema, questa è l’occasione giusta.
Voto: 4/5
The Irishman
Regia di Martin Scorsese
Con Robert De Niro, Al Pacino, Joe Pesci, Harvey Keitel, Ray Romano, Bobby Cannavale, Anna Paquin, Stephen Graham, Stephanie Kurtzuba, Jack Huston, Kathrine Narducci, Jesse Plemons, Domenick Lombardozzi, Paul Herman, Gary Basaraba e Marin Ireland