Luci a Madonna di Campiglio, che per una sera ruba la scena a San Siro. Davanti a quasi 20.000 persone la 65ma edizione dello slalom di Coppa del Mondo sul leggendario Canalone Miramonti prometteva spettacolo, è spettacolo è puntualmente stato. Il muro vertiginoso della 3Tre non tradisce mai. È stata una serata thrilling che, preda degli imprevisti, da contraltare alla caduta degli dei Hirscher e Kristoffersen ha visto la resurrezione della Fenice Razzoli. Sceso col pettorale 69, lo slalomista reggiano ha chiuso la prima manche al decimo posto per risalire al quinto al termine della seconda. Un’impresa titanica che segna il ritorno in grande stile sulla scena dell’olimpionico di Vancouver dopo tre anni di buio pesto.
Saltati al momento del testa a testa finale i due padroni dei pali stretti, per una benedetta volta il resto dei contendenti ha potuto giocarsi qualcosa di più delle solite briciole. La gara è andata allo svizzero Yule davanti agli austriaci Schwarz e Matt. Straordinaria la seconda discesa del trentaduenne inglese Dave Ryding (unico sciatore di Sua Maestà a essere salito su un podio di Coppa del Mondo, nientedimeno che due anni fa Kitzbuhel) che con il miglior tempo di manche è stato capace agguantare il quarto posto finale recuperando dal ventisettesimo. Al di là delle classifiche c’è un vincitore morale, ed è ovviamente Giuliano Razzoli. Trentaquattro anni appena compiuti e almeno due vite sportive alle spalle, l’ultimo suo podio in coppa del mondo risale al 2015, quando sulla Podkoren di Kranjska Gora fu secondo alle spalle di Kristoffersen. Fu pure quella una resurrezione: complici mille guai fisici, Razzoli era scivolato sempre più giù, ma forte della sua caparbietà aveva saputo risalire la china. Tornato a competere ad alti livelli, il 17 gennaio del 2016 ottenne un secondo posto di prestigio nello slalom di Wengen. Una settimana più tardi sulla Gaslern di Kitzbuhel Giuliano s’impiantò in una buca maligna spezzandosi il legamento crociato anteriore del ginocchio sinistro. Quel giorno maledetto entrò in un tunnel che pareva senza uscita.
Si spensero così le luci e su di lui calò il buio fino all’oblio. Il recupero si rivelava infatti più difficile del previsto, a tal punto che qualcuno parlò apertamente di possibile ritiro. Non certo Giuliano che in cuor suo contro tutto e tutti sperava e credeva ancora di poter tornare a essere “Razzo”. Bollato come “ferro vecchio” e dato per finito, Giuliano Razzoli si è chiuso nel silenzio a sgobbare duramente facendo leva sull’umiltà, virtù che a questo mondo molti evocano ma male razzolano (il gioco di parole ci sta tutto). Escluso dalla prima squadra è ripartito dalla Coppa Europa, l’anticamera della Coppa del Mondo dove le nuove generazioni si fanno le ossa sgomitando con vecchietti ormai lontani dai bagliori dei bei tempi. Faceva quasi tenerezza vedere una medaglia d’oro olimpica dimenarsi a fatica in cadetteria. Attraversato il deserto, una settimana fa Razzoli ha fatto nuovamente parlare di sé per un secondo posto nello slalom continentale di Obereggen che gli ha riaperto i cancelli della massima categoria. Se vi è tornato, può dire grazie solo a se stesso e a quei pochi che gli sono rimasti vicini durante il suo lungo calvario.
Dal casottino del Canalone Miramonti è uscito sessantanovesimo, appaiato in griglia al sottoproletariato dello sci alpino insieme a polacchi, argentini, islandesi, coreani e giapponesi quando il collegamento televisivo era stato staccato da un pezzo. Qualcuno avrà pensato a Don Chisciotte contro i mulini a vento, ma mentre i suoi poco illustri compagni di viaggio annaspavano per sopravvivere sul muro della 3Tre tra una derapata, una frenata, e un’intraversata, lui ha spiccato il volo della Fenice. Nella dura legge dello sport gli ultimi rimangono il più delle volte ultimi, ma i primi precipitati ultimi a volte tornano primi. Ci piace raccontare storie umane che vanno ben oltre l’aspetto tecnico, agonistico e soprattutto statistico (l’allergia ai numeri ce la portiamo appresso da quando eravamo ragazzini). A Madonna di Campiglio Giuliano Razzoli ne ha scritta una bellissima. Sarà la magia della pista di casa, ma per risorgere dalle ceneri non poteva scegliere posto migliore. Bentornato “Razzo”!