C’è anche molto Veneto nella tragedia della Terra dei Fuochi che la recente sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo (Cedu) ha riportato all’onore delle cronache. La prima inchiesta, conclusa con le condanne dei responsabili, che ha rivelato il modus operandi dei trafficanti di rifiuti in Veneto, è del 2003 ma il fenomeno risale ben più indietro nel tempo.

Dalla lettura delle carte emerge che amianto, solfuri e idrocarburi sono stati spediti in discariche di mezza Italia, ma soprattutto in Campania: venti milioni di chili di rifiuti pericolosi, 300 mila euro di ecotassa evasi mensilmente. La Nuova Esa di Marcon (Ve), insieme alla Servizi costieri di Marghera (Ve), raccoglieva, miscelava ed inviava rifiuti in tutta Italia. I rifiuti della Servizi Costieri del vicentino Carlo Valle e poi da Ecoveneta, società del gruppo Maltauro sono finiti, tra l’altro, ad Acerra, provincia di Caserta, dove un terreno è stato inquinato da idrocarburi. L’inchiesta è partita nel 2001 con il sequestro a Rieti di una cava utilizzata per smaltire illecitamente rifiuti pericolosi.

«Si procedeva alla sola operazione di triturazione e miscelazione di rifiuti anche appartenenti a partite eterogenee (pericolose e non pericolose) senza attuare alcun diverso trattamento, senza il rispetto di alcun protocollo, né dei limiti prescritti, e senza alcuna registrazione» leggiamo nelle carte del processo e per diversi anni, secondo i magistrati, «nessuno si sarebbe accorto di nulla a causa della carenza di controlli da parte di pubblici ufficiali distratti o compiacenti».

E che Marghera sia un nodo importante nei traffici dei rifiuti verso sud lo apprendiamo da quanto scrive la Commissione parlamentare sul ciclo dei rifiuti nel 2006: «Le indagini hanno consentito di documentare come l’organizzazione gestisse quantitativi elevatissimi di rifiuti speciali pericolosi, provenienti dal nord Italia, in particolare dal sito industriale di Porto Marghera (Ve), che venivano smaltiti abusivamente in aree situate a ridosso del litorale molisano, in prossimità di greti di fiumi e torrenti, nonché in terreni coltivati, grazie anche alla complicità di locali aziende agricole, che impiegavano i fanghi contaminati come fertilizzanti». Quella modalità criminale ha garantito un importante risparmio dei costi ad una parte dell’imprenditoria veneta ed è stato un ingrediente del suo successo.

Da allora è cambiato il mondo e anche i trafficanti di rifiuti si sono adeguati: le rotte, le modalità, i ruoli sono in gran parte cambiati, così come i controlli e la legislazione. Ma vale sempre quanto affermò, nel 2003, l’allora presidente della Commissione Paolo Russo di Forza Italia: «Qui non sembra esistere un’associazione di stampo mafioso, bensì un sistema affaristico-criminale fatto da imprenditori senza scrupoli che per abbattere i costi trafficano illecitamente con i rifiuti».

La città di Leonia – descritta da Italo Calvino – si ingrandisce e si arricchisce incurante di far sorgere alle sue spalle una nuova città di scarti, la sua ombra «l’opulenza di Leonia si misura dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove». Come Leonia, il Nordest deve parte del suo successo al sacrificio fatto dalla sua ombra: le tante Terre dei Fuochi sparse per l’Italia così come il Veneto stesso.

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