Chuenisbargli ad Adelboden e La Erta a San Vigilio di Marebbe: come dire Cambridge e Oxford. Lo slalom gigante ha i suoi atenei e di conseguenza i relativi magnifici rettori: si chiamano Marcel Hirscher e Mikaela Shiffrin. La concorrenza va forte, ma questi due volano. Nei due giganti più tecnici e difficili della stagione, la differenza è una riga tirata con l’evidenziatore. Loro tracciano una strada che il resto del mazzo stenta a seguire. Hirscher è potenza ed elasticità felina, la Shiffrin è danza gioiosa sulla neve. Comune denominatore, la naturale capacità di fare correre gli sci sempre e comunque in qualsiasi condizione. Nessuno come loro: è l’incommensurabile talento dei fuoriclasse. Vi facciamo una confidenza: siamo in crisi col dizionario, perché per definire questi due, pur raschiando il barile dei sinonimi gli aggettivi li abbiamo esauriti da un pezzo.
Un dominio da ambo le parti talmente schiacciante da rasentare l’imbarazzo. Siamo appena a metà gennaio, e ogni discorso per la coppa del mondo è già in pratica chiuso. Marcel Hirscher compone l’ottava sinfonia, Mikaela Shiffrin la terza. Febbraio alle porte presenta i mondiali sulle nevi svedesi di Are: dovessero prendersi anche quelli, Merckx (uno che chiamavano Il Cannibale) al confronto era Babbo Natale in slitta con i suoi bei regali. Poche volte in passato, abbiamo assistito a un re e un regina viaggiare in carrozza con lo scettro tenuto tra le mani in tanta sicurezza. Per trovare una situazione simile, bisogna tornare ai tempi in cui la coppia regnante era composta da Gustavo Thoeni (poker di coppa tra il 1971 e il 1975) e Annemarie Moser-Proll (sestina tra il 1971 e il 1979). Ingemar Stenmark non ha mai avuto la stessa regina ad accompagnarlo sul trono, come del resto Lindsey Vonn mai ha avuto a suo fianco lo stesso re. Qui si profila qualcosa di unico nella storia dello sci, e diciamo quantomeno raro nello sport in generale.
Vicino ai trent’anni Hirscher ha ormai battuto ogni primato: sette (anzi, facciamo pure otto, tanto ormai…) sfere di cristallo sono qualcosa di abnorme: gli mancano 19 successi in coppa del mondo per eguagliare il record di Stenmark a 86. Prossimo a 12 (par condicio tra slalom e gigante), vede il fuoriclasse svedese a quota 15 coppe di specialità (7 in gigante, 8 in slalom). Straordinario. Ad appena 23 anni, Mikaela Shiffrin con 53 successi è a una sola lunghezza da Vreni Schneider e a nove dalla Moser-Proll (a 82 Lindsey Vonn è ancora lontana) senza contare che con 37 centri è già la più vincente di sempre in slalom.
A questo punto, scomodiamo Marzullo con la classica domanda che sorge spontanea: possono questi due regnanti essere considerati i più forti sciatori di ogni tempo? Hirscher se per molti lo è già, per altri è quantomeno sulla buona strada. Obiezione vostro onore! Non tradiscano le tre coppe del mondo di Stenmark. Non gli avessero sbarrato la strada cambiandogli i regolamenti sul più bello (una macchia grande così sull’abito della Fis), chissà quante ne avrebbe portate a casa. Obiezione accolta. L’austriaco, ha allora un solo modo per consacrarsi sull’altare degli dei: mettere nel mirino le 86 vittorie dello svedese. Mandata in frantumi anche la statistica, ogni discorso cadrebbe di conseguenza dinanzi all’evidenza dei numeri. L’inseguimento è intrigante e può essere il vero catalizzatore d’interesse da qui a qualche anno.
Diverso è il caso di Mikaela Shiffrin: di strada ne ha molta da fare, ma è il ritmo vertiginoso con cui brucia le tappe e scala le classifiche a fare impressione (siamo solo a gennaio, e ha già vinto la bellezza di dieci gare quest’anno). La biondina di Vail ostenta serenità ed equilibrio. Oltre a sciare da dio, in più ha un asso nella manica, la giovane età che si traduce in capitoli e capitoli ancora tutti da scrivere. Il presente lo è già, ma a 23 anni il futuro non può che essere suo. C’è da giurarci.