Croce e (davvero poca) delizia
La sfiducia di Michele Croce come Presidente dell'AGSM ci permette di riflettere sulla sua "ascesa" (e successiva caduta) politica.
La sfiducia di Michele Croce come Presidente dell'AGSM ci permette di riflettere sulla sua "ascesa" (e successiva caduta) politica.
L’avvocato Michele Croce, nella fauna della politica veronese, è un curioso esemplare. Innanzitutto può vantare due interessanti primati. In primo luogo quello di essere l’unico politico veronese sorprendentemente somigliante a N.U. Unruh, un membro fondatore degli Einstürzende Neubauten – che in Italiano si traduce con «nuovi edifici che crollano», e poi non mi dite che nella vita non esistono misteriose concordanze che al confronto le visioni di Swedenborg ci fanno il censimento degli scarafaggi in garage –, band tedesca fondamentale che ha scritto pagine importantissime del genere “industrial”. Inoltre ha il, diciamo così, “controverso” record di essere l’unico politico in attività a essere stato sfiduciato per due volte dall’incarico di presidente di un’azienda pubblica da due amministrazioni diverse e stando alla presidenza di due diverse aziende. Fossi in lui, a questo punto, mirerei a entrare nella storia, memore del detto popolare “non c’è due senza tre”, puntando a farmi sfiduciare una terza volta da una terza amministrazione dalla presidenza di una terza azienda.
Troppe eccellenze in un sol’uomo per evitare che di lui si parli come ci insegnava Nietzsche: «con grandezza, cioè con innocenza: cinicamente».
Croce, come tutti sappiamo, emerge alle cronache cittadine scaligere in occasione delle Elezioni Amministrative del 2012 quando, eletto nella Lista Tosi, viene paracadutato alla presidenza dell’AGEC, dove rimane per pochi mesi salvo esserne cacciato in malo modo a seguito di una storia di lavori di ristrutturazione dell’ufficio del presidente dell’ente, cioè lui. Ma non è questo il punto. Il punto è che, dopo la sua cacciata, Croce mette in piedi il movimento civico Verona Pulita, con il quale scatena una guerriglia all’amministrazione Tosi, che si protrarrà fino alle Amministrative del 2017.
Anzi, più che una guerriglia, una vera e propria, nomen omen, crociata. Arma di distruzione di massa brandita dall’avvocato vietcong è il tema della moralizzazione e della trasparenza, randello con cui percuote l’amministrazione Tosi, accusata più o meno di ogni nefandezza, dalla strage dei cuccioli di foca in artico all’affondamento del Kursk, al Global Warming. Per corroborare le sue tesi l’avvocato ha un argomento apparentemente assai convincente: gli esposti alla magistratura. Egli sostiene, infatti, di aver accumulato, nella sua breve esperienza di presidente dell’AGEC, una serie di indizi che dimostrerebbero come a Verona sia attivo un sistema di malaffare che coinvolge diverse imprese appaltatrici e con rapporti di lavoro con l’azienda che lui ha presieduto, e di aver comunicato il tutto alla magistratura. La sua denuncia è successiva alla sua defenestrazione da AGEC, ma si sa, il dono della sincronicità è difficile da acquisire, in tutti gli ambiti della vita.
