Bruno Pizzul: “Tutto molto bello”.
Ci saluta una voce rimasta nella memoria di almeno tre generazioni di tifosi. La Nazionale, i trionfi europei dei club italiani e tanto altro.

Ci saluta una voce rimasta nella memoria di almeno tre generazioni di tifosi. La Nazionale, i trionfi europei dei club italiani e tanto altro.
I bei tempi andati non esistono. Nel calcio più che in tanti altri ambiti. È una distorsione cognitiva della realtà dovuta a fattori soggettivi. Gioventù, passione, idealismo, quello che preferite. Detto questo, chi fa parte della mia generazione, e almeno una volta nella vita ha prestato le sue parole allo sport, oggi si ritrova a chiedersi se quelli con Bruno Pizzul dietro al microfono siano stati, davvero, i migliori anni della nostra vita.
Bruno Pizzul ha accompagnato la passione calcistica di almeno tre generazioni di italiani. Dalla Nazionale alle grandi campagne europee dei club nostrani tra la metà degli anni ‘80 e tutti i ‘90. Ogni tifoso ha la sua telecronaca. Il suo ricordo preferito. E il sottoscritto non fa eccezione.
“Eh, partita non bella”. Chi non ha mai ascoltato una telecronaca di Pizzul difficilmente può credere che, una volta, esistessero anche partite brutte. O, perlomeno, senza assolutamente nulla da segnalare, come in certi zero a zero con decine di retropassaggi al portiere, quando ancora si poteva raccogliere il pallone con le mani. Oggi avremmo calci d’angolo e respinte strillate a fil di microfono, decine di dati e heatmap a ricordarci che stiamo comunque pagando per vedere un prodotto di alto livello.
Cinque Mondiali e quattro Europei, con rispettive qualificazioni. Bruno Pizzul ha raccontato le gesta azzurre per 16 anni, dal 1986 al 2002. La voce della Nazionale in una stagione di talenti accecanti, ma senza nessun successo in bacheca. Eppure, proprio con queste telecronache, è entrato nella case di tutto il paese. Senza più uscirne. “Donadoni… ahiii” dopo il primo errore dal dischetto in semifinale con l’Argentina a Italia ‘90 e l’indimenticabile “abbiamo ancora una tenue speranza” mentre Roberto Baggio posiziona il pallone a Pasadena. Bruno era lì, a soffrire insieme a noi.
“Tutto molto bello”. La sua frase. Il suo intercalare. Tre parole. Nelle grandi scuole di comunicazione ti insegnano che questa è la lunghezza perfetta per un payoff in grado di fare la storia della pubblicità. Bruno forse avrebbe chiesto chi li gioca, questi playoff. A testimonianza del fatto che la memorabilità non sta nel profluvio di aggettivi o negli appellativi mastodontici affibbiati a calciatori e allenatori. Spesso bastano solo pochissime parole, di quelle che usiamo centinaia di volte al giorno.
“Dubito che si possa disputare la partita”. 29 maggio 1985, ore 20.27, in diretta da Bruxelles. Pizzul ha vissuto anche tempi in cui il calcio e le televisioni, all’Heysel, non si fermavano nemmeno di fronte a 39 cadaveri a bordo campo. Siamo ancora in quei tempi, direte. Probabilmente avete ragione. Allora “consentite che l’uomo sportivo esulti per questo successo della Juventus e del calcio italiano, anche se l’uomo conserva l’amarezza e il dolore di una serata resa luttuosa da quanto accaduto prima della partita”. Spirito di servizio, lo chiamavano.
Bruno Pizzul ha fortunatamente lavorato in un’epoca in cui i social non esistevano. E quanto detto in telecronaca non veniva ripreso, vivisezionato e riproposto in migliaia di sotto-contenuti differenti. Elevandoti agli onori delle cronache o, più spesso, trasformandoti in un meme. Immaginate cosa avrebbero fatto oggi a quel “gol di Okan” in apertura di Euro 2000. Anche se di quella partita rimane fenomenale l’attimo di silenzio, a bonario rimprovero, dopo una delle più tremende freddure di Eraldo Pecci. “Sai perché i portieri turchi sono bravissimi? Perché sono ottomani”.
Anche il silenzio racconta. Bruno Pizzul lo sapeva. Forse perché veniva da quella scuola di telecronisti che dava parole al calcio senza l’affiancamento del commento tecnico. In quello spazio per prendere fiato, ci sta un mondo. Senza la necessità di sentire un ex calciatore che ci conferma che quello che abbiamo appena visto, sì, è un bel gol. E poi, chi durante una sua telecronaca non ha mai sentito quel rumore inequivocabile, quando cercava di accendersi una sigaretta senza farsi intercettare.
“Una gragnuola di reti. Milan splendido”. Arrivati fin qui, abbiamo tutti capito perché Bruno Pizzul è da tutti ricordato come una delle figure più sobrie del nostro calcio televisivo. Non ha mai urlato, diceva. Proprio per questo lo capivi quando, pure lui, si stava davvero emozionando. E allora, qui, lasciatemi andare sul personale. Come ad inizio paragrafo, nel cinque a zero che annichilisce il Real di Sanchez e Butragueño. La “straordinaria prodezza balistica di Ruud Gullit” qualche settimana dopo, mentre i rossoneri radono al suolo la Steaua Bucarest in finale di Coppa dei Campioni. “E Savicevic, gli ruba la palla, e poi… segna un gol incredibile”, in un’altra notte di finale. Infine, a testimonianza che non sono solo i trionfi definitivi ad emozionarci, quel “San Siro è una bolgia” al gol di Van Basten nei supplementari contro il Malines di Preud’homme.
Come certe colonne sonore senza tempo. Come quel libro che leggi a sedici anni e te lo porti dentro per sempre. Le telecronache di Pizzul resteranno esattamente lì. Perciò grazie, Bruno. È stato davvero tutto molto bello.
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