L’Assessorato alla Cultura del Comune di Verona ha pubblicato mercoledì 12 dicembre il Bando di Gara “per il conferimento dell’incarico professionale a copertura a tempo determinato, di Direttore Artistico per il periodo 1° gennaio 2019-31 dicembre 2020 per le Rassegne del Comune di Verona Estate Teatrale Veronese, Il Grande Teatro, L’Altro Teatro e altre attività di spettacolo”.
Le candidature dovranno arrivare entro mezzogiorno del 31 dicembre 2018. Quindi, estremizzando un po’ il concetto, si presume che entro la serata dell’ultimo giorno dell’anno la Commissione giudicatrice analizzerà i vari curriculum pervenuti, magari effettuerà persino qualche colloquio di approfondimento e, infine, deciderà in poche ore chi dovrà prendere in mano, a partire dal giorno successivo, il prestigioso incarico. Sicuramente, lo sappiamo tutti, non andrà così (presumibilmente la nomina non arriverà prima della metà del gennaio 2019), ma a dire il vero questo poco importa. Quello che lascia un po’ perplessi sono le tempistiche del bando: i nostri dirigenti comunali hanno pensato bene di “ridursi all’ultimo”, lasciando agli aspiranti Direttori Artistici poco più di quindici giorni (e per di più in pieno clima natalizio, con festività e vacanze annesse) per candidarsi a un bando che ha il compito di individuare quella che risulta senza dubbio una delle cariche culturali più importanti di Verona. Eppure, si sapeva da tempo che quest’anno Giampaolo Savorelli – alla fine della 70esima Estate Teatrale Veronese – sarebbe andato giustamente in pensione, ma nonostante ciò non si è provveduto a un tempestivo bando. Bando oggi reso necessario, è bene sottolinearlo, a causa della scadenza del 31 gennaio 2019 della richiesta dei finanziamenti da sottoporre al Ministero dei Beni Culturali – che per poterli erogare dovrà ricevere, come ogni anno, peraltro il programma artistico entro il termine. Il vincitore del bando, quindi, dovrà anche lavorare in fretta e furia, insieme ai suoi nuovi collaboratori, per riuscire a proporre in pochissimi giorni un calendario almeno credibile. Insomma, da qualsiasi angolazione la si guardi, questa vicenda appare davvero un gran bel “pastrocchio”.
“Ma in fondo che ci vuole, basta aggiornare e inviare un curriculum, no? Un’operazione che richiede pochi minuti, al massimo qualche ora” obietterà qualcuno. In realtà non è proprio così: il candidato dovrà anche proporre (citiamo sempre dal bando pubblicato sul sito del Comune di Verona) delle «simulazioni dei Progetti artistici del 71° Festival multidisciplinare del 2019, de Il Grande Teatro 2019-2020 e de L’Altro Teatro 2019-2020, non necessariamente corredati dal progetto del piano economico, dal nome degli artisti e dai titoli degli spettacoli». Insomma, non proprio ‘na cosetta da scrivere d’emblée, in quattro e quattr’otto. Non possiamo, pertanto, esimerci dal valutare come un po’ anomala la modalità scelta per un concorso che, avendo al centro una figura che gestirà le principali e ormai storiche rassegne teatrali cittadine particolarmente amate dai veronesi, dovrebbe essere oltremodo trasparente. Anche perché proprio la trasparenza è sempre stata uno dei cavalli di battaglia dell’attuale amministrazione. E invece, così facendo, non si può che lasciar adito a qualche legittimo dubbio. Come quello, circolato sui social in queste ore (e che ci limitiamo a riportare, come quello autorevole del giornalista de “Il Fatto Quotidiano” Mario Marchi), di chi pensa che la carica in realtà sia già stata assegnata e si tratti soltanto di un concorso pro forma, se non addirittura farlocco e lontano anni luce dall’essere vero. Un concorso, sia chiaro, formalmente e legalmente corretto, inattaccabile da ogni punto di vista, ma che in realtà nasconda, per farla breve, un’assegnazione già decisa da tempo nelle stanze dei bottoni.
Staremo a vedere. Di certo c’è che questo episodio non è il primo del genere a Verona e si inserisce nel solco di una radicata tradizione. Se ne ricordano, infatti, anche altri all’epoca delle Amministrazioni passate e quindi, almeno in questo senso, Sboarina e i suoi collaboratori non hanno inventato, per dirla alla Remarque, nulla di nuovo sul fronte occidentale.