Alzi la mano chi era a conoscenza che esistono ben otto libri sulle avventure di Mary Poppins, scritti tutti dalla sua creatrice P.L. Travers. Ecco, appunto.
Quanto si rischia, in termini prettamente economici (quelli morali li lasciamo a chi una morale ce l’ha, quindi difficilmente a chi fa girare i soldi a Hollywood e dintorni), a toccare un mito? Tanto, tantissimo. Infatti, nell’adattare tutto il materiale a disposizione sulla supercalifragilistichespiralidosa governante, la Disney è andata sul sicuro, ma così sul sicuro che questo sequel potrebbe sembrare un remake per la totale assenza di originalità della trama. È un grosso difetto? Uhm, forse, ma evidentemente non per me, perché… perché… Va bene, faccio coming out: «Ciao, mi chiamo Corrado, ho cinquant’anni e ho un grosso problema con i musical: se riescono a coinvolgermi trattengo a stento le lacrime dall’emozione e, quando termina un numero di canto e ballo che mi è particolarmente piaciuto, mi alzerei di scatto in piedi ad applaudire senza alcun ritegno». Ecco, l’ho detto.
Sì, lo confesso: questo nostalgico omaggio del classico della Disney a me è piaciuto moltissimo! Mettiamo da parte tutti i freddi calcoli dei produttori, lasciamo perdere le cose migliorabili che qualcuno troverebbe anche nel “film perfetto” (ammesso che esista) e concentriamoci sulle cose entusiasmanti di questo felice e scintillante ritorno ad una favola che ha cresciuto molti di noi: l’atmosfera è la stessa così come la fotografia, i nuovi effetti speciali non sono mai eccessivamente digitali e richiamano quelli che ci stupirono un tempo (parti animate comprese), tutti gli attori non potrebbero essere più perfetti (ok, Julie Andrews rimane LA perfezione), le coreografie a cura dello stesso regista Rob Marshall richiamano quelle dei grandi musical, le canzoni (inevitabilmente doppiate in italiano) sono orecchiabili e gradevoli, il ritmo è sempre sostenuto rendendo ogni momento estremamente scoppiettante, ma la cosa che risulta più evidente è tutto l’amore e l’ammirazione per la pellicola del 1964 profuse in questa azzardata operazione.
Mi rendo perfettamente conto che un film come Il ritorno di Mary Poppins si possa amare od odiare, improbabile restare nel mezzo, ma sarà che a Natale la nostalgia attecchisce più della neve, però mi sento davvero di consigliarne la visione anche se difficilmente diventerà un classico come il capostipite. Già, ma consigliarlo a chi? Il pubblico di Mary Poppins è quello dei figli o quello dei genitori che accompagnano i figli convinti che possa loro piacere un film dove lo zucchero dovrebbe far andar giù due ore e dieci di canti e balli?
Ad ogni modo viva i novantatreenni Dick Van Dyke e Angela Lansbury!
Voto: 4/5