Tra i capolavori più enigmatici della storia dell’arte, il Matrimonio Arnolfini di Jan van Eyck, realizzato nel 1434, continua a stupire gli osservatori con la sua ricchezza di dettagli e simbolismi. L’identità dei soggetti ritratti è stata oggetto di vari studi e sono state avanzate varie ipotesi sull’argomento.

La figura maschile è stata attribuita a Giovanni di Arrigo Arnolfini o al cugino Giovanni di Nicolao Arnolfini. Per quanto riguarda la figura femminile, si è ipotizzato che possa essere la prima moglie di Giovanni di Arrigo, di cui non si conosce l’identità, oppure la seconda moglie di Giovanni di Nicolao. Un’altra teoria più recente suggerisce che si tratti della prima moglie di Giovanni di Nicolao, Costanza Trenta, probabilmente deceduta nel 1433 a causa di complicazioni legate al parto.

Lo specchio: un portale nel dipinto

Uno degli elementi più affascinanti del dipinto, infatti, è un piccolo specchio convesso, di appena tre pollici di diametro, che riesce a catturare l’intera stanza con una precisione straordinaria, trasformandosi nel fulcro dell’enigma che avvolge quest’opera.

Osservando attentamente lo specchio al centro della scena, si nota come non sia solo un elemento decorativo. Esso riflette l’intera stanza, ma con una sottile distorsione che van Eyck ha reso con una maestria senza pari.

Tra i dettagli più intriganti c’è l’arancia posata sul davanzale della finestra, un elemento apparentemente semplice ma carico di simbolismo, che si ripete anche nel riflesso.

Lo specchio, tuttavia, non si limita a riflettere oggetti inanimati. Al suo interno compaiono due figure sullo sfondo: una vestita di rosso, che molti storici dell’arte identificano come l’autoritratto dello stesso van Eyck, e un’altra figura indefinita. Chi è quest’ultima persona? Potrebbe rappresentare lo spettatore stesso, invitato a diventare parte della scena e ad assumere un ruolo attivo nell’interpretazione del dipinto.

Attorno al piccolo specchio si trovano dieci miniature di appena mezzo centimetro ciascuna, che raffigurano la Passione di Cristo, dalla sua Agonia nell’Orto fino alla Resurrezione. Ogni scena, incredibilmente dettagliata, sembra voler richiamare il ciclo della vita, della sofferenza e della redenzione. Questo elemento aggiunge una dimensione spirituale all’opera, suggerendo che ogni oggetto presente nel dipinto – persino il più minuto – nasconde un significato simbolico.

Simbolismo e ambiguità

La capacità di Jan van Eyck di inserire un tale livello di dettaglio in un’opera di medie dimensioni è una testimonianza della sua abilità artistica e della sua attenzione quasi scientifica all’osservazione. La resa dello specchio convesso non è solo un esercizio tecnico, ma un mezzo per coinvolgere lo spettatore in un gioco di prospettive e significati nascosti.

Il Matrimonio Arnolfini non smette di suscitare interrogativi. L’uso dello specchio, i dettagli simbolici e la presenza delle miniature spingono chi osserva a interrogarsi sul reale significato dell’opera. È solo una celebrazione del matrimonio borghese? O nasconde un messaggio più profondo sull’amore, la spiritualità e il rapporto tra realtà e rappresentazione?

Van Eyck, con il suo specchio convesso, sembra dirci che l’arte è un riflesso della vita stessa: complessa, sfaccettata e aperta a infinite interpretazioni. Un piccolo oggetto come quello specchio, con le sue distorsioni e i suoi dettagli, racchiude l’intero universo simbolico del dipinto, invitandoci a guardare oltre la superficie e a cercare risposte nei riflessi di ciò che crediamo di vedere.

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