«Fellini era un bugiardo cronico, attento a ogni particolare, meticoloso come tutti i grandi registi; il rischio con lui era di farsi fagocitare, di rimanere sotto una sorta di incantesimo.»

Sono solo alcune delle parole, che a fiumi, hanno inondato un estivo Giardino Giusti domenica 16 giugno per il penultimo appuntamento del Festival della Bellezza – l’ultimo sarà con Matteo Garrone il 6 luglio a recupero della data del 14 giugno saltata per impegni di lavoro del regista _. A dipingere il grande maestro un Andrea De Carlo in versione “narratore di storie altrui”.

Andrea De Carlo

In piena forma, anche se ha esordito scusandosi per i cali di voce dettati dai festeggiamenti della giornata precedente per il matrimonio della figlia, De Carlo non ha parlato della sua scrittura, dei suoi romanzi ma ha tratteggiato il suo rapporto con Federico Fellini conosciuto in occasione della vittoria del Premio Comisso per il romanzo di esordio Treno di panna. A Treviso un timido De Carlo nel 1981 ritirava il primo di numerosi premi per un’opera che ha segnato generazioni di lettori, tra cui anche Fellini che volle conoscere subito questo talentuoso scrittore.

Il racconto di questo incontro e della relazione, trasformatasi in lavoro, tra De Carlo e il regista si snoda in questa serata di estate tra numerosi aneddoti e ricordi che rendono il monologo dello scrittore un vero e proprio ritratto di uno dei padri della cinematografia italiana.

Sognava, Fellini, sognava tantissimo e a testimonianza di una fervente attività onirica sono rimasti centinaia di disegni, schizzi, talvolta di personaggi mostruosi ma allo stesso tempo conturbanti come alcuni dei personaggi che ha portato sul grande schermo.

In particolare De Carlo ha lavorato accanto a lui nella ideazione e realizzazione di un’opera minore, E la nave va del 1983.

Affascinante sentire come il processo creativo felliniano prendesse forma, seguito e sostenuto da produttori pronti a tutto pur di soddisfare le richieste del grande maestro. Un uomo che nascondeva anche strane abitudini come quella di consultare, come fosse un oracolo, un mago torinese. «Ricordo una calda sera di luglio, in una Torino torrida, questa casa di Gustavo Rol, cupa, maestosa e il loro rapporto, così intenso e strano. Fellini quasi cercava rassicurazione da Rol, lui che sembrava così forte e determinato.»

Giardino Giusti

E la serata scorre, con un pubblico attento e silenzioso, guidato dal capitano De Carlo che ci porta in viaggio sulla nave di Fellini fino a ricordare anche quando per una breve scena del film, il regista volle che De Carlo stesso interpretasse il ruolo di un giovane violinista e a corredare il ricordo una fotografia. Sorridente nella sua giovinezza lo scrittore, sorridente nella sua schiettezza il regista.

Quel sorriso a volte sornione, dice De Carlo, che ti conquistava e ti faceva entrare nella sua sfera gravitazionale quasi fino ad annullarti. Sorte toccata a molti che gli sono stati vicini, ma non a Mastroianni che in Otto e mezzo non è altro che un Fellini autobiografico e sognatore.

Di De Carlo esiste anche un documentario sul regista, misteriosamente scomparso per decenni e ritrovato recentemente dal direttore della Fondazione Fellini. Lo scrittore, nel salutare, lancia una sottile riflessione quasi a dire che quella scomparsa forse aveva a che fare con il fatto che Fellini non amava che qualcuno raccontasse di lui.
Era lui l’artefice della realtà, talvolta mentitore onirico, talvolta feroce pittore della vita quotidiana.

E se vi state chiedendo come sia finita, De Carlo ci lascia ricordando amaramente la rottura di quel rapporto così speciale per una questione frivola, se volete, forse dettata da un certo narcisismo di Fellini, a cui non piacque che lo scrittore potesse, con il romanzo Yucatan, “rubare” storie viste e vissute insieme.