Iniziamo con un dato di fatto: la scuola è un oggetto quando si tratta di definirne le finalità culturali ed educative per formare i cittadini di domani, aspirando ad essere un riflesso del modello ideale presente nell’immaginario collettivo attuale. Diventa soggetto, invece, quando si trasforma in un vero e proprio strumento di diffusione di contenuti, valori e comportamenti, talvolta assumendo un ruolo di supplenza rispetto alla società contemporanea, se non addirittura entrando in aperto contrasto con essa su alcuni temi specifici o controversi.

Ed è nel primo ambito che si inseriscono le nuove indicazioni nazionali per il primo ciclo e, in prospettiva, anche per il secondo, recentemente anticipate dal Ministro Valditara a IlGiornale. Tra le proposte, elaborate da un gruppo di esperti, vi è la possibilità di avvicinare “i bambini alla musica, alla sua comprensione, alla civiltà musicale”; di introdurre il latino nel curriculum a partire dalla seconda media; l’abolizione della geostoria nelle superiori e, infine, una maggiore attenzione alla narrazione di ciò che è accaduto nella nostra penisola.

Un nuovo approccio ai testi: più lettura e letteratura, con un’ampia selezione di opere epiche e il recupero della Bibbia, non nell’ottica di quella che una volta si chiamava “l’ora di dottrina”. Inoltre, sarà richiesto un maggiore impegno mnemonico, con filastrocche e testi da memorizzare. A favore di una maggiore correttezza formale nello scritto, ci sarà più attenzione alla grammatica.

È necessario evidenziare che l’innovazione nella forma e nei contenuti è fondamentale a causa del divario tra l’attuale società, orientata verso il sovranismo e influenzata dai social verso un modello individualista e consumista di stampo americano, e il messaggio educativo del mondo scolastico, che generalmente promuove un paradigma più collaborativo e inclusivo, in crescente contrasto con il riaffiorare del darwinismo sociale. Inoltre, in termini più pratici, i recenti dati sulla comprensione del testo e sulle conoscenze dei nostri giovani richiedono un intervento concreto.

Rimangono però dei dubbi. Non tanto sulla definizione dell’indirizzo ideologico: dopo l’ingloriosa partenza del liceo “del made in Italy”, le scelte finora anticipate sottolineano il conosciuto sapore italocentrico che, in un mondo che riafferma come centrale “l’identità di popolo”, diventa uno strumento di identificazione e affermazione etnica; questo, in un contesto mondiale che sembra sempre più costituirsi per blocchi non solo economici ma anche identitari, si presenta ormai come uno degli strumenti per sopravvivere in questo mondo multipolare.

I dubbi sono sempre gli stessi, legati all’attuazione concreta del progetto. Chi insegnerà il latino agli studenti delle medie? I docenti delle medie? Oppure i docenti delle superiori senza cattedra a causa del calo demografico?
Tutto questo entusiasmo per la musica dispone di docenti, aule e strumenti sufficienti? Una breve indagine negli istituti italiani mostrerà chiaramente che no, non siamo minimamente pronti.
Leggere e comprendere un testo a scuola, fare musica, imparare il latino richiederà più tempo, ovvero ore aggiuntive. Per i ragazzi con il tempo pieno non dovrebbe essere un problema, ma la Regione che ne offre di più non arriva al 68%. Per gli altri, saranno previste più ore? Ci sono spazi, risorse umane ed economiche per sostenerle?

Perché il rischio per la scuola, da anni abituata a riforme a costo zero, è che tutto si risolva in semplici trasformazioni nominalistiche, come è successo per l’ora di Educazione Civica e come spesso accade per le ore di Orientamento. Non a caso, si percepisce un blando fermento rispetto alle dichiarazioni del Ministro, quando ci si sarebbe aspettati dal mondo della scuola un vivo atteggiamento barricadero, che sopravvive appena nelle dichiarazioni social dei gruppi studenteschi.

Brutto segno, e non per amore della polemica in sé. Questo silenzio è molto più pericoloso dello scontro ideologico che di solito coinvolge il mondo della scuola, perché è indice di un disinteresse fatalista della categoria docente, potenzialmente capace di depotenziare qualsiasi innovazione, o la mesta constatazione che il modello scolastico restauratore ma anche “espansivo” che si intravede dalle indicazioni e dalle dichiarazioni si è finora tradotto concretamente solo nell’ennesimo taglio di risorse e personale.

Ovvero, che la chiave letteraria per interpretare il nuovo corso non è mai stata I Promessi Sposi, ma il Gattopardo.

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