Ma vediamo su cosa batte il suo martello il nostro avvocato-moralizzatore. Non essendo possibile consultare gli atti dei suoi esposti, non possiamo che rifarci a quanto riportato, a suo tempo, dagli organi di informazione: in particolar modo da “Il Fatto Quotidiano”, testata notoriamente molto attiva nella città di Giulietta e che il 10 novembre 2012 bruciò la concorrenza locale uscendo con un articolo nel quale erano minuziosamente elencati gli esposti crociati. Se andiamo a spulciare il Web possiamo trovarlo con facilità e leggendolo scoprire che la crociata di Croce riguardava essenzialmente tre filoni: presunte anomalie nel sistema di affido degli appalti edili e impiantistici alle imprese che lavorano per AGEC, presunte anomalie nel sistema di assegnazione degli immobili dell’ente, che secondo la sua crociata venivano assegnati a prezzi di favore fuori mercato, e presunte anomalie nella gestione degli stessi, evocando anche ipotesi di “peculato” per l’uso che un allora consigliere comunale faceva di un immobile AGEC. Si sa, quando si viene posseduti dal sacro fuoco della moralizzazione, e magari pure dallo spirito di Savonarola, si può incorrere in qualche scivolone. E infatti il nostro Croce-Savonarola scivolò su una buccia di banana quando, per denunciare la vergogna rappresentata da un appartamento AGEC affittato a prezzo più basso di quello di mercato all’allora addetto stampa dell’allora sindaco, ne scambiò le spese condominiali per il canone di affitto, vincendo una querela da parte del diretto interessato. Il sacro fuoco della moralizzazione talvolta fa fare delle figuracce…
A ogni buon conto, a seguito della Crociata del nostro avvocato, l’autorità giudiziaria aprì delle inchieste sull’AGEC, che nel giro di pochi mesi ne decapitarono i vertici. E qui viene il bello. Perché nemmeno una delle inchieste su AGEC è partita da esposti di Croce. Infatti a oggi vi sono due filoni processuali: l’AGEC 1 e l’AGEC Bis. Il primo riguarda gli appalti di affido dei servizi mensa nelle scuole e presunti scambi di favori tra la dirigenza di AGEC e un imprenditore altoatesino, tema che a leggere l’elenco degli esposti crociati era stato curiosamente ignorato dalla crociata di Croce. Ma forse gli sarà sfuggito, impegnato com’era a raccogliere dati per fare esposti che sono finiti in nulla. Il secondo, relativo al rinnovo all’ingegner Tartaglia dell’incarico di direttore generale dell’ente, è partito da un esposto dell’allora direttore generale Motta, la quale prese il posto dell’ingegner Tartaglia dimessosi perché condannato nell’inchiesta AGEC 1. Qui siamo nel cuore del paradosso rappresentato dall’avvocato Croce: costruisce la sua carriera politica usando come strumento di mobilitazione del consenso una serie di processi che a suo dire sono partiti da suoi esposti, ma nessuno dei suoi esposti in realtà è stato ritenuto degno di indagini, avendo queste riguardato tutt’altro.
Il nostro Savonarola avrebbe potuto essere derubricato nella sezione “distorsioni informative” nell’annuario della politica veronese minore se non fosse sopravvenuto un evento imprevisto: al ballottaggio delle Elezioni Amministrative del 2017 la coalizione di centro destra guidata da Sboarina si era trovata a fronteggiare –anziché il Partito Democratico, come previsto – la lista del sindaco uscente Tosi. Nel CDX scoppia il panico e, presi dal terrore di non riuscire a prevalere, i leader della coalizione che sosteneva Sboarina decisero di imbarcare pure l’avvocato Croce, il quale nel primo turno con la sua lista aveva ottenuto un risultato assai inferiore alle aspettative e alle risorse profuse in anni di campagna elettorale permanente. Alla fine la coalizione di Sboarina ebbe il sopravvento e, a bussolotti svuotati, risultò che il misero pacchetto di voti garantito dal Crociato era stato ininfluente per il risultato: Sboarina avrebbe vinto comunque anche senza i suoi voti. Ma ormai si era vincolato a Croce con un patto leonino che gli concedeva, in termini di incarichi, molto di più di quella che era la sua reale rappresentanza in termini di consensi.
Il resto è storia di oggi, con Croce sfiduciato dall’amministrazione che gli imputa una scarsa trasparenza nella gestione dell’ente che è stato chiamato a presiedere. Dettaglio curioso: a leggere la stampa, tra i motivi della rottura del rapporto fiduciario tra Croce e l’amministrazione v’è anche una consulenza affidata all’avvocato Tirapelle, il quale patrocina lo stesso Croce nella causa per diffamazione di cui abbiamo parlato prima. Che ne sarà di lui ora non ci è dato sapere. A noi piace ricordarlo negli innumerevoli video che postava sui social ove prometteva trasparenza e pulizia. A proposito, l’imprenditore altoatesino coinvolto nelle inchieste AGEC, dopo una gogna giudiziaria e mediatica durata 14 mesi che ne ha compromesso l’attività, ne è uscito «perché il fatto non sussiste».
Buona moralizzazione a tutti.