Nel pomeriggio di venerdì 11 aprile 2025, alla Società Letteraria di Verona si è tenuto un incontro con Paola Cattani, autrice del libro “Un’idea di Europa”, pubblicato da Marsilio. L’evento, organizzato con il patrocinio del Comune di Verona, ha visto la partecipazione dell’assessore alle politiche europee Giacomo Cona.

Durante il dialogo dell’autrice con Francesco Formigari della Gioventù Federalista europea e Giorgio Anselmi del Movimento Federalista Europeo, si è illustrato il concetto di Europa e il pensiero liberale e democratico sviluppato tra le due guerre mondiali, nel periodo che va dal 1919 al 1941. Un momento storico molto importante per capire come è nata l’idea dell’Europa moderna, grazie alle riflessioni di importanti pensatori che si confrontarono con la crisi della politica e con la crescita dei totalitarismi.

Dopo la Prima Guerra Mondiale, molti rimasero colpiti e disorientati di fronte alla distruzione subita dall’Europa, che fino ad allora era considerata il simbolo della civiltà. Intellettuali come Paul Valéry, Oswald Spengler e Guglielmo Ferrero cercarono di capire le ragioni di questo crollo e condivisero un senso di profonda delusione verso lo stato del continente. Negli anni ’30, il confronto sull’idea di Europa si divise tra chi voleva un’unione pacifica e chi, come i regimi nazista e fascista, spingeva per un’unione fondata sulla forza e sul dominio. La necessità di proteggere la civiltà europea di fronte alla possibilità di una nuova guerra si fece urgente. I temi centrali del dibattito furono il rapporto tra ragione e sentimento, e la ricerca di soluzioni concrete per uscire dalla crisi della democrazia e del liberalismo, come dimostra la nascita del Manifesto di Ventotene.

Convegni e congressi divennero momenti importanti per il dialogo tra pensatori europei. In quegli anni, gli intellettuali avevano un ruolo centrale e questi incontri offrivano l’opportunità di confrontarsi sul destino del continente e sulla crisi delle idee liberali e democratiche. Si rifletteva anche sul linguaggio e sul significato del proprio impegno culturale in situazioni politiche difficili. Molti intellettuali si dichiaravano apolitici o “impolitici”, diffidando dei partiti, ma sentivano comunque il bisogno di intervenire sull’attualità, portando il confronto su un piano morale. Alcuni, come Valéry, cercarono di promuovere un modo di parlare di politica che rifiutasse la violenza e aprisse spazi di dialogo sereno, favorendo il pensiero su valori condivisi per una convivenza pacifica. Molti criticarono l’eccessivo individualismo, che secondo loro aveva creato divisioni e disarmonia nella società liberale, lasciando l’individuo solo e isolato. In risposta, rivalutarono il concetto di “persona”, vista come un essere capace di agire e di dare senso alla propria vita grazie alla relazione con gli altri. Questo modo di vedere l’individuo cercava di ricostruire un equilibrio tra libertà personale e vita collettiva.

Da sinistra a destra Cona, Anselmi, Cattani e Formigari

Anche la felicità, rivendicata dalla modernità come un diritto, venne messa in discussione. Alcuni pensatori criticavano l’idea che la felicità fosse solo il risultato della ricerca del proprio interesse personale, perché questo portava a conflitti e a una società disarmonica. Proponevano invece di vederla come uno strumento per realizzare la propria vita insieme agli altri, riscoprendo valori come l’umiltà e la modestia, fondamentali per una libertà autentica.
Pur riconoscendo che i conflitti sono una realtà inevitabile, gli intellettuali rifiutavano sia il pacifismo ingenuo sia l’esaltazione della guerra tipica del fascismo o le teorie come quella di Carl Schmitt, che consideravano il conflitto tra amici e nemici come essenziale per la politica. Essi vi vedevano invece un’occasione per creare qualcosa di condiviso. Benedetto Croce parlava della “utilità della disputa”, non per trovare compromessi, ma per costruire una nuova comprensione comune.

I loro contributi non furono in grado di evitare la seconda guerra mondiale, ma i loro scritti furono alla base delle istituzioni che nacquero al termine del conflitto. Alla fine dell’incontro, Giorgio Anselmi ha ricordato i due elementi centrali del Manifesto di Ventotene, scritto nel 1941 da Altiero Spinelli, Eugenio Colorni ed Ernesto Rossi, recentemente tornato al centro del dibattito per il suo significato. Scritto mentre l’Europa era oppressa dal nazismo, il Manifesto è il primo progetto concreto per un’Europa federale. In esso si afferma che la vera divisione politica è tra chi vuole gli Stati Federati d’Europa e chi resta legato al nazionalismo, che secondo François Mitterrand “significa guerra”.

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