Una stanza appena illuminata, dove lasciarsi avvolgere dai suoni. Un battito pulsa, risuonando profondamente dentro di te. Gradualmente ti lasci trasportare dal ritmo, insolito e vivo, del cuore che palpita…

Questa è una delle emozioni più intense offerte da “Frazioni – Slow Pulsing Deep Time“, la mostra personale di Francesco Mina, curata da Sebastiano Casella con la direzione artistica di In Habitat APS. L’esposizione è visitabile fino al 15 marzo presso lo spazio culturale Habitat 83 (via Mantovana 83) il mercoledì, giovedì e venerdì dalle 15 alle 18.

La mostra presenta l’arte del ventisettenne Mina, che esplora domande fondamentali che da sempre affascinano l’umanità: qual è l’origine del mondo? Come si manifesta il mistero del tempo? Cosa accade dopo la morte?

L’artista indaga la natura della vita, ponendosi domande su ciò che accade oltre la morte, cercando di chiarire il legame tra la nostra esistenza e la sua inevitabile transitorietà. Per farlo, utilizza un approccio che unisce rigore scientifico e sensibilità filosofica, muovendosi tra analisi razionale e suggestioni mistiche. Questa mostra esplora la materia, il tempo e la condizione umana. È un viaggio attraverso corpi di pietra e carne, tra attimi che diventano eterni e un’eternità che si riduce a un istante. Un’esperienza da vivere con lentezza, guidati dal ritmo del tempo profondo.

Nel suo percorso, Mina crea paralleli spaziali e temporali accurati per esplorare dimensioni complesse e territori sconosciuti, da cui ritorna con nuove intuizioni, sempre aperte e mai definitive. Il corpo diventa il punto di partenza della sua indagine, considerato sia come entità vivente, fatta di carne, sia come corpo minerale, rappresentato dal paesaggio circostante. Due entità apparentemente separate, che l’artista collega strettamente, scomponendole e analizzandole, come in un’analisi anatomica su scala diversa.

Sul Monte Stivo

«Abbiamo avuto l’opportunità di conoscere Francesco Mina grazie alla sua partecipazione alla nostra residenza artistica sul Monte Stivo», afferma Zeno Massignan, direttore artistico di Habitat APS. «Nel 2024, Mina ha conquistato la terza edizione del bando, condividendo il riconoscimento con un altro artista. Ha trascorso tutto il mese di luglio a 2000 metri di altitudine, lavorando in un ambiente straordinario immerso nella natura. Questa esperienza gli ha consentito di entrare in contatto diretto con il materiale che caratterizza la sua ricerca: la pietra e la roccia.»

Un’immagine del lago di Garda da Monte Stivo

La residenza ha offerto a Mina l’opportunità di esplorare da vicino l’ambiente geologico e la vita di coloro che abitano quotidianamente in questi luoghi estremi, come i rifugisti, per i quali l’aiuto reciproco è essenziale. «Questo aspetto è fondamentale nella nostra residenza: non è solo un luogo di lavoro unico e affascinante, ma anche un’esperienza collettiva, che dà vita a una vera e propria comunità. Da questo ambiente è scaturita una riflessione profonda, che Mina ha elaborato fino a culminare nella mostra che presentiamo oggi», ha concluso Massignan.

Un’indagine sul tempo profondo

«L’obiettivo della mostra va oltre il semplice racconto dell’esperienza vissuta sul Monte Stivo; si tratta di un’esplorazione approfondita del lavoro di Mina, che abbiamo deciso di ampliare per evidenziarne la rilevanza e la complessità», afferma Sebastiano Casella, curatore della mostra. «Il periodo di residenza è stato un momento di scoperta, la scintilla che ha arricchito la sua ricerca. Mina inizia con una riflessione sulla relazione tra carne e pietra, due elementi che, seppur apparentemente distinti, si intrecciano e dialogano nel suo lavoro. Trascorrere un mese immersa in un ambiente montano, dove la roccia è onnipresente, ha reso questa connessione ancora più evidente. Nei suoi lavori, il corpo animale e umano si fondono con il corpo minerale della montagna, dando vita a un’indagine che si sviluppa attraverso il concetto di Deep Time, il tempo profondo.»

Il Deep Time è un termine scientifico che descrive l’età geologica del nostro pianeta, stimata in circa 4,6 miliardi di anni. Nella ricerca di Mina, questo concetto assume una doppia dimensione: da un lato, l’infinitamente piccolo, l’attimo fugace della nostra esistenza; dall’altro, l’infinitamente grande, il tempo dilatato della Terra. La mostra esplora questa dicotomia, suggerendo che ciò che percepiamo come fugace – gli istanti della nostra vita – può far parte di un tempo molto più ampio, e viceversa: la scala temporale immensa del pianeta può apparire sorprendentemente breve da un’altra prospettiva.

Un dialogo tra scienza e filosofia

L’opera di Mina si colloca tra un approccio scientifico e una dimensione più umanistica. Da un lato, si osserva il rigore geologico, l’analisi della materia, e la stratificazione della roccia come archivio del tempo. Dall’altro lato, emerge una riflessione filosofica e mistica sul rapporto tra vita e morte. «La mostra è un viaggio che si articola attraverso installazioni evocative di questa tensione: nelle prime opere si incontrano corpi di pietra sezionati, in fase di trasformazione, presentati come ‘morti’, da cui sembra che la vita si sia ritirata. Successivamente, si passa a ritratti di carne, sempre più piccoli e freddi nella loro rappresentazione, fino a raggiungere un punto di rottura», spiega Casella.

Francesco Mina

«A contrastare queste immagini ci sono suoni e suggestioni che evocano la vita: il gocciolio delle sorgenti, il battito continuo e ipnotico che accompagna l’intero percorso. Si crea un cortocircuito percettivo: di fronte a immagini di corpi privi di vita, si percepiscono suoni che richiamano la nascita, il fluire dell’acqua, la continuità dell’esistenza.»

Un’esperienza immersiva

La mostra non è semplicemente da osservare, ma è da vivere con calma, seguendo un ritmo che evoca il battito cardiaco. Il suono che accompagna il percorso, infatti, è quello del battito di Mina, ridotto alla frequenza minima possibile affinché un corpo umano sia ancora considerato vivo. Questa soglia sottile, un confine tra vita e morte, diventa il suono pulsante dell’esposizione ed instilla nei visitatori un’immagine evocativa, che spalanca le porte a una vita alternativa, trascendendo la nostra esperienza quotidiana e proiettandoci in una dimensione temporale più vasta.

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