È un’esperta di diritto dello spazio, una studiosa che si tiene costantemente aggiornata su legislazione internazionale e diritti umani, ma che si definisce, prima di tutto, mamma di Anna.

Veronica Moronese, 33 anni, originaria di Caserta ma giunta a Verona per il lavoro del padre in ambito militare, è una delle tante donne che mantengono in equilibrio famiglia, figli e lavoro e quando il lavoro è così particolare, con uno spettro internazionale al di sopra dei diversi fusi orari, la notte diventa il momento più prezioso da sfruttare.

Il diritto e lo spazio

Laureata in giurisprudenza all’ateneo scaligero, Moronese non si è adattata agli schemi al momento di scegliere l’attività lavorativa. Si è messa in gioco e, con la passione per il diritto e per lo spazio, ha cercato di farsi strada in una giungla in bilico fra la tradizione e la fantascienza, creandosi una professionalità che oggi le viene spesso richiesta oltre confine.

Veronica Moronese

La curiosità verso il cielo, la voglia di guardare oltre i limiti alla ricerca di nuove possibilità per i terrestri, la forza di immaginare nuovi scenari per il futuro rendono questa incredibile donna un esempio da seguire e lei stessa si è messa a disposizione come mentor per il progetto Space4Women dell’Onu, rivolto a ragazze che intendono intraprendere studi e professione in ambito spaziale.

In un mondo ancora così prepotentemente maschile, la figura della donna, come lei stessa ci conferma, potrebbe portare quella tenacia che da sempre contraddistingue l’universo femminile, generata dall’essere costantemente sotto esame per l’assurdo paragone con l’altro sesso.  

All’epoca degli studi universitari, Veronica ha iniziato a toccare con mano quanto fosse scarno e ormai inadeguato il bagaglio di conoscenze diffuse sul Diritto allo Spazio, argomento che in realtà ha avuto origine negli anni Sessanta con le prime esplorazioni. Da quel Trattato che l’Onu ha promulgato nel 1967, contenente i principi fondamentali per un utilizzo pacifico di ciò che è oltre l’atmosfera terrestre, nessuna normativa ha poi avuto seguito, nessun aggiornamento nonostante la tecnologia sia migliorata e i viaggi umani nello spazio siano ormai all’ordine del giorno.

Veronica Moronese, per citare il gergo spaziale, “si è lanciata” da sola, studiando e incontrando professionisti del settore, enti nazionali ed esteri e in seguito pubblicando teorie che hanno ottenuto l’appoggio sperato. Si è quindi creata una rete di conoscenze che le ha permesso di essere oggi una delle figure di riferimento per gli studi giuridici spaziali e da oltre oceano è stata scelta come consulente legale di diverse aziende di ricerca statunitensi, tra cui ThinkOrbital che ha sede in Colorado.

Oltre i confini delle nazioni

Personalità di innegabile spicco, eppure così modesta e pacata, Veronica ammette che questo lavoro è per lei una missione, che vede l’interesse di tutti al primo posto, perché non c’è arricchimento o fama solo per una nazione. Tutte le scoperte, i viaggi futuri, i possibili insediamenti su altri pianeti, l’utilizzo delle risorse minerarie si verificheranno grazie al lavoro di esseri umani, al di là della provenienza, e andranno regolamentati in maniera precisa, non certo utilizzando legislazioni proprie di stati che altri dovranno accettare. Perfino le grandi potenze come Stati Uniti e Russia comprenderanno che nessuna bandierina va piantata su nuovi mondi, se non quella che vede tutti gli esseri umani protagonisti della storia.

All photographs courtesy of Firefly Aerospace. Story by Adam Voiland.

Il diritto dello spazio ha un valore che va riconosciuto dalle diverse sensibilità giuridiche delle nazioni che dovranno collaborare. Come riuscire a creare il giusto dialogo?
«Il diritto spaziale per me funziona come le applicazioni nate per la vita degli astronauti nella stazione spaziale, come il memory foam o il velcro, utili anche qui sulla Terra. Penso che questo possa accadere anche per il diritto dello spazio, creato per far funzionare diversi insediamenti umani internazionali. La legislazione dovrà essere condivisa, con regole per la vita quotidiana delle persone che vi abiteranno e per le relazioni che avranno con la Terra. Quando si troverà il giusto accordo per creare una legislazione ex novo, questo porterà anche ad una collaborazione più rafforzata tra i vari stati terrestri, migliorando la vita di tutti noi, sia per le nazioni protagoniste che per quelle meno rappresentate. I diritti umani, che saranno poi universali, saranno maggiormente salvaguardati, perché laddove l’uomo andrà ad abitare altri mondi non sarà più umano (che deriva dalla parola latina humus, legato alla terra), ma la nuova civiltà sarà definita post-umana perché taglierà quel cordone ombelicale mai messo in discussione prima».

Non esiste quindi nessuna normativa precisa per lo Spazio?
«Non ci sono norme per una possibile presenza stabile di umani nello Spazio, ma solo quelle che regolano la Terra in relazione allo Spazio. Va regolamentato lo stanziamento permanente, legato ad attività commerciali come l’estrazione di minerali, oppure la creazione di stabilimenti sulla Luna, tutto per evitare problematiche future. Non dovremo assistere a mire espansionistiche ad opera di alcune nazioni, perché le risorse oltre l’atmosfera terrestre devono essere accessibili a tutti. Nel trattato dell’Onu del 1967 questo argomento era stato ben definito, ma pare che oggi sia stato dimenticato. Se solo pensiamo al programma statunitense Artemis, che vuole riportare l’uomo e la prima donna sulla Luna, è determinato da norme create dagli Stati Uniti e accettate dagli Stati partners. Tuttavia tutto ciò che accade oltre la Terra è diritto internazionale e non ci dovrebbe essere una nazione capofila a dettare le leggi e l’adesione degli altri soggetti, ma una dialettica che coinvolga tutti. Il ruolo delle Nazioni Unite deve tornare ad essere centrale, nonostante il silenzio degli ultimi sessanta anni e la difficoltà per la creazione di un nuovo trattato, soprattutto se consideriamo lo scacchiere geopolitico del momento.

