This is not cricket
L'amarezza per la cancellazione della sfida ai mondiali di rugby si confronta con la naturalezza con cui gli sport britannici mettono in conto la pioggia come parte del gioco.
L'amarezza per la cancellazione della sfida ai mondiali di rugby si confronta con la naturalezza con cui gli sport britannici mettono in conto la pioggia come parte del gioco.
“Tutti Neri” sì. Stavolta però in senso metaforico. La partita tra gli All Blacks e l’Italia, ultima gara del girone mondiale di rugby, è stata annullata per maltempo. L’avventura degli Azzurri è terminata senza la possibilità di dar l’addio alla competizione sul campo. È finita così, con Parisse inviperito, Ghiraldini in lacrime e l’allenatore rivale che, pur mostrando empatia verso gli avversari, in definitiva ha ricordato candidamente un dettaglio di non poco conto. Tutto quel che è avvenuto in queste ore era un’eventualità prevista dal regolamento. Proprio come nel cricket, verrebbe da aggiungere.
Era preventivabile che la pioggia e condizioni ambientali difficili avrebbero potuto comparire nel corso della competizione. Per timore dell’impatto sul suolo nipponico di Hagibis, tra i tifoni potenzialmente più minacciosi di sempre, il Comitato Organizzatore di Giappone 2019 ha dunque annullato lo svolgimento di due gare, tra cui quella tra l’Italia e la Nuova Zelanda. Non è un rinvio, badate bene, ma una cancellazione definitiva a prescindere dal valore della partita, con l’assegnazione a tavolino del risultato di pareggio che vale due punti per ciascuna compagine. Il che significa, per gli Azzurri, l’addio a qualsiasi minima speranza di qualificazione in vista dell’ultimo “impossibile” match del girone. Senza la soddisfazione sportiva di sfidare sul campo una delle grandi del rugby.
Sotto la pioggia giapponese non canta nessuno. Non consola che il pareggio assegnato dal regolamento regali alla nazionale azzurra il miglior risultato mondiale di sempre, con dieci punti in classifica. Se arrivare ai quarti di finale sembrava fin dal sorteggio un obiettivo davvero ardito in un girone con All Blacks e Springboks, pareggiare senza neppure tentare un drop nell’ultima gara in programma ha prima disorientato e poi mandato su tutte le furie gli Azzurri, ma non solo loro.
La negata possibilità di giocare ha sollevato prevedibili polemiche. Parole durissime quelle di Sergio Parisse, il capitano. Grande amarezza sportiva per Lorenzo Ghiraldini: alla notizia è scoppiato in lacrime. Dopo grandi sacrifici, il tallonatore era pronto per il suo 105esimo e ultimo “cap” della carriera. Per lui era programmata una breve apparizione a commiato proprio nella sfida annullata contro gli All Blacks. Niente da fare. Hagibis ha chiuso il sipario prima del previsto ma a restare perplessi sono stati in molti tra gli addetti ai lavori. Non era mai accaduto che una competizione dal calibro di un mondiale subisse questa svolta. A tremare ora è la Scozia: se la propria gara contro i padroni di casa venisse annullata, significherebbe l’automatico addio alla competizione. Tanto che si parla già di azione legale preventiva.
La domanda delle cento pistole è se la decisione di annullare la sfida sarebbe stata analoga qualora la partita fosse stata decisiva per la gli avversari dell’Italia. O se magari il divario tra le due squadre fosse stato meno marcato e dunque la sfida dall’esito più incerto e con conseguenze sulla classifica: questo peraltro sarò possibile verificarlo tra due giorni, quando (domenica) in programma ci sarà appunto Giappone-Scozia. Qui però si rischia di sforare nella dietrologia, che nel rugby e nel mondo anglosassone quasi mai trova casa. Per quanto invece comprensibile la delusione di migliaia di tifosi in viaggio – anche per l’altra gara cancellata, Inghilterra-Francia, peraltro ininfluente ai fini della prima fase – resta il fatto, confermato dall’allenatore dei “Tutti Neri” che la possibilità della cancellazione delle partite per ragioni di maltempo o di sicurezza è prevista dal regolamento. Che piaccia oppure no.
Per carità, Steve Hansen si è messo nei panni degli azzurri e ha ben compreso fino in fondo le rimostranze sul piano sportivo. Tuttavia, il coach neozelandese ha sottolineato un aspetto che vale in molti sport britannici: il fatto che le partite possono essere sospese o cancellate per pioggia è previsto dalle regole. Quindi, meglio attrezzarsi e portarsi avanti, come ha detto commentando la vicenda: sarebbe stato sufficiente vincere ogni gara precedente per qualificarsi. Beato lui che può permetterselo, verrebbe da aggiungere.
Il cricket è la quintessenza di come le condizioni atmosferiche vengano accettate come parte del gioco negli sport britannici. La possibilità di vedersi attribuire un pareggio per mancata disputa della gara o per un’interruzione prematura è una casistica clamorosamente alta, almeno per il numero di gare disputate e, se vogliamo, difficile da accettare talvolta anche da chi ha una mentalità british. La storia è colma di Test Match, le grandi sfide internazionali, terminati in forzata parità.
Ricordiamo coi nostri occhi nel 1992 il Sudafrica, al rientro nelle competizioni internazionali post-bando per l’apartheid, perdere tra le lacrime la semifinale della Coppa del Mondo a causa dello stop per pioggerellina sul pitch della loro partita con l’Inghilterra. Per restare solo alle competizioni mondiali, nella recente rassegna iridata ben quattro partite sono finite pari per annullamento causa maltempo – tra cui una, molto delicata, della Nuova Zelanda contro l’India. Altre tre, sospese oltre una certa soglia di svolgimento (banalizziamo: dopo l’inizio del calcistico secondo tempo), sono state invece decise dal metodo matematico chiamato “Duckworth/Lewis” – dai cognomi dei due ideatori – che ne determina l’esito “a tavolino”.
Il sistema “D/L” è ufficialmente utilizzato dall’International Cricket Council per un certo tipo di partite (One Day International e Twenty20, giusto per i meno profani) e permette di calcolare il punteggio necessario per vincere (il cosiddetto “target”) della squadra che batte per seconda in condizioni particolari derivanti dalla cancellazione di parte della partita per via delle condizioni atmosferiche. È il metodo ritenuto più accurato nei casi condizionati dal maltempo per assegnare nel modo più legittimo possibile la vittoria. Altrimenti si procede d’ufficio: pari e patta e tutti contenti. O forse no, a giudicare dalle polemiche che in alcune occasioni non sono certo mancate.
Per quanto talvolta messo in discussione (dagli sconfitti), il Duckworth–Lewis, così come i pareggi coercitivi per la cancellazione o sospensione prematura della partita, alla fine sono tendenzialmente accettati. Ma il cricket, si sa, non è il rugby. Anzi, semmai, anche se allo sport che si gioca con la mazza si ispira per la lealtà sul campo, quello con la palla ovale ha altre dinamiche. Che è un delitto non considerare.