Mr Wolf e la festa dell'Hellas
La promozione dell'Hellas tra il miracolo di Aglietti e la contestazione alla proprietà
La promozione dell'Hellas tra il miracolo di Aglietti e la contestazione alla proprietà
Winston Wolf è il personaggio misterioso ed enigmatico che in “Pulp Fiction”” salva da un grosso pasticcio i due protagonisti del celebre film di Quentin Tarantino. Irrompe improvvisamente sulla scena, risolve la situazione per poi sparire educatamente. Pur comparendo soltanto per una decina di minuti, si ritaglia un ruolo fondamentale nella vicenda.
Alfredo Aglietti non veste smoking nero né mai lo si è visto con gli occhiali da sole come Harvey Keitel nella splendida interpretazione di cui sopra. In realtà c’è qualcosa che li accomuna. Sono le modalità con cui riescono a essere efficaci. Il modo con cui hanno stravolto in positivo e in breve tempo un problema che pareva insormontabile. Physique du rôle a parte, l’irruzione sulla scena e il pragmatismo del mister, arrivato a due giornate dal termine della stagione ed entrato nella storia dell’Hellas, gli sono valsi gli stessi ammirati complimenti che i due scagnozzi di Marcellus Wallace rivolgono a Mister Wolf. Pochi giri di pellicola sufficienti a farlo entrare nel mito di Hollywood grazie ad una apparizione diventata leggendaria.
In un momento crescente di ansia e tensione, Aglietti ha saputo prendere in mano la situazione e risolverla nelle sette partite a disposizione, partendo da un rovescio senza appello a Cittadella in campionato e girarla in positivo fino un trionfo con gli amaranto nella finale play-off.
L’appendice del torneo di serie B è solitamente una specie di roulette russa. L’mportante è scansare il proiettile. Evitato di trasformare in scena pulp la gara casalinga col Foggia, a dare una mano all’ex centravanti di entrambe le compagini veronesi sono state la sparatoria in cui è rimasto vittima il Palermo e il suicidio del Benevento. Bravo a tenere la barra dritta e sfruttare le circostanze favorevoli quanto a mitigare quelle avverse – come l’immeritata sconfitta nella finale d’andata – Aglietti è restato fedele a se stesso nella logica e nelle scelte. Con i tappi alle orecchie per alcune critiche ingenerose, alla fine ha avuto ragione. Ora che ha completato il lavoro, la domanda semmai è se uscirà di scena come Mr Wolf, con la stessa disinvoltura e diplomazia.
La finale del Bentegodi ha confermato che quando le partite contano davvero gli impianti in Italia si riempiono ancora. Nel corso dei play-off l’Hellas è passato dai diecimila contro il Perugia dei quarti di finale agli undicimila con il Pescara in semifinale, per chiudere con i venticinquemila della sfida contro il Cittadella. Nei campionati in cui l’esperienza dei protagonisti non è la stessa di chi è avvezzo a palcoscenici importanti e a competizioni internazionali, un tale numero di spettatori, quantomeno nell’ultimo caso, può spostare gli equilibri.
A suo modo Hellas-Cittadella ha dimostrato che dalla serie B in poi il fattore campo è ancora una carta spendibile. Soprattutto in certe condizioni ambientali e rispetto alla tipologia di avversaria. La formazione di Venturato, poco avvezza alla pressione e alla gestione di responsabilità così importanti, è apparsa tramortita. Una sorta di lontana parente di quella che al Tombolato, anche perchè galvanizzata dai suoi ottomila aficionados, era partita lancia in resta per riuscire, anche con un po’ di fortuna, a portare a casa un risultato promettente. A Verona, invece, è stata cucinata a fuoco lento dal calore dello stadio.
La promozione dell’Hellas Verona ha indirettamente risposto allo scetticismo e alle polemiche che, settimana dopo settimana, hanno circondato la gestione tecnica ma soprattutto dirigenziale della società fin dal ritiro estivo. Alla fine, oneri e onori vanno a chi comanda: domenica sera si è dovuto prendere atto – anche senza salire sul carro – che alla fine il traguardo è stato raggiunto.
Nel campionato in cui il sodalizio della famiglia Setti tornerà a militare dopo un solo anno di purgatorio, nel corso della passata stagione a vario titolo sono state contestate le dirigenze di Juventus, Napoli, Inter, Milan, Roma, Lazio, Fiorentina, Genoa, Sampdoria, Bologna, Empoli e Udinese. Un dubbio nasce spontaneo: in Italia è sempre meno chiaro se sono alcuni tifosi – e talvolta alcuni media – ad aver un paletto molto basso rispetto il senso della misura, oppure esiste davvero un grave problema di qualità delle proprietà dei club calcistici. Nella peggiore delle ipotesi, tra qualche mese, la consolazione per Maurizio Setti potrebbe essere quella di non soffrire di solitudine. Ma anzi, di trovarsi in illustre compagnia.