Sono state stabilite norme per il problema dei detriti spaziali, che continuano purtroppo ad aumentare, ma andrebbe affrontato anche il tema della sicurezza, complicato viste le diverse posizioni tra gli stati. Spero solo che non si arrivi alla soluzione grazie ad un incidente che potrebbe prima o poi accadere, che sia uno scontro involontario tra oggetti o fuga di informazioni riservate».

Quali secondo Lei sarebbero i temi fondamentali che un futuro trattato dovrebbe contenere?
«Va regolamentato il movimento nello spazio, ora che intervengono anche le aziende private. È necessario fissare norme per il rispetto dei diritti umani, pensiamo ad esempio ai turisti o ai dipendenti di un’azienda che andranno a lavorare nello spazio, senza avere lo status di astronauti che sono ambasciatori dell’intera umanità. Si dovranno poi migliorare le leggi che riguardano la protezione planetaria e la tutela degli ecosistemi spaziali, per non rischiare di contaminare con le nostre tracce biologiche luoghi che ospitano possibili forme di vita batterica, come speriamo di trovare nel Polo Sud Lunare. È necessario che un futuro trattato prenda in esame le diverse possibilità tecniche in materia, ad esempio, di impianti estrattivi su Luna e asteroidi, con i relativi permessi da ottenere, senza contare l’importanza della normativa per il buon funzionamento degli insediamenti permanenti. Le relazioni che si verranno a creare tra queste entità e la Terra dovranno avere un rapporto paritetico e non subordinato, per evitare che, soprattutto a livello economico, non ci siano lotte di potere».

In un settore in cui più del 70% è ricoperto da figure maschili, che benefici secondo Lei potrebbe invece portare il ruolo della donna?
«Quello spaziale è sicuramente un settore dove le donne sono ancora poche, nonostante la presenza di eccellenti professioniste che però non hanno accesso a determinate cariche. Ma la loro presenza è vitale, se solo pensiamo alla creazione di insediamenti nello spazio, perché la donna ha un ruolo generativo da sempre, a livello biologico e mentale.

Mi sono spesso battuta per una maggiore considerazione delle idee femminili, ma anche per la parità di salario, che in questo settore è molto lontana. In fondo, quando andiamo nello spazio lo facciamo come intera umanità, non come italiani, statunitensi, uomini o donne».

La bandierina a stelle e strisce è davvero ambita su Marte. È così preponderante il ruolo degli Stati Uniti (oltre che di Russia e Cina) per la ricerca e la sperimentazione rispetto agli altri Paesi? Cosa possiamo dire dell’Italia?
«L’Italia vanta un tessuto straordinario di piccole, medie e grandi imprese nel settore spazio. Abbiamo una notevole carica di talenti, ci sono aziende nate una decina di anni fa che ora sono protagoniste nella produzione di componenti. Se però siamo preparati dal punto di vista tecnico, per quello normativo seguiamo invece altri Paesi, primi fra tutti gli Stati Uniti, poiché siamo uno degli Stati partners nel programma Artemis.

Per quanto riguarda la presenza dell’uomo su Marte, come cita lo slogan “Occupy Mars” di Elon Musk, è solo propaganda, poiché al momento siamo in grado di mandare solo rover o sonde. Prima di arrivare ad una spedizione umana su quel pianeta, si punta ad inviare qualcuno sulla Luna, ma non è ancora possibile determinare le tempistiche precise. Sicuramente le mire ci sono, ma vanno contro il Trattato del ’67, perché a livello politico tutto ciò che è al di fuori dell’atmosfera terrestre non è suscettibile di sovranità e nessuno può appropriarsi delle risorse spaziali al momento. Peccato che gli Usa abbiano emesso nel 2015 una normativa che permette ai privati statunitensi di fare economia nello spazio, ignorando le leggi precedenti, e nessuno può vietare questa presa di posizione. Per questo le norme stabilite dall’Onu vanno aggiornate, è cambiato il contesto sociale e politico, una volta era impensabile l’intervento delle imprese private nello spazio, si voleva solo definire dei limiti per arginare la Guerra Fredda. Ora è più che mai necessario creare un’agenzia spaziale, all’interno delle Nazioni Unite, che si occupi di legiferare e controllare le attività, affinché siano rispettati il diritto internazionale, i diritti umani, ma anche il diritto ambientale e la protezione planetaria per tutti gli ecosistemi spaziali».

Quali sono i suoi progetti futuri?
«Sto lavorando per creare uno studio legale dedicato al Diritto dello spazio, che al momento non esiste, per supportare i diversi enti del settore nell’attività quotidiana in tutto ciò che riguarda il rispetto delle norme di diritto internazionale e per le attività che si svolgono nello spazio».

Nonostante la sua attività sia incentrata soprattutto sullo spazio, trova il tempo e il modo per essere utile anche a Povegliano Veronese come membro del CdA della Comunità energetica Gocce di Comunità. Come vede il futuro di queste nuove realtà che si stanno diffondendo?
«Le Comunità Energetiche sono strumenti nuovi, in grado di portare benefici non solo ai singoli ma all’intera comunità in cui sono inseriti. Sono quindi molto entusiasta di potervi contribuire, sicura che costituisca un passo fondamentale nel futuro orizzonte della comunità di cui faccio parte».